mercoledì 31 luglio 2019

malangiani chjini

Melanzane ripiene alla calabrese.

Varianti: fritte, al forno.



procedimento:

Lavare e tagliare le melanzane.
Bollire le melanzane.
Togliere la polpa.
Tagliuzzare: provola, salsiccia, uovo sodo e impastare con la polpa delle 
melanzane aggiungendo, a piacere, prezzemolo o menta.



Riempire le mezze melanzane col composto appena preparato.
Passarle nell'olio bollente per una leggera frittura.


Adagiarle nella teglia e cospargerle di sugo di pomodoro fresco e infornare.
Quantità degli ingredienti soggettive, in base al gusto e alle persone che devono fare il “sacrificio” e patire i peccati di gola.
Bon appetit! 







sabato 27 luglio 2019

Aforismi e metafore esplicative che non passano mai di moda

Spesso ci facciamo idee e etichettiamo secondo le nostre convinzioni tutto ciò che ci sta attorno. Ma, la verità, come canta il grande Vasco è relativa. La verità … ce n'è sempre una migliore... .

La verità è soggettiva! Ed è condizionata da una serie di attori e convincimenti che spesso non intaccano il velo omertoso delle false verità.



Mio nonno diceva: “i guai della pignatta li conosce bene il cucchiaio che li mescola” e, ancora, riferendosi ai giudici sciocchi che si lasciano fuorviare dalle apparenze, “a lavar la testa agli asini si perde acqua, sapone e, cosa molto importante, il tempo”.

lunedì 15 luglio 2019

Francis Picabia, poesia dada

Indifferenza.

Vivere ormai nel tuo ultimo mobile
inimmaginabile strano mondo
decotto di stravaganze
piccola curiosità facile da organizzare
uditorio ben più facile
meschinità e follie
non ho la croce
piccola borghese
dal pensiero svagato
mi sembra di sentire
che cosa uscirà da tutto ciò
meschine barriere della nazionalità
innumerevoli fischi.

(poesie dadà di F. Picabia)

sabato 13 luglio 2019

Editoria tascabile economica

C'era una volta l'editoria economica, cara a molti lettori e diverse case editrici stampavano classici, narrativa, saggistica, attualità a prezzi accessibili. Era il tempo in cui si credeva nella divulgazione della cultura e dei saperi connessi alla crescita intellettuale della collettività.


I “tascabili” erano esposti anche nelle edicole. Nelle stazioni ferroviarie, per le strade delle città, ovunque, chi amava leggere, poteva attingere alla sapienza poetica e narratoria degli scrittori con estrema facilità.
Le librerie avevano un fascino particolare e l'odore dei libri esposti accoglieva gli amanti della lettura fin dall'ingresso.
Brochure, stampe anastatiche, copie di libri pregiati su carta patinata, in quadricromia o in bianco e nero promettevano momenti di sublime goduria. Ovviamente non sempre si poteva spendere molto. E chi aveva a disposizione un budget contenuto poteva comunque deliziarsi dei piccoli piaceri e nutrirsi attingendo dagli scaffali delle letture economiche ciò che più gradiva.
Con 10milalire portavi a casa 10 libri! E l'intellettuale, chi amava documentarsi o chi scriveva, mostrava una modestia genuina perché il bagaglio culturale che si era formato nel tempo non gli serviva per glorificare o magnificare la propria personalità, presenziare e pontificare sulla vita e sulla morte ma era semplice appagamento interiore. E tanto bastava!

A sentire oggi qualche trombone sfiatato, l'intellettuale è una sorta di alieno; un personaggio astratto, lontano dalla realtà e dagli esseri viventi, miseri nella loro materia. Ma chi dà il titolo altisonante d'intellettuale ad un membro della società?

Intellettuale!”. Che parolona.
Il Treccani definisce così la figura dell'intellettuale:

“Persona colta, che ha il gusto del bello e dell’arte o che si dedica attivamente alla produzione letteraria e artistica, ma anche individuo che svolge attività lavorativa di tipo culturale o nella quale prevalenti sono la riflessione e l’elaborazione autonoma. Al plurale, il termine indica un gruppo o élite formato da individui di diversa classe sociale, accomunati da una cultura o un’istruzione superiori (accademici, artisti, giuristi, scrittori, professionisti), i quali godono della pubblica stima e sono considerati depositari di valori culturali universali che trascendono gli interessi particolari e i pregiudizi partigiani.”.
Amen.

venerdì 12 luglio 2019

Cenacolo in riva al mare

Deriva della ragione pura e nuove barbarie.

Alcune considerazioni a margine della presentazione del libro di Filippo Veltri dal titolo “Calabria silente”. Edito da Rubbettino.


