Lezione visiva del prof. Vittorio Politano

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Mario Iannino – Polimaterico 2025. Tutti vogliono un mondo migliore

Recensione critica di Vittorio Politano.

"Tutti vogliono un mondo migliore. Autore: Mario Iannino"

Nel cuore del caos contemporaneo, Mario Iannino si muove come un archeologo del quotidiano, disseppellendo strati di consumo, memoria e desiderio collettivo. Con l’opera Polimaterico 2025. Tutti vogliono un mondo migliore, l’artista realizza un potente gesto di accumulazione critica, un affresco sedimentato del nostro tempo che si presenta come un muro/altare, un palinsesto ferito su cui il presente si incolla come cartaccia.

La superficie come campo di battaglia

La composizione è apparentemente disordinata, ma rivela una stratificazione intenzionale: volantini, frammenti pubblicitari, packaging, slogan – reliquie urbane del capitalismo visivo – sono inglobati in una stesura pittorica corrosiva, dove il bianco non illumina ma occulta, censura, mimetizza. Il gesto pittorico qui non è decorativo, ma gesto di cancellazione: un’azione performativa che tenta invano di coprire il rumore di fondo della società dei consumi.

Il messaggio di fondo – “Tutti vogliono un mondo migliore” – si offre come paradosso ironico e disperato: slogan tipico della pubblicità greenwashing, diventa qui epitafio lucido dell’ideologia della sostenibilità capitalista, quella che vende sogni ecologici mentre genera scarti.

L’oggetto come simbolo: la barchetta rossa

Centrale, quasi assurda nella sua presenza infantile, emerge una barchetta di carta – rossa e blu – come sopravvissuta al naufragio del senso. È qui che Iannino introduce un tasso poetico spiazzante: la barchetta è un simbolo ambivalente, giocattolo e metafora migrante, eco lontana delle derive del Mediterraneo, ma anche frammento di sogno, di possibilità residuale. Sopravvive tra le macerie, ma non redime: galleggia sul nulla.

Una critica plastica, non moralistica

L’opera non predica, espone.

Non giudica, riporta.

Non salva, ma fa vedere: e nel mostrare, chiede allo spettatore di prendere posizione. I materiali di scarto, ridotti a pittura, diventano archivio emotivo del nostro tempo: la loro familiarità è inquietante, perché ci riguarda.

Conclusione: un altare laico dell’Occidente

“Polimaterico 2025” è un altare profano, costruito con resti di un’umanità distratta, affamata di futuro ma incapace di fare i conti con il proprio presente.

Nel suo bianco sporco, nel suo rumore visivo, l’opera di Iannino ci dice senza retorica che il mondo migliore che tutti vogliono è già compromesso dalla maniera in cui lo desideriamo.

Una lezione visiva asciutta e potente: il reale non si cambia, lo si attraversa con occhi più aperti.

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