domenica 31 gennaio 2010

Lupa & Vasco: un amore


Il suo nome è Lupa! È una cagnetta carina. Snella. Dal manto lanuginoso. Colore e portamento conducono le sue origini predominanti alla razza aski.
Sempre in giro da sola nel quartiere, qualche mese addietro, Vasco la caccia di brutto dal suo territorio e da quel giorno gira al largo. Quando usciamo per la passeggiata e c’incontra, Lupa abbassa la testa e le orecchie, mette la coda tra le gambe come se volesse occultarsi e cambia strada.

Fino a qualche giorno addietro non conoscevo il suo nome e la chiamavo Bella! Bella! Vieni! Le dico, mentre faccio sedere Vasco; le tendo la mano e lei si avvicina remissiva. Accarezzo entrambi e li lascio giocare nel prato. Bella sembra rinata! Galoppa con la coda alta, rizza le orecchie si strofina a Vasco in segno di sottomissione e lui, Vasco, da vero dominante la lasciava fare. Lei lo mordicchia dappertutto, gli lecca le labbra e lo sprona a giocare; sculetta e lo invita a correre; lui la asseconda, le salta sopra, ma i ripetuti assalti non giungono a buon fine: lei non è in calore e non si lascia montare.

Oggi, all’uscita pomeridiana, solito incontro d’amore: gli sguardi s’incrociano. Vasco si siede; lei gli corre incontro sinuosa; si struscia e inizia la schermaglia amorosa. Da lontano qualcuno grida un nome: Lupa Lupa. Signore stia attento non li faccia accoppiare che la ingravida. Ma no non si preoccupi, è da qualche giorno che va avanti sta storia: lei lo circuisce ma non si concede. Si vede che ancora non è in calore. Non il calore è iniziato ma ancora non è pronta: anche lui lo sente! – aggiunge rivolgendosi al magnifico pastore tedesco che tiene al guinzaglio-.

Migranti: alla ricerca delle proprie radici


Storie di emigranti: partiamo dalla Calabria.

Da Vallefiorita a ...

Vi è un momento della propria vita in cui si è portati a fare un bilancio sommario che comprenda percorsi personali, familiari e sociali. Momenti di vita dimenticati o trascurati assumono valenze diverse a seconda dell’età o dalle propensioni dell’animo umano.

L’individuo a volte è alla ricerca delle proprie radici per puro sentimentalismo, altre per comprendere le proprie radici così da comprendere appieno l’evoluzione degli usi e dei costumi sociali ed in ciò le immagini i filmati, la letteratura, la storia, insieme, i documenti storici citati aiutano a comprendere il vero senso della vita dei migranti, siano essi italiani, bosniaci, indiani, marocchini o afroamericani.

Questo il tema della seguente rubrica che apre con l'intento di aiutare i lettori protesi a ricercare parenti e amici lontani geograficamente.

Alcuni avvenimenti sono rimossi automaticamente dalla memoria, altri si dimenticano senza un perché e quando capita tra le mani una vecchia foto si cerca di associare l’età, il giorno, l’occasione e magari collegare il tutto a qualche evento importante, tipo il campionato di calcio, la scuola, una ricorrenza familiare.
A volte l’operazione mnemonica dà buoni frutti altre volte no! Ed è ciò che succede davanti a certe fotografie

sabato 30 gennaio 2010

libertà in arte: il rhytm and blues e gli anni 60




I fiorellini bianchi stampati su fondo viola hanno catturato la mia voglia di viaggiare.
aore12


Vedo una vasta distesa soleggiata.
Ragazzi dai capelli lunghi e dalla barba incolta. Musica rock. Sorrisi. Calore.

Ragazzi e ragazze che si tengono per mano e cantano in coro parole d’amore. Ballano.
Inneggiano al nuovo mondo, alla pace.

Le bancarelle, addossate l’una all’altra,costringono i passanti in fila indiana. Lo spazio destinato al mercatino del sabato tra le palazzine popolari di Pontepiccolo è esiguo. I venditori ambulanti, adagiano la mercanzia sui declivi del terreno incolto e invitano la gente a misurare la biancheria nei furgoni in parte svuotati.
La radio trasmette ritmi musicali e parole sconosciute. Parole graffianti, a volte roche ma piene di musicalità.
La voce del cantante nero diventa strumento che accompagna e s’insinua tra le note della band. Qualche signora anziana storce il muso: meglio Claudio Villa! Che sono ‘ste porcherie! Rumore solo rumore! Yè yè yjèè parlano ‘njiermitu chi li capisce a questi! Ah ma dove andremo a finire. Povera gioventù. È una generazione bruciata! …
“Ti piace? Bella vero? È una camicia americana! I ragazzi in America usano vestirsi così ora… dopo Woodstock”.
Non sento il venditore ambulante. Seguo il ritmo sincopato, l’andata e il ritorno della chitarra elettrica, il rullare della batteria. È avvolgente!
Bella vero? È una canzone di Wilson Pickett. Un cantante di colore che sta spopolando nelle classifiche col suo rhytm and blues. Questi Neri hanno un’anima veramente poetica!

Cantano le sofferenze di un intero popolo fatto schiavo dalla malvagità di quanti si sentivano superiori... poverini!


giovedì 28 gennaio 2010

haiti, 15 giorni dopo la catastrofe


Haiti.
È commovente! Dopo 15 giorni i volontari estraggono dalle macerie una ragazza di 16 anni ancora in vita. Un corpicino minuto, imbiancato dai calcinacci e dalla polvere, rivede la luce; torna alla vita e sussurra “merci” ai soccorritori; chiede notizie dei genitori al medico, visibilmente emozionato, che le ha prestato le prime cure prima di essere imbarcata sulla nave ospedale americana.
Intanto i sopravvissuti vagano alla ricerca di alimenti, acqua e vestiti. Ognuno pensa per sé! E le immagini del bimbo seduto nudo in mezzo alla strada nell’indifferenza totale dei passanti lo confermano.
Solidarietà, spirito di conservazione, egoismi, ricchezze e miserie umane convivono nell’isola.

mercoledì 27 gennaio 2010

scrittori in erba, fantasmi, creatività e web


Che strano! Ho sognato una vecchia macchina da scrivere. Uno di quegli aggeggi usati nella
aore12
"olivetti 82"
preistoria; quegli aggeggi infernali che lasciavano tracce sul foglio a suon di tic tic, cadenza, dal ritmo variabile che seguiva pensieri e bravura di chi batteva sui tasti. E frasi poetiche...

Quando la macchina fu commercializzata riscontrò larghi consensi; fu inserita negli uffici e riempì d’angoscia i vecchi scrivani mentre i giovani iniziarono a frequentare corsi professionali mirati per apprendere il metodo e scrivere velocemente con entrambe le mani e le dieci dita. L’aggeggino rivoluzionò completamente il lavoro negli uffici e nelle case. Anche gli scrittori in erba impararono ad usarla: infilavano nel rullo i foglio di carta A4 intervallati dalla cartacarbone quando occorrevano più copie e battevano sui tasti per comporre poesie, racconti o relazioni. Eh la tecnica!...