Mentre i relatori parlano mi tornano alla mente gli anni giovanili della passione politica. Incontri, assemblee... analisi.
 Sì, era passione pura la nostra!, che spingeva al superamento delle diversità e al livellamento dei problemi sociali per quanto più possibile lo fosse, non solo per me ma per una miriade di ragazzi che credevano nel cambiamento epocale dell'alienazione dei privilegi dei pochi a favore della moltitudine che viveva ai margini della sottocultura dei potenti. Poveri e ignoranti che ringraziavano i “padroni” pure per le briciole ricevute come se fosse un dono inaspettato e immeritato, che lui, magnanimamente, donava ai meritevoli.

La storia si ripete.
Ci s'interrogava, ieri come oggi, sul perché di certi atteggiamenti sociali e sulle distrazioni di massa studiate scientificamente dagli strateghi della politica per dare in pasto alle masse un nemico e iniziare una di quelle battaglie fratricide tra poveri.

Il fermento sociale di ieri non esiste più. Non esistono i grandi movimenti di massa. I movimenti studenteschi e dei lavoratori. Non esistono i maestri di vita che fungevano da faro dei partiti che si ritenevano vicini al popolo. Non esiste più il salario garantito nelle grandi industrie. Non c'è più il turnover perché non ci sono le grandi aziende pubbliche o private bisognose di forza lavoro.

Esistono nuove povertà: intellettuali e materiali. Cercare i colpevoli è superfluo.
Il depistaggio mediatico ha nuovi maestri e nuovi allievi da scolarizzare.
La massa ha bisogni impellenti da soddisfare; la gente non ha la testa e neanche la voglia di stare ad ascoltare e intervenire su questioni ritenute di lana caprina, inconcludenti e ripetitivi.

L'apatia o la distanza dai centri di potere politico e decisionale diventano vanto degli stolti che fanno il paio con l'arrogante grido: “fuori i migranti! Affondiamoli a mare.”
Con molte probabilità la delusione si è accumulata nel tempo. La rabbia fa pronunciare qualsiasi nefandezza.

Che ne è stato del lavoro dei Padri costituzionalisti, che ne è stato dello statuto dei lavoratori? Del diritto allo studio, al lavoro? E all'accoglienza?...
Gli uomini e le donne, quelli che un tempo erano i riferimenti sociali non hanno saputo mantenere il legame fiduciario col popolo?

La cultura, quella dai principi sani, quella che induce alla ragione, alla meditazione pacate dei fenomeni sociali sembra seppellita, annullata nella vita di tutti i giorni.

Per queste cose c'è la piazza mediatica. Sui social, nell'area virtuale, forse trincerati dietro l'anonimato e nascosti dal nik name, i freni inibitori cadono, ci si lascia andare. Lo sfogo liberatorio è terapeutico per le frustrazioni subite dall'assurdo ordine imposto dai poteri economici e sociali.

Sulle piattaforme l'individuo esiste se ha dei seguaci; è potente quanto più like collezione. E se per raggiungere ciò deve urlare cazzate lo fa. Poco importa chi ferisce o ammazza. Dietro al computer, l'influencer, si sente potente, invincibile. È un divo! Il nuovo cesare, declinato anche al femminile, esalta o abbatte i suoi cortigiani.
I rumori mediatici si amplificano e alimentano like dopo like i post. Rimbalzano con le condivisioni degli ignoranti. E dopo tanto parlare le energie calano. E sì, è una fatica enorme stare dietro ai numerosi follower s, dare loro soddisfazione, condividerne gli umori... alimentare le fobie...

Ecco, forse è questo il motivo del silenzio nella vita reale di tutti i giorni, caro Filippo.
Io auguro, per i nostri figli e per i giovani, che la storia non finisca come tu concludi citando i titoli dei tuoi libri: dopo la Calabria dolente la Calabria silente: poi resta poco.

Quel poco suona sinistro.
Spero, invece, che a vincere sia ancora una volta la ragione pura. E che la volontà di quanti credono nella bontà culturale sappia rompere i muri di silenzio che fanno bene solo a chi li ha eretti narcotizzando le menti coi selfie e i proclami d'altri tempi.

giovedì 11 luglio 2019

E' la nostra casa

Ambiente: Salutismo o lassismo?

Fa notizia il fenomeno del cambiamento climatico? Interessa a qualcuno davvero? Fa paura? riesce a terrorizzare dopo il primo allarmante disastro?

Sembrerebbe di no! Fin quando sono i soliti megafoni a diffondere la notizia e a fare la conta sulle conseguenze dei disastri causati dalle perturbazioni climatiche pare che sia i fatti che la conta dei danni siano minimi.
Eppure è da un bel po' d'anni che si parla dell'inquinamento ambientale.

Mari invasi dalle plastiche. Terreni che custodiscono agghiaccianti segreti radioattivi (anche i mari sono diventati la tomba di navi affondate con carichi tossici): costa di meno smaltire così i rifiuti e fanno guadagnare di più.

E pensare che i salutisti pensano che un buon piatto di verdura coltivata in pieno campo sia meglio della carne allevata intensivamente con antibiotici e tutto quello che consegue.
Stessa cosa per i pesci freschi. Chissà quanta porcheria ingeriamo inconsapevolmente.

