Politica, cos'è?

 

"filosofi in posa: Hannah Arendt, Aristotele, Platone. generati con IA"

 La parola “politica” deriva dal greco “polis” (πόλις), che significa “città” o “comunità organizzata”. Il significato di “polis” è molto più profondo di una semplice località geografica. Vediamolo insieme:

Il significato originario di polis, nel mondo greco antico, indicava una comunità di cittadini e non solo il luogo fisico, ma l’insieme delle persone che vi abitavano e partecipavano alla vita pubblica.

Un sistema politico autonomo e ogni polis aveva leggi proprie, magistrati, assemblee e un’identità culturale distinta. Era, dunque, uno spazio di partecipazione; il luogo dove si esercitava la !”politike techne” (arte della politica), cioè il confronto, il dibattito, la deliberazione collettiva.

La parola politica nasce quindi come “L’arte di governare la polis”, gestire le relazioni tra cittadini, prendere decisioni comuni, garantire giustizia e ordine. In sintesi:

Un’attività pubblica e condivisa: non privata, non individuale, ma orientata al bene comune.

Un significato che ci interpella ancora oggi! Comprendere il significato di “polis” significa riscoprire il valore della partecipazione civica; l’importanza del dialogo e del confronto; il senso profondo di appartenenza a una comunità.

In fondo, fare politica non è solo votare o governare: è prendersi cura della città, cioè del luogo dove viviamo insieme.

Non c’è bisogno di scomodare Platone e Aristotele fino ai pensatori moderni per capire l’importanza della gestione pubblica dei beni. E non delegare mai definitivmente. Abbiamo sotto fli occhi le nefandezze dei regimi totalitari e lo scempio diabolico dei loro governanti. Penso a Netanyahu, a Putin, tanto per citare i peggiori “condottieri” di morte che ritengono i territoti e gli abitanti cosa propria.

Però, vivaddio, nonostante loro, l’evoluzione del concetto di “politica” è una storia affascinante, anche se tormentata. Da nobile arte del vivere insieme, è spesso diventata strumento di dominio.

Una panoramica, a questo punto, è d’obbligo.

Platone vedeva la politica come il governo dei “sapienti”, guidati dalla “conoscenza del bene”, in cui il filosofo, il pensatore è un "re". (oggi questo concetto è rappresentato da figure insipienti, iraconde e poco inclini al dialogo, azzardiamo: ignoranti?).

Aristotele, più pragmatico, definisce l’uomo come *zoon politikon* (animale politico): la politica è naturale, e il suo fine è la “eudaimonia” (felicità collettiva).

 In entrambi i casi, la politica è “etica applicata alla comunità”: non potere per sé, ma per il bene comune.

Nel Medioevo. la subordinazione al potere religioso  fonde la visione politica con la teologia: il potere terreno è subordinato a quello divino.

Pensatori come Tommaso d’Aquino cercano di armonizzare la legge naturale con la legge divina.

Il concetto di polis si dissolve e la comunità è vista come parte di un ordine cosmico, non come spazio autonomo di decisione.

L’età moderna porta il governo politico della comunità ad un concetto tra razionalità e sovranità.

 Con Machiavelli, la politica si emancipa dalla morale: il “Principe” deve agire per conservare il potere, anche con l’inganno. Qui nasce il fraintendimento: la politica come “tecnica di dominio”.

Hobbes e Locke introducono il contratto sociale, e cioè: la politica è un patto tra individui per evitare il caos. Ma il potere diventa centralizzato, spesso autoritario.

La polis diventa Stato. Qualcosa che allontana e diventa un’astrazione più distante dal cittadino.

Le grandi ideologie (fascismo, comunismo, liberalismo) trasformano la politica in strumento di propaganda.

Il cittadino diventa massa, spesso manipolata da media e poteri economici.

La politica si professionalizza, si burocratizza, si allontana dalla partecipazione diretta.

E rafforza il fraintendimento moderno: politica come carriera, non come servizio.

Oggi spesso si confonde la politica con il potere personale, la visibilità, il tornaconto.

Il linguaggio politico si svuota: parole come democrazia, libertà, rappresentanza sono usate come slogan, non come impegno.

La polis originaria, come luogo di confronto e costruzione comune, è quasi dimenticata. Togliamo pure il “quasi”. È dimenticata!

Riscoprire la politica come cura della comunità è la sfida contemporanea che spinge a riappropriarsi del significato originario. Per questo motivo nasce l’idea di tornare alle origini semantiche della parola e far sì che sia totalizzante il desiderio di:

 Tornare alla partecipazione attiva della cosa pubblica e coltivare il pensiero critico come un seme dal quale sboccia la democrazia partecipata. Rifiutare la logica dell’egoismo e del potere fine a sé stesso.

Come diceva Hannah Arendt, “la politica nasce dove gli uomini si incontrano per parlare e agire insieme”; non nei palazzi, ma nelle piazze, nelle idee, nei gesti quotidiani.


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