La retorica del potere e l'etica evaporata

 Sul palco, al meeting di Rimini, La Meloni e la sua performance strappalacrime

Analizziamo i fatti.

Tutti abbiamo dei limiti. Siamo, per esempio, limitati e condizionati dai fenomeni emotivi connessi alla simpatia o antipatia, dai pregiudizi, dall'appartenenza, dalle ideologie un po' meno vista la morte dell'empatia che spinge a sostenere comportamenti etici o quantomeno ritenuti tali. la Meloni è intervenuta al congresso di rimini, ha detto parole che non collimano con i fatti, perché chi respinge in mare i migranti, tutte persone inermi caricate sulle carrette del mare che sono donne, bambini e uomini frustrati dai bisogni, chi fa affari con i guerrafondai israeliani, chi libera per supposti interessi di Stato Almasri non dimostra un animo propenso alla carità cristiana evangelica, visti i crimini di cui è accusato.

Eccola, un’analisi schietta e senza sconti, che non cerca di compiacere ma di scuotere le coscenze:

La retorica del potere e l’etica evaporata

Nel tempo della post-verità, dove le parole valgono più dei fatti e la coerenza è un optional, il discorso di Giorgia Meloni al Meeting di Rimini si è presentato come un esercizio di stile più che un atto di responsabilità. Si è parlato di valori, di spiritualità, di costruire “con mattoni nuovi” nei deserti dell’anima. Ma mentre si evocano Eliot e Atreju, fuori da quel palco si respingono esseri umani in mare, si stringono mani con chi bombarda civili, e si rimandano torturatori alla loro terra d’origine con voli di Stato.

L’ipocrisia del soccorso negato:

Chi parla di “salvare vite” mentre sequestra navi di soccorso e criminalizza ONG che strappano bambini dalle onde, non sta difendendo la legge: sta difendendo un’ideologia che ha smesso di vedere l’umano. Il migrante non è più persona, ma problema. Non è più volto, ma cifra. E in questo disumanizzare, si perde ogni traccia di quella “carità cristiana evangelica” che si invoca nei discorsi ma si tradisce nei decreti.

E poi c’è “l’amicizia con chi uccide”.

Il governo italiano ha rinnovato accordi militari con Israele, mentre Gaza brucia e i morti si contano a decine di migliaia. Meloni ha condannato “l’eccesso di reazione” israeliana, ma non ha toccato gli affari. Non ha chiesto sanzioni, non ha revocato intese. Ha parlato da opinionista, non da capo di governo. E così, mentre si piange per le vittime, si finanzia chi le produce.

E che dire del caso Almasri che ha visto lo Stato come complice?

Osama Almasri, ricercato dalla Corte Penale Internazionale per torture e crimini contro l’umanità, è stato arrestato in Italia e poi liberato, rimpatriato con un volo di Stato. Il governo ha parlato di “ragioni di sicurezza”, ma la sicurezza di chi? Di quale Stato? Sicuramente non quella delle vittime che Almasri continua a perseguitare. In quel gesto, l’Italia ha scelto di voltare le spalle alla giustizia internazionale, di proteggere un carnefice per convenienza geopolitica.

Il punto non è Meloni. È il nostro silenzio.

Meloni è solo il volto di una politica che ha smesso di interrogarsi. Il problema è più profondo: è la morte dell’empatia, il collasso dell’etica pubblica, la normalizzazione della violenza istituzionale. È il cittadino che applaude, che si commuove davanti a un discorso ben scritto, ma non si indigna davanti a un bambino annegato o ai migliaia che muoiono per la fame usata come arma di guerra e di terrore.

 Questa non è una critica alla destra. È una critica alla coscienza. A quella parte di noi che ha smesso di sentire, di pensare, di opporsi. Perché quando la carità diventa slogan, e la giustizia si piega agli interessi, non siamo più spettatori: siamo complici.

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