Gli allevamenti sono sotto assedio. Le scorie tossiche tombate rilasciano pergolato e altri elementi di sicuro poco salutari e contaminano la terra in cui si piantano lattughe, cavoli, grano e quant'altro serve in tavola. Ovviamente la stessa cosa vale per la frutta, il latte, le uova e ogni derivato.
Senza pensare alla trasformazione industriale degli alimenti.


Acqua. Biscotti, merendine, succhi di frutta, caffè, vino, pane, ... .

Allarmismo? No! Realtà da riconsiderare. Atteggiamenti da rivedere con un minimo di etica e rispetto per la natura.
Ben vengano i ragazzi che contestano l'inquinamento e i movimenti che li appoggiano. Ma, purtroppo, ricordiamo che non sono loro al potere. E chi decide sembra essere distratto dopo lo scoop iniziale del polverone sollevato dalla ragazzina svedese Greta o da quella cinese.
Servirebbe, serve una presa di posizione razionale e totalizzante dappertutto. Rivedere i metodi consumistici e le modalità degli approvvigionamenti che la grande distribuzione impone, invertirne la rotta così da garantire la sopravvivenza del pianeta e dei suoi abitanti anche laddove c'è esclusione.

venerdì 5 luglio 2019

Attenti alle truffe

Non c'è alcun ritegno. Pur di fare qualche contratto e accaparrarsi un cliente alcuni operatori dei call center sono disposti a qualsiasi “strategia”. Dal falso al terrorismo psicologico! Questi poveri ragazzi sono disposti alle più basse strategie machiavelliche pur di raggiungere gli obiettivi imposti. Sono costretti oppure è una decisione presa in autonomia?
Truffa o scherzo maldestro?
Ecco il fatto quotidiano:

Squilla il telefono e una voce di donna, dall'italiano stentato con chiaro accento d'oltre confine, mi avverte che TIM dal prossimo mese di agosto aumenterà la bolletta di 5€ mensili perché ha migliorato alcuni servizi nella mia zona.
Possibile? Come può tim di punto in bianco aumentare unilateralmente la bolletta? -chiedo-
Maria, questo il nome dell'ipotetica operatrice tim che sta dall'altro capo del telefono, aggiunge:
può comunque recedere dal contratto senza alcuna penalità o costi aggiuntivi qualora non è intenzionato a accettare.

La telefonata puzza! Non sembra in linea con la strategia di una azienda seria. Per sincerarmi chiamo il 187. e ne ho conferma.

Un tempo si chiamava “arte dell'arrangiarsi”. Ma era una pratica singolare attuata da qualche povero cristo per sbarcare il lunario. Magari per portare la pagnotta a casa... oggi è una misera sceneggiata di personaggi nascosti dietro l'anonimo punto telefonico de localizzato oltre confine. Se si tratta di uno scherzo non lo so. So solo che ieri l'altro ho ricevuto una telefonata per passare ad altro operatore con delle offerte vantaggiose. E, guarda caso, sempre da una vocina analoga per accento e dizione.

giovedì 4 luglio 2019

Sere d'estate

Nelle giornate assolate le donne preferivano stare sedute sull'uscio di casa, al fresco, sotto i portici che adornavano le entrate della maggior parte delle abitazioni, e chiacchierare. La più anziana, ritenuta la saggia del paese, donna Peppina, questo il suo nome aveva il dono di sapere ascoltare. E quando era richiesta espressamente la sua visione delle cose parlava. Si esprimeva alla maniera del paese. Accompagnava alle parole i gesti usando metafore comuni comprensibili a chiunque.

Donna Peppina sapeva decifrare anche i sogni oltre ai segni della natura. Sapeva anche togliere il malocchio. E questa è la preghiera che m'insegnò la notte del Santo Natale:

“Nostro Signore d'Eggittu venìa.
'na parma d'olivu a li mani portava;
a portava supra l'ataru pe' fara a Santa Benedizziona:

fhora malocchjiu da casa mia ...”.

Preghiera che, sapendo di non riuscire ad imparare a memoria in una notte così solenne, scrissi e ripetei fino a memorizzarla.
L'esorcismo contro la cattiveria e l'invidia non poteva e non può essere divulgato e appreso fuori dai tempi sacri che sono il SS Natale e la SS Pasqua. E non tutti possono esserne depositari.

A quel tempo ero piccola ma m'incuriosiva quell'andirivieni da casa di mia nonna. Le comari del paese entravano col solito cerimoniale e un pacco di zucchero o caffè in dono: “è permessu? Cummara Peppina vi disturbamu? No cummà chi diciti. Siti a patruna! Trasiti trasiti.”.
Guardavo e assistevo ai riti della saggezza popolare. E m'incantavo ai racconti dei sogni delle comari e alla loro decifrazione che la nonna faceva con saggia disinvoltura. Dava concreti suggerimenti agli accadimenti inusuali carichi di simboli profetici avvenuti durante il giorno durante il lavoro nei campi e rincuorava le comari. Le rasserenava. Ma dava anche consigli comportamentali e buone maniere.

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