La stranezza del sogno consiste nell'appendice della macchina da scrivere: un semplice insignificante filo la collega ad una penna ottica di ultima generazione e basta passare il lettore sulla fronte per travasare i pensieri più reconditi immediatamente sul foglio privi di sovrastrutture o mediazioni formali.

Potenza della parola scritta! tra vecchie e nuove macchine non c'è rottura o antagonismo ma solidarietà. Volontà di chiarezza, creatività! L'appendice conferisce alla macchina da scrivere il potere rivoluzionario dell'immediatezza trasformandola in macchina della verità che sbugiarda o conferma pensiero e azione di chi sta davanti.

Miracoli, suggestioni o speranze inconsce riposte nelle potenzialità della democrazia liquida?

martedì 26 gennaio 2010

Bertolaso, Casini e il gioco delle tre carte di...

L’analisi di Bertolaso, i tre forni di Casini, le tre carte di…

Il principale problema che assilla i leader politici è: annullare l’avversario!, perlomeno questo è ciò che avverte il cittadino comune bombardato dalle notizie dei giornalisti e dalle esternazioni degli stessi politici che occupano gran parte degli spazi dei palinsesti.

Ogni strategia è buona per ab/battere il nemico!

Nel frattempo si perdono di vista i veri valori della vita comunitaria che sono la fonte di tutte le civiltà evolute:
• La morale
• Il lavoro
• L’istruzione
Temi ampiamente sbandierati ma mai sviluppati dai dirigenti nazionali che sembrano prediligere i giochi dei tre forni per le alleanze politiche o quello delle tre carte per solidificare inciuci dannosi per la collettività. Tutto ciò è ampiamente documentato nella letteratura giornalistica degli ultimi anni con dovizie di particolari.

Di contro, nel momento in cui un dirigente nazionale esprime fuori dal coro un’analisi costruttiva, si assiste ad un turbinio di scuse e smentite, ricusazioni e distanze ideologiche dal pensiero del malcapitato di turno.

Non è difficile essere d’accordo con le esternazioni di Bertolaso in merito all’emergenza Haiti. Si sa, il dolore accomuna e la sofferenza della gente inerme alimenta la pietas popolare; tutti si sentono colpiti e partecipano come possono agli aiuti: dalle preghiere ai generi di prima necessità, alla ricostruzione. Ma, lungi l’intenzione di una pur minima polemica, sorge spontanea una domanda: come mai Bertolaso è andato ad Haiti e perché ha esternato un’analisi, probabilmente vera visti i risultati ottenuti, ma priva di tatto? Sarà stato guidato dall’indignazione per lo stato d’inciviltà cui sono costretti a vivere i più poveri dell’isola? È vero! La giostra della vanità pianta le tende e gli stendardi sulle macerie e si manifesta caritatevole, vincente davanti alle telecamere. Però è opportuno che quest’assunto Bertolaso lo rammenti sempre a quanti gli sono accanto specie per le emergenze italiane.


domenica 24 gennaio 2010

il politichese nelle realtà locali

Nella storia dell’uomo è tracciata chiaramente l’evoluzione tecnica e scientifica della specie.
Il genere umano ha inventato geniali stratagemmi per superare le avversità; pianificare problemi di sopravvivenza; migliorare le comunicazioni e affinare i linguaggi.

Allegorie verbali e visive, quindi, arti oratorie teatrali, scritture, dipinti e disegni illustrano il cammino antropico e le varie forme di proselitismo adottate per divulgare i saperi acquisiti nel tempo. Parola e gesto sono metodi fenomenali per indottrinare le masse e l’oratore magniloquente conosce bene il metodo per attrarre le attenzioni della platea; capisce quando è il momento giusto per strappare l’applauso, commuovere o far sorridere. E questo è bene!, se non nasconde falsità o ambiguità immorali.

Altro discorso è il linguaggio usato dai politici per raggirare ostacoli e far convergere errori e furberie nella scatola della bontà che tutti i partiti costruiscono giorno dopo giorno. La scatola della bontà del politichese somiglia moltissimo al cilindro del mago: è una scatola magica pronta a stupire gli astanti, che trasforma gli errori gestionali in benefici personali. Insomma è una sorta di lavatrice con vari programmi di lavaggio, dal delicatissimo allo sporchissimo, con e senza centrifuga.
Esiste la possibilità di debellare o quantomeno contenere il malcostume fin qui generato?

Si sa, la via per la pace e del buon governo non è mai un’autostrada comoda e diritta; spesso è una stradina irta di difficoltà; un sentiero di campagna tortuoso, dalla traversata imprevedibile, costellato di pericoli ambientali, smottamenti, per cui richiede una guida sicura, attenta e dell’aiuto corale dei viandanti.

La natura, dal canto suo, dà segnali d’insofferenza per i saccheggi subiti; anche le classi meno abbienti si ribellano alle intolleranze storiche, ora tocca all’intelligenza della “casta” dare risposte sincere.

sabato 23 gennaio 2010

la forza evocativa della metafora in pittura

Allegorie figurali in pittura.

Quando osserviamo un’opera pittorica tipicamente figurativa, per comprendere appieno il messaggio è opportuno considerare alcune semplici regole e ricordare che l’operatore per trasferire messaggi visivi complessi si avvale delle allegorie che il linguaggio comune assegna ai soggetti inseriti nell'opera e non considerare il quadro come un’operazione decorativa fine a se stessa da collocare sopra il divano perché fa pendant col salotto o il paralume. In sintesi: aprire la mente ai linguaggi della visione contemplativa; cercare le allegorie figurali prodotte dall’artista; accogliere, comprendere, dialogare.

La metafora pittorica condensa forza oratoria e alchimia grafica in pochi centimetri quadrati.

Alcune allegorie sono parte attiva dei linguaggi simbolici comuni. Tra questi, il simbolo della Croce è, per il mondo Cristiano, sinonimo di Amore Universale, mentre la colomba assurge a rappresentazione di Pace tra gli uomini, così come il ramoscello d’ulivo.
Anche un cuore graffiato sul muro o inciso sulla pelle esprime passione per qualcuno. E fin qui tutto scontato! Il problema si pone davanti a simbologie figurali personalizzate. Allorquando l’artista per realizzare nell’immediatezza visiva un tema complesso come la pace o altro esprime concetti pittorici inusuali. Innovazione e personalizzazione dei linguaggi stentano a essere recepiti dalla massa specie in quei territori poveri di stimoli culturali marchiati dall’infamia sociale della disoccupazione, dall’ignoranza e dalla sottocultura dei dirigenti.
In simili situazioni l’artista che vuole “parlare” alla massa ed esplicitare con la figurazione un qualsiasi tema sociale si guarda intorno, valuta le difficoltà oggettive e associa a qualcosa di caratteristico legato al territorio il dato peculiare del tema da sviluppare.
Trattandosi di un territorio prevalentemente montuoso come quello calabrese composto di poche pianure, dirupi, rocce, strade tortuose, vegetazione, sole, mare e stili di vita spartane, l’artista non può che correlare la calabresità al paesaggio, che, trattato diligentemente dall’uomo, diventa espressione di generosa ospitalità e sostentamento collettivo.

Nel paesaggio calabrese, la pianta dei fichi d’india è una varietà vegetativa spontanea che cresce e fruttifica senza l’intervento amorevole dell’uomo persino sulle rocce. Ha foglie larghe e carnose punteggiate di aculei; anche il frutto, variegato nei colori e nel sapore, è protetto da una corazza carnosa ricoperta di spine, che, se lasciata macerare nell’alcol trasmette al liquore ottenuto, qualità organolettiche digestive. Insomma, quanti ignorano le molteplici peculiarità della pianta, difficilmente riescono a trovare nessi logici del suo inserimento in un contesto figurale pittorico. Eppure chi conosce l’animo del meridionale in generale e Calabrese in particolare intuisce immediatamente la metafora tra la ruvidità esteriore dei calabresi e la spartana pianta in questione.

mario iannino


venerdì 22 gennaio 2010

dietro le quinte, in nome del popolo italiano


Sembra che ogni popolo abbia un destino; una storia in parte tracciata dalle azioni dei padri; un karma secondo la filosofia indù. E che ogni azione provochi il perpetrarsi delle future condizioni di vita economiche, sociali ecc.

I flussi e riflussi storici, quelli scritti con onestà intellettuale, sembrano dare ragione alla legge di causa ed effetto menzionata nella religione induista. Sarà questa la disgrazia dell’Italia e degli italiani? Al 99,99% deve essere per forza così! Altrimenti non si spiega il metodo anomalo che muove le azioni della classe dirigente nazionale.

Per questi signori l’immoralità affamatrice, il malgoverno e gli atti indolenti, come uccidere la coscienza nazionale, è prassi storica!

In parte, l’anomalia della politica italiana attuale è condensata nel bipolarismo dell’ultima ora; nella mancanza del dialogo e nell’assenza totale del rispetto reciproco tra parlamentari, istituzioni e cittadini.

Basta seguire una trasmissione televisiva che tratta temi sociali per avere una visione della tracotanza di alcuni parlatori addestrati: tutti hanno studiato la lezione a casa, fatto i compitini diligentemente che espongono civettuoli e quando non hanno argomenti o risposte chiare tirano fuori dalle tasche l’elenco della lavandaia, inforcano gli occhiali e ripetono pedissequamente le stesse identiche, stressanti cose, proclamate fino alla noia, esasperando gli astanti e mortificando l’intelligenza di quanti sono in ascolto.

Altro dato inconfutabile consiste nell'esterofilia degli italiani. I massimi riferimenti, per quanto concerne la libertà d’azione per alcuni im/prenditori che vogliono essere liberi di gestire gli affari a proprio piacimento, arrivano dai paesi in cui vige uno stato garantista a favore di chi investe o esporta denaro. Mentre per la gestione democratica della cosa pubblica, parlamento e relative leggi, si scimmiotta il bipolarismo americano; si cita all’occorrenza il modello francese, tedesco, inglese ecc., ma mai si pensa veramente di affrontare e risolvere un qualche banalissimo problema che tocca da vicino il cittadino comune.

Per gestire al meglio i propri interessi, le potenti lobby hanno pensato bene di eliminare con uno sbarramento elettorale i piccoli rappresentanti della democrazia. La casta tesse trame strategiche dietro le quinte; ognuno, schierato nel ruolo assegnato dai burattinai di turno, sopprime le voci delle minoranze dissenzienti, impone candidati comunali, provinciali, regionali, nazionali e europei.
Ricatta e promette favori, posti al sole per seguaci e prole. Attua il nepotismo. Consolida poteri. Sposta capitali. Impone leggi inique nel nome del Popolo Italiano.

giovedì 21 gennaio 2010

Pittura e poesia, linguaggi di denuncia


Allegorie figurali in pittura.

Quando osserviamo un’opera pittorica tipicamente figurativa, per comprendere appieno il messaggio è opportuno considerare alcune semplici regole e ricordare che l’operatore per trasferire messaggi visivi complessi si avvale delle allegorie che il linguaggio comune assegna ai soggetti inseriti nell'opera e non considerare il quadro come un’operazione decorativa fine a se stessa da collocare sopra il divano perché fa pendant col salotto o il paralume. In sintesi: aprire la mente ai linguaggi della visione contemplativa; cercare le allegorie figurali prodotte dall’artista; accogliere, comprendere, dialogare.

La metafora pittorica condensa forza oratoria e alchimia grafica in pochi centimetri quadrati.

Alcune allegorie sono parte attiva dei linguaggi simbolici comuni. Tra questi, il simbolo della Croce è, per il mondo Cristiano, sinonimo di Amore Universale, mentre la colomba assurge a rappresentazione di Pace tra gli uomini, così come il ramoscello d’ulivo.
Anche un cuore graffiato sul muro o inciso sulla pelle esprime passione per qualcuno. E fin qui tutto scontato! Il problema si pone davanti a simbologie figurali personalizzate. Allorquando l’artista per realizzare nell’immediatezza visiva un tema complesso come la pace o altro esprime concetti pittorici inusuali. Innovazione e personalizzazione dei linguaggi stentano a essere recepiti dalla massa specie in quei territori poveri di stimoli culturali marchiati dall’infamia sociale della disoccupazione, dall’ignoranza e dalla sottocultura dei dirigenti.
In simili situazioni l’artista che vuole “parlare” alla massa ed esplicitare con la figurazione un qualsiasi tema sociale si guarda intorno, valuta le difficoltà oggettive e associa a qualcosa di caratteristico legato al territorio il dato peculiare del tema da sviluppare.
Trattandosi di un territorio prevalentemente montuoso come quello calabrese composto di poche pianure, dirupi, rocce, strade tortuose, vegetazione, sole, mare e stili di vita spartane, l’artista non può che correlare la calabresità al paesaggio, che, trattato diligentemente dall’uomo, diventa espressione di generosa ospitalità e sostentamento collettivo.

Nel paesaggio calabrese, la pianta dei fichi d’india è una varietà vegetativa spontanea che cresce e fruttifica senza l’intervento amorevole dell’uomo persino sulle rocce. Ha foglie larghe e carnose punteggiate di aculei; anche il frutto, variegato nei colori e nel sapore, è protetto da una corazza carnosa ricoperta di spine, che, se lasciata macerare nell’alcol trasmette al liquore ottenuto, qualità organolettiche digestive. Insomma, quanti ignorano le molteplici peculiarità della pianta, difficilmente riescono a trovare nessi logici del suo inserimento in un contesto figurale pittorico. Eppure chi conosce l’animo del meridionale in generale e Calabrese in particolare intuisce immediatamente la metafora tra la ruvidità esteriore dei calabresi e la spartana pianta in questione.

mario iannino

senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
(...)
(se questo è un uomo; Primo Levi)
Fatti, vissuti in prima persona per non dimenticare! e solidarietà universale per evitare che si riproponga un periodo di oscurantismo morale e intellettuale genaralizzato.

mercoledì 20 gennaio 2010

fernanda pivano e la beat generation


Fernanda Pivano e la beat generation
Per Fernanda, i tanti autori conosciuti in prima persona non sono strumenti di semplici pezzi di storia letteraria ma frammenti della sua esistenza in cui si uniscono anni di vita e di studio, tant’è che definisce genericamente " miei eroi" la totalità; "miei beat" Ginsberg e Kerouac, e “miei maestri” Abbagnano, Hemingway e Pavese. Hemingway e Pavese, agli occhi di Fernanda Pivano, hanno in comune una integrità professionale e morale assoluta.
Attenta alle mutazione della società e della cultura americana traduce Hemingway, Faulkner, Fitzgerald e li propone in Italia nella sua pubblicazione degli scrittori contemporanei più rappresentativi: dagli esponenti del movimento nero, come Wright; ai protagonisti del dissenso non violento degli anni '60, Ginsberg, Kerouac, Burroghs, Ferlinghetti, Corso; fino agli autori "minimalisti", prima Carver poi Leavitt, McInerney, Ellis.
L’“esploratrice” italiana della beat generation, Fernanda Pivano, Figlia di Riccardo, illuminato miliardario possessore di una banca, e della bellissima Mary Smallwood, nasce a Genova il 18 luglio del 1917, dopo le elementari, nella scuola svizzera, l'infanzia genovese, all’età di 9 anni si trasferisce a Torino e qui, al liceo d'Azeglio, incontra Primo Levi. Laureatasi nel 1941 con una tesi su Moby Dick, due anni dopo inizia l’attività letteraria sotto la guida di Cesare Pavese con la traduzione dell'Antologia di Spoon River di E.L.Masters. Allieva di Pavese e Nicola Abbagnano, ordinario di storia e filosofia dell’università di Torino, esponente della corrente esistenzialista italiana e fondatore dell’esistenzialismo positivo, consegue una seconda laurea in filosofia nel 43, lavora al fianco di Abbagnano come sua assistente per diversi anni.
Fernanda, innamorata della letteratura, nel 1948, a Cortina, conosce Hemingway e traduce il suo Addio alle armi. Nel 1949 sposa Ettore Sottsass jr, che fotografa e immortala i tanti viaggi indimenticabili e gl’incontri con Allen Ginsberg, Jack Kerouac, Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti, Neal Cassidy.
Nanda, s’innamora della letteratura americana per la forma scarna della narrazione, in netta antitesi con la tradizionale letteratura pragmatica e accademica europea; letteratura libresca, basata su indagini psicologiche.
"Mi hanno attaccata per non aver mai valutato i libri, ma io mi sono limitata ad amarli, non a valutarli: questo lavoro lo lascio ai professori".
Questa sua frase evidenzia il distacco dall'estetica pura impartita nei corsi di studi convenzionali e basa l’interesse letterario personale sulle vicende biografiche, sull'ambiente e sui fermenti sociali in cui sono immersi gli autori.
Bellezza e utilità dei volumi da lei tradotti è spesso documentata nelle lunghe e introduzioni accompagnate da saggi biografici. Dall'osservazione della realtà americana nascono i saggi: "America rossa e nera" (1964); "L'altra America negli anni Sessanta" (1971); "Beat Hippie Yippie" (1977); "C'era una volta un beat" (1976); "Il mito americano" (1980). Altri scritti sono raccolti anche in "La balena bianca e altri miti" (1961); "Mostri degli anni Venti" (1976).
Il primo viaggio negli Stati Uniti e' del 1956 e in India del 1961. Nel 1959 esce in Italia, con la prefazione della Pivano, Sulla strada (Mondadori) di Kerouac e nel 1964 Jukebox all'idrogeno di Ginsberg da lei curato e tradotto.
Nella sua movimentata vita, come già visto, incontra i maggiori scrittori contemporanei: Saul Bellow, Henry Miller, John Dos Passos, Ezra Pound, Gore Vidal, Jay McInerney, Judith Malina e il Living Theater e gli italiani Giuseppe Ungaretti, Alfonso Gatto, Salvatore Quasimodo.
Nel 2001 si reca a Ketchum, nell'Idaho, in un viaggio che la riporta nei luoghi della beat generation e dei suoi amici scrittori per il film documentario A farewell to beat di Luca Facchini.
Ma, Nanda è anche pianista! Diplomata al decimo anno di conservatorio, apprezza ed entra in sintonia con molti musicisti, tra questi: Bob Dylan, Lou Reed, Jovanotti, e Fabrizio De Andrè che considera enfaticamente e con affetto il piu' grande poeta italiano del secolo al quale dedica un testo che ha lo stesso titolo della canzone di De Andrè “La guerra di Piero” interpretato da Judith Malina. In occasione dei suoi 90 anni, nel 2007, conferma la sua gratitudine agli intellettuali che le hanno consentito di coltivare la passione per l’arte: "ho avuto due o tre eroi nella mia vita: il più grande e' stato Ginsberg. In America stanno pubblicando le lettere che mi ha scritto, mi raccontava cosa aveva visto dovunque andasse. Hemingway e' stato al di la' della misura. I miei maestri prima dell'America sono stati Pavese e Abbagnano, mi hanno insegnato tutto quello che so. Sono stata un'esistenzialista".
Per concludere, Fernanda Pivano è stata una figura carismatica della cultura italiana antifascista, frequentò poeti e scrittori della Beat Generation. Visse in America, a stretto contatto con Kerouac e gli atri artisti del movimento beat ma mai si lasciò tentare dai paradisi artificiali usati dai suoi amici per esplorare i mondi del subconscio; nemmeno uno spinello, diceva, niente alcol, funghi e peyote, Lsd e tutto il resto, nemmeno a pensarci. In America dal 1956, capì subito la novità rappresentata dai cercatori di nuovi stati di coscienza. Giovani contestatori che modulavano prose e versi sui battiti del bebop, il jazz esistenzialista di Charlie Parker, (secondo alcuni, padre dello stile jazz chiamato bebop. Virtuoso del proprio strumento, che suonava con una tecnica eguagliata da pochi, fu anche un personaggio dalla vita tormentata, segnata dalla dipendenza dalla droga e dall'alcool: il peggio di uno stile di vita che echeggiò al di fuori del campo strettamente musicale; ispirò i poeti della beat generation, nelle cui liriche, il jazz e Parker stesso sono citati.) i musicisti neri si pongono due obiettivi: liberarsi dai rigidi arrangiamenti delle big band per esprimersi e manifestare liberamente la loro ribellione al mondo ipocritamente sorridente di quegli anni.
Per Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti, Nanda fu una affettuosa sorella maggiore, una vice-madre saggia e comprensiva. Fu lei a tradurre i loro libri, a battersi perché opere come Sulla strada e Urlo fossero pubblicate in Italia. Dedicò soprattutto ai poeti i suoi sforzi maggiori, componendo l’antologia Poesia degli ultimi americani (Feltrinelli) con la quale offrì ai lettori italiani un tesoro di novità. Li ospitò nella sua casa a Milano (in quel periodo, Nanda era ancora sposata con l'architetto Ettore Sottsass), li aiutò e si fece spiegare il senso e le allusioni della loro lingua da iniziati, senza pregiudizi. In una rara intervista televisiva realizzata per la Rai, Fernanda Pivano chiese a Kerouac: «Jack, dimmi, ma perché non sei felice?» E lui, visibilmente deturpato dall’alcol, non rispose.

domenica 17 gennaio 2010

egocentricità dell'apparire: essere o esporsi?


Vi è un modo tutto particolare di leggere le azioni dell’uomo. Un modo opportunista, a volte, che antepone la visibilità esteriore, egocentrica, dell’attore primario alla morale comune del vivere. Oppure, la rivalsa postuma di congiunti che non vogliono ammettere umani errori perpetrati dai padri; il rammarico tardivo di codardi “beneficiati”, amici dell’ultima ora, fans.
Nel grande e capiente calderone del web le notizie non mancano; ogni persona ha l’opportunità di esprimere la propria opinione in merito a faccende private e collettive. Può documentarsi e dire la sua versione dei fatti. Anche se, il maggior spazio lo occupa sempre e comunque il personaggio famoso, il dato positivo è che chiunque può suggerire e far intendere, a quanti millantano ipotetici adepti, di non esagerare nelle esternazioni faziose.
In tv e sui media in generale appare chi desta curiosità; internet conferisce notorietà a chi è cliccato, a prescindere del valore contenutistico messo in rete; e non c’è distinzione tra il blogger che cazzeggia, l’impegnato e i siti che trattano notizie di varia natura. Contano solo i clic! I contatori d’accesso segnalano lo share, dicono chiaramente quante volte è stato visitato il blog, il post, il filmato ecc.
Su Wikipedia si trova di tutto, storia, gossip, curiosità e anche semplici strafalcioni; su ogni voce, ad indicare una parvenza di scientificità, c’è un’indicazione, un termine che lascia intendere al visitatore la struttura della pagina cliccata, vale a dire se è un abbozzo in via di sviluppo oppure no. Quanto segue è il risultato della ricerca del termine “statista”:
Il termine statista deriva da Stato e indica un personaggio politico deputato a governare e regolare gli affari di Stato. Solitamente viene utilizzato per indicare il capo di Stato. Non è collegato a caratteristiche democratiche della figura: anche un dittatore può considerarsi uno statista. La non correlazione tra caratteristiche di nomina democratica della figura e la definizione della figura stessa pare essere rafforzata dal parere di politologi e storici che usano il termine, nei loro lavori, per indicare personaggi che hanno avuto incarichi di governo, a prescindere da come questi sono stati ottenuti. Virtualmente qualunque personaggio abbia rivestito incarichi tali da contribuire direttamente a sviluppare la politica di una Nazione può essere considerato tale. In senso generale, il termine è stato anche usato per indicare chi si è occupato di affari dello Stato arrivando, grazie al suo peso politico, a condizionarli pur non ricoprendo formalmente incarichi di governo. In questo senso, anche il capo dell’opposizione, in particolari contesti, può essere definito statista.
In base alla sintesi wikipediana, la terminologia di statista può essere assegnata senza possibilità di errori a chiunque si trovi in dette condizioni sociali ma è anche vero che lo Statista puro, quello che occupa spazi storici dignitosi e importanti nella memoria dell’umanità, è colui che ha speso energie per salvaguardare e migliorare il bene comune; ha creato i presupposti per una società migliore, solidale. Statista puro è colui che ha dato o dà alla collettività intera le proprie energie vitali senza aspettarsi nulla in cambio, neanche una targa ricordo, perché l’amore elargito al prossimo, attraverso il lavoro, lo sostiene nelle difficoltà e ritorna a lui accresciuto.

nun te reggae più: storielle facete (?)


Incontri fantastici nell’isola delle banane:

Dobbiamo cambiare le regole sociali! Dobbiamo tutelare gl’interessi della classe dominante!
Dobbiamo creare scompiglio nelle menti… smontare i teoremi buonisti creare disordini Eppoi quando il caos regna in ogni dove Io Proclamerò il Mio regno i Miei vassalli…
Sì Sì così si parla bene bravo sì sì fagli vedere di che pasta siamo fatti a quei pezzenti straccioni…

La piazza è calda; il popolo soggiogato dalle parole fomentatrici del leader gonfia il petto, urla a squarciagola slogan di solidarietà al premier e al suo programma. Concluso il comizio, la piazza si svuota lentamente. Alcuni continuano a inneggiare altri raccolgono gadget e bandiere e s’incamminano verso le sedi associative e qui, sfumata l’adrenalina di piazza, qualcuno azzarda un’ipotesi:
Sì vabbè sono d’accordo col capo ma come facciamo a rendere veramente operativo il programma?
Abbiamo gli occhi del mondo puntati addosso, senza contare quel capobranco che ci ha sempre combattuto… lui è forte, ha dalla sua parte persone intellettualmente incorruttibili che non si lasciano abbindolare facilmente… Ehi abbiate fiducia ghe pensi mì: tutti noi abbiamo un prezzo! Basta solo capire le debolezze dell’uomo e assecondarle, il resto viene da sé.
È vero! È vero… ma lui non ha mai dimostrato debolezze materiali come l’incastriamo? Co…spiriamo… No! Non serve! Basta solo indottrinare un gruppo di giovani. Giovani che facciano quello che Io comando. Giovani fedeli da inserire nei posti chiave.
Come facciamo, ci sono i concorsi pubblici? Le commissioni… Ghe pensi mì faccio un’offerta che difficilmente rifiuteranno se vogliono continuare a mantenere certi privilegi…

Nell’aria, parole irriverenti quanto sarcastici sembrano fare il verso ai cospiratori dell’isola delle banane sostenute dal ritmo incalzante del cantautore Calabrese Rino Gaetano:
…Nun teregghe ppiù abbasso alè nun te regghe più super pensioni ladri di stato evasori legalizzati auto blu rock blu nun te regghe più ajallà pc psi dc …. Nun te reggae più!

sabato 16 gennaio 2010

Lawrence Ferlinghetti e l'autocoscienza sociale


Lawrence Ferlinghetti

Nasce il 24 marzo del 1919 a Yonkers; da padre italiano e madre ebrea/francese. Orfano fin dalla nascita, il padre muore prima che egli nasca, mentre la madre, ricoverata per un forte esaurimento nervoso, non riesce ad accudirlo ed è affidato agli zii materni che lo portano in Europa e poi di nuovo a New York. A causa di problemi economici viene messo in un orfanotrofio e poi ripreso con sé dalla zia in una ricca casa presso cui lavora. Poeta e pittore; esponente di spicco della beat generation, il suo “Coney Island of the Mind” è il secondo libro più venduto al mondo dopo la Bibbia.

Ma, prima dell’avventura culturale si arruola in marina, sbarcando in Normandia e permanendo anche a Nagasaki, per tornare, successivamente a iscriversi come reduce alla Columbia University. Nel '50 si laurea alla Sorbona. Inizia a scrivere e a dipingere e svolge il ruolo di insegnante.
Nel giugno del 1953 apre con Peter Martin una libreria specializzata in edizioni tascabili, al 261 di Columbus Avenue la City Lights Pocket Publisher and Bookshop, prima libreria e casa editrice americana di soli tascabili e luogo di ritrovo di poeti ed artisti.
Nel 1956 è processato e assolto per la pubblicazione di “Howl” di Allen Ginsberg, quarto libro della serie Pocket Poets. Il suo “A Coney Island of the Mind” vende oltre un milione di copie. Tra gli altri suoi libri: “Her, Starting from San Francisco, Routines, The Secret Meaning of the Things, Who are We Now, Endless Life, Love in the Days of Rage, These are my Rivers, A Far Rokaway of The Hearth, Shards-Cocci, What is Poetry, Americus, Blind Poet”.
La sua condotta, apertamente contraria al governo statunitense degli anni 60, suscita le attenzioni dell’effebiai, iscritto nelle liste dei cittadini sorvegliati dall’agenzia governativa (F.B.I.), è arrestato nel 1965 per aver protestato contro la guerra in Vietnam. Nuovamente libero, gira per il mondo e porta ovunque il suo impegno di scoperta, valorizzazione e ampliamento dell’autocoscienza individuale e sociale, riscontrabile nelle sue parole: “Penso che non si debba più usare il termine ‘poesia’ ma ‘messaggio orale destinato al pubblico. Penso che le poesie bisogna gridarle, magari accompagnarle con complessi musicali jazz (…) Insomma fare tutto il possibile perché questi messaggi orali riescano a cambiare un po’ la coscienza e il cuore dell’uomo. Penso che non si possono più scrivere poesie d’amore ma lunghe poesie di impegno; che si debba affilare il verso come un’arma destinata alla pace”.

venerdì 15 gennaio 2010

disoccupazione e arte dell'arrangiarsi


Strettamente personale.

L’arte dell’arrangiarsi è un’attività umana, praticata nei luoghi in cui vivere alla giornata assurge a filosofia di vita, non perché si è creativi, ma per l’assenza di politiche serie atte a debellare il male sociale più infido per la libertà e l’emancipazione dell'uomo: la mancanza del lavoro retribuito.
Napoli è, per antonomasia, la capitale di quest’antichissima arte; oggi, esportata e attuata ovunque; in Italia e nel resto del mondo.
Laddove esistono larghe fasce sociali che vivono o sono sulla soglia della povertà, a nulla valgono gli incentivi alla rottamazione delle automobili; l’accesso agevolato del mutuo o le variegate campagne abbonamenti. La gente compra la spesa quotidiana confrontando i prezzi scontati e si sposta da un supermercato all’atro pur di far quadrare i pochi conti.
Questo è il quadro della situazione odierna in Italia! Ma ciò non deve indurre in inganno chi non vive nella nostra nazione, perché, è bene ribadirlo, c’è una vasta fascia sociale di finti poveri all’anagrafe tributaria che ostentano ricchezze mai denunciate: macchine costose, abitazioni signorili e tenore di vita da piccolo, medio e grande imprenditore pur risultando disoccupati o dipendenti di qualche ente.
Persino il meccanico sotto sottocasa attua piccoli espedienti: non eroga fattura, vuole l’assegno privo d’intestazione, tenta di rattoppare un pezzo meccanico, poi, contrabbandato all’ignaro cliente per nuovo… ma, arrangiarsi significa sfruttare al massimo le energie e i fattori a disposizione, riciclare, cucinare persino le foglie del cavolo, non sprecare nulla, altrimenti è ladrocinio, disonestà!, e non arte dell'arrangiarsi.

giovedì 14 gennaio 2010

Kerouac, Ginsuberg, scrittori della beat generation


Jack Kerouac, Allen Ginsberg e il movimento beat
Il sogno della generazione beat non dura a lungo e come tutti i sogni cessano al mattino. L’impatto col giorno riporta le menti all’amara realtà, alle prese con le teorie pratiche voracemente consumistiche, freddamente gestite dalle lobby di potere.
L'enorme campagna pubblicitaria condotta in America sul fenomeno beat riesce ad inflazionare il movimento stesso. Condiziona il vasto pubblico che, indottrinato, ripete i luoghi comuni del battage pubblicitario o i pregiudizi della critica conservatrice. Insomma, si evidenzia soltanto l'aspetto esteriore della vita beat. Diventa una moda la cui connotazione esteriore è ravvisabile nei capelli lunghi, barba incolta, vestiti estrosi, conseguenza sicuramente lontana dall’intenzione dei promotori.

La generazione del secondo dopoguerra s’identifica negli scritti di Kerouac e Ginsberg che, per le tematiche trattate, li elegge idealmente portabandiera del movimento pacifista.
I libri beat, negli anni sessanta, sono accolti dalla critica con severità e asprezza; tant’è che il successo di "Sulla strada" di Kerouac e "Urlo" di Ginsberg, è marchiato dai critici come un fenomeno di curiosità collettiva, un fatto di costume e li bollano di letteratura sgrammaticata, prosa scomposta, verbosità sterile priva di poesia innovativa.
Quando Kerouac dichiara di professare il buddismo e dedicarsi alla meditazione zen, i detrattori del movimento letterario beat riprendono a confutare l’assenza innovativa e asseriscono che l'intera faccenda beat è e rimane un fenomeno esclusivamente pubblicitario. Incuranti, Kerouac e Ginsberg continuano a scrivere e pubblicare anche scritti degli anni precedenti, quando, sconosciuti, aspettano un editore disposto a pubblicare le loro opere.
Intorno alla metà degli anni 60, arrivano in Europa e anche qui i critici assumono un atteggiamento di raffronto in riferimento alla letteratura europea.
In Europa il movimento beat è subito sminuito e ricondotto alla letteratura esistenzialista francese del secondo dopoguerra. Solo dopo qualche anno in America si sviluppa un’analisi letteraria che differenzia la Beat Generation dalla Lost Generation, rivoluzione attiva l'una e passiva l'altra. Allo scopo di spiegare il rapporto tra passività e misticismo contemplativo della religione Zen.
La prosa di Kerouac, studiata e analizzata a fondo, lascia intendere che non tiene in considerazione l'esistenza del razionale ma solo l’aspetto della realtà biologica e fisiologica. I beat non si preoccupano di distruggere mitologie o sovrastrutture mentali, rifiutano completamente il consorzio umano concepito dalla borghesia capitalista.
Nelle prime opere di Kerouac e Ginsberg si nota l’entusiasmo ai fatti quotidiani come fonte di ispirazione. Questa caratteristica differenzia gli scrittori americani dai fenomeni letterari europei basati su esperienze intellettuali o ideologiche. Da ciò, si intuisce pienamente il rifiuto della scienza intesa come arma di persuasione. Infatti, la generazione beat dichiara che con il lancio della bomba atomica si decreta la fine dei tre mostri che hanno distrutto la gioventù dei precedenti trent’anni, Freud, Marx e Einstein. Sintomatica, quindi la differenza tra certa poesia beat e le folgorazioni di Rimbaud o le illuminazioni di Blake, pur riconosciuti dai beat come gli europei più vicini alla loro poetica.
Le visioni metafisiche di Ginsberg non sono concettuali come quelle di Rimbaud ma sono deformazioni di immagini concrete, carnali, che possono andare da un semaforo ad un'insegna al neon. Anche Kerouac, considera necessario vivere la vita con passione e scrivere per la propria felicità personale. Kerouac consiglia di scrivere “con eccitazione in fretta fino ad avere i crampi in accordo alle leggi dell'orgasmo”. Si rifà in questo alla scrittura automatica, all’improvvisazione jazzistica per conferire un ritmo serrato ai suoi scritti. Le parole dello slang beat sono violente, incisive, veloci e monosillabici, carichi di tensione e potenza allusiva.
La vita di Kerouac e dei beat non finisce in rovina come quella dei dadaisti o degli espressionisti o dei surrealisti europei, ma comincia in rovina. Per i beat non c'è futuro e non c'è passato nel caos del mondo, esiste solo un istantaneo presente, inesplicabile e nemico, che solo la liberazione dalle dimensioni dello spazio e del tempo può far provvisoriamente superare. Gli elementi per superarle sono fisiologici (come l'orgasmo) o mistici (come le visioni) o passionali (come il jazz) o artificiali (come la droga). La qualità fondamentale di Kerouac e dei beat va ricercata nell'intensità emotiva, nelle immagini dense e vibranti.
La cultura Beat ha segnato l'intera generazione del secondo dopoguerra e ancora oggi, a distanza di oltre mezzo secolo, è innovativa e rivoluzionaria.

haiti: sgomento e solidarietà



Haiti scene di terrore e povertà:
Oltre 100.000 morti sotto le macerie.

Davvero le vittime di terremoti, tsunami, slavine, smottamenti sono da imputare al fato?

Oppure la voracità dei furbi condanna i poveri del mondo?

Faccendieri privi di scrupolo manipolano uomini e mezzi, corrompono, costruiscono edifici instabili, riscrivono ordinamenti sociali per tutelarsi e tutelare fasce sociali deviate.
La demagogia ignobile, divulgata da portavoce meschini, attecchisce nelle menti ingenue e induce le persone a schierarsi in fazioni fino a provocare scontri verbali e fisici tra le parti.
Questa, in sintesi, l’amara realtà di alcune società economicamente avanzate rette da capipopolo votati al mero profitto economico personale.
Lo scenario, crudo e nudo, appena accennato è il vero motivo delle innumerevoli vittime di cataclismi naturali; pandemie, paure che sfociano in terrorismi psicologici dilaganti a dispetto della maggioranza silenziosa:
Uomini costretti a vivere ai margini delle ricchezze opulente. Uomini, donne e bambini doppiamente vittime; derubati della dignità. Esseri umani costretti in schiavitù dall’arroganza economica mondiale! Dobbiamo sperare in ipotetiche potenze divine o l’esempio dei Saggi è ancora in tempo a bloccare la babele eretta dall’ingordigia di pochi despoti?

mercoledì 13 gennaio 2010

utopie generazionali: beat generation e la forza dell'amore



Quando si parla di Beat Generation la memoria storica corre in America e localizza il movimento giovanile in due sedi, New York e la Baia di San Francisco. In entrambi i luoghi, il fervore creativo rinnovò i linguaggi artistici della pittura, della scrittura, della musica e dei linguaggi in genere compreso l’abbigliamento; il tutto contaminato dalla filosofia di vita che spinge gli uomini all’amore universale e che lega i popoli alla madre terra. L'atmosfera solare e naturistica della West Coast, e quindi di San Francisco, contribuì a stemperare gli spiriti inquieti degli scrittori beat di New York e molti, soggiogati dalla natura selvaggia della California, si convertirono al Buddismo. San Francisco beneficiò della loro presenza; anche la scena musicale dal sapore acido degli anni sessanta nata con Ken Kesey's è frutto della cultura beat. La città di San Francisco divenne la Times Square della prima generazione beat e la mitica libreria "City Lights bookstore" di Lawrence Ferlinghetti è ancora all'angolo fra Broadway e Columbus. Più a sud troviamo Monterey, Carmel-by-the-Sea e la costa montuosa nota come Big Sur, qui, nel 1961, Jack Kerouac trascorse un’estate intera immerso nella solitudine della meditazione.

martedì 12 gennaio 2010

finanza creativa: trasformazioni e sovvertimenti dello stato sociale


Finanza creativa: trasformazioni e sovvertimenti dello stato sociale

Sull’esempio di re Mida, ricordiamo brevemente ai poco attenti dotati di scarsa memoria che il re in questione aveva il potere di tramutare in oro massiccio tutto ciò che toccava, persino il cibo, e oggi qualcuno, non pago della saggezza racchiusa nelle metafore mitologiche, cerca di trasformare ciò che gli cade sottomano in ricchezza.
L’esempio alchemico contemporaneo vede la trasformazione indolore di un servizio socialmente utile in s.p.a., in altre parole l’organizzazione “umanitaria” denominata “Protezione civile” diventa società per azioni come d’incanto!
Ma verrà anche quotata in borsa come la parmalat?
E quali buone azioni deve fare la neonata formazione tesaurizzante per ottemperare alle leggi del profitto?
Continuerà a spendersi indistintamente per tutelare il territorio nazionale e andare anche all’estero qualora l’emergenza causata dalle calamità lo richiede?
Se sì!, allora perché non trasformare anche i Vigili del Fuoco, la Guardia di Finanza, i Carabinieri…

Qualcuno asserisce che la trasformazione serve a velocizzare le emergenze. Sarà, ma qualche dubbio sorge...

lunedì 11 gennaio 2010

Rosarno non è sinonimo di 'ndrangheta!


Rosarno non è sinonimo di ‘ndrangheta!

La Calabria, l’Italia non ospita solo faccendieri e avventurieri! In questi luoghi, osteggiati dalla nefanda notizia che lega ogni azione umana al malaffare mafioso vivono Uomini Nobili che offrono sostegno disinteressato ai propri simili in stato di bisogno. Ma è anche luogo di brutture nate e scaturite dalla sottocultura affaristica né più né meno come in ogni qualsiasi parte del mondo, che, a secondo dei luoghi geografici in cui è attiva, è definita mafia, ‘ndrangheta, sacra corona unita, camorra; la corruzione e l’avidità contagia anche uomini insospettabili, colletti bianchi, prelati, politici. Purtroppo non esiste un vaccino da iniettare; la bonifica deve nascere da dentro: intelligenza, cultura e volontà positive possono debellare i mali e le devianze.

Il Bel Paese è un crocevia di popoli in cui da sempre approda gente di ogni etnia carica di credo religiosi, usanze e lingue differenti. Gente buona e cattiva; arriva, si nutre, collabora, si arricchisce e arricchisce quanti incontra.

La differenza culturale, quando partorisce idee e azioni assurde; azioni violente che non vorremmo mai vedere; gesti e comportamenti lontani anni luce dalla proverbiale ospitalità dei Calabresi, Turchi, Magrebini, Ebrei, Musulmani, Indù, e ancor prima Greci, Spagnoli che hanno visitato, vissuto, arricchito, la terra Brutia e con i quali, il sangue dei Calabresi si è unito in usi e costumi mediterranei, quando la diversità culturale genera mostri è necessario il dialogo chiarificatore per abbattere le barriere ignoranti e xenofobe, urlati con rabbia in piazza dalla manovalanza del malaffare.
.
Calabresi, Italiani e Cittadini del Mondo di buona volontà, lavorano uniti affinché tutto questo non si ripeta mai più!


domenica 10 gennaio 2010

mediaset , fiat, azienda e stato


Le leggi del profitto privato continuano a fare vittime nella società italiana e questa volta tocca ai dipendenti “mediaset”.

 Infatti, la società del biscione “cede” il reparto sartoria e trucco ad una sconosciuta cordata di privati.

La scelta della direzione di mediaset segue rigidamente la teoria del profitto aziendale che sancisce il taglio dei rami secchi o improduttivi. Analoga scelta è operata da diversi anni dalle maggiori aziende italiane e straniere che chiudono fabbriche storiche cresciute grazie alla professionalità dei dipendenti e agli aiuti statali.

La voracità del mercato è immune da romantiche storie fatte di tradizioni e affetti; non si lascia commuovere dai bisogni della comunità ma, attenta ai flussi di domanda e offerta pilota le ricchezze laddove riesce a produrne di più. La classe dirigente non si accontenta di un guadagno equo e solidale; insegue il maggior profitto a basso costo, incurante delle innumerevoli vittime che ciò produce.

La classe dirigente politica attuale ha pensato di adottare lo stesso parametro gestionale anche per la cosa pubblica: lo Stato! Dimenticando che lo Stato non deve rincorrere profitti aziendali ma gestire al meglio le esigenze dei cittadini. Di tutti i cittadini! Immigrati compresi, come previsto e sancito dalla Costituzione.

sabato 9 gennaio 2010

Angiolina Oliveti, le rose nel cestino



Tutti i giorni, alla stessa ora, giunge un mazzo di rose alla protagonista del racconto che, metodicamente, distrugge.

Angiolina Oliveti traccia un percorso semplice la cui narrazione cosparsa di realismo poetico, spolvera di patos comuni esperienze umane: malattia e passione trasformate in dramma esistenziale sviluppano una storia composta di semplici eventi.
Amori che segnano la vita. Amori dissolti; amori che potrebbero nascere… nella breve e accattivante narrazione, la suspense accompagna il lettore fino all’ultima riga e, quando sembra di aver individuato il colpevole, ecco il colpo di scena descritto in poche battute.
Le rose nel cestino è una piccola perla; un racconto piacevolmente enigmatico che tinge di giallo personaggi e società calabresi.

Mario Iannino

venerdì 8 gennaio 2010

migranti



Diritto alla vita

Frammenti di relitti sulla battigia
Vecchi bambini giocano davanti catapecchie di carta
E mentre la carretta affonda
il caporale indica.

Imbonitori,
ciarlatani prezzolati urlano!
Osannano, inveiscono, promettono e negano.
Offrono sogni a gente stanca, affamata, defraudata.
Gente dignitosa,
gente come noi,
come i nostri padri,
costretti dalla miseria
in viaggi della speranza.

Racchiuse nei vademecum
mercenarie
Pagine in/utili
Testimoniano egoismo benessere e arroganza.

(Mario Iannino)


giovedì 7 gennaio 2010

Angiolina Oliveti, cenni biografici

Angiolina Oliveti è nata a Firenze, da madre fiorentina e da padre calabrese di Riccabernabrda, un piccolo centro del Marchesato di Crotone. a Firenze compie gran parte dei suoi studi. Esperta nella divulgazione agricola, si è occupata di problemi dello sviluppo rurale come dirigente della Regione Calabria. Docente nei corsi di formazione in materie attinenti il turismo alternativo e lo sviluppo locale.
Al suo attivo ha diverse pubblicazioni:
agriturismo in Calabria per riconoscere un’identità;1986
formas menti; 1993
viaggi in treno;1999
l’orto di Ignazio;2001
con la testa all’indietro; 2003
roccafuscalda e il tempo della meridiana;2005
cent’anni nel borgo senza tempo; 2006
segreti e utopie; 2006
storie così; 2007;
le rose nel cestino; 2008, opera salutata da lusinghieri riconoscimente di pubblico e critica.
Collabora con “Quaderni Calabresi” di Qualecultura.

la mosca, lavoro letterario di Angiolina Oliveti




La mosca, in libreria l’ultimo lavoro letterario di Angiolina Oliveti

Parola dopo parola, ho fatto mie le pagine create dalla fantastica vivacità narrante di Angiolina Oliveti. Il racconto potrebbe essere una normalissima storia di vita quotidiana, vissuta da chiunque. Il suo vestito calza a pennello a ognuno di noi e si adatta alle situazioni contemporanee, alle problematiche dei giovani lasciati soli, ai ricordi, all’amore per la propria terra, la compagna di liceo. Una trama sapiente ben imbastita dall’osservazione indagatrice vissuta attraverso gli occhi dell’amico d’infanzia, compagno di giochi e di vita preoccupato dagli atteggiamenti strani e allertato ulteriormente dalla caduta in mare che mette in pericolo la vita dell’amico attorno al quale si sviluppa la storia; l’una asseconda l’altra in una continua indagine sociale. Il realismo poeticamente graffiante visualizza appieno il quadro esistenziale di microcosmi ancorati alla magia dei luoghi d’origine; modelli di vita antropologicamente immutati in quanto a sentimenti, ipocrisie e insoddisfazioni ma che rappresentano, oltre gli aspetti fondamentali della società calabrese, anche quella italiana.

(Mario Iannino)

mercoledì 6 gennaio 2010

trans, si dice o non si dice?



Si dice o non si dice?

Da qualche tempo sentiamo e leggiamo enormi strafalcioni adoperati con estrema disinvoltura dai giornalisti. In video, il direttore, per una maggiore chiarezza verbale, è trasformato in “la direttore”; mentre, indistintamente, giornalisti della carta stampata e videoti traducono al femminile il termine trans. Ora, l’origine indeuropea di trans ha un significato preciso che indica un passaggio al di là, da una condizione all’altra: attraversamento, mutamento. Quindi da uomo a donna o viceversa. Detto ciò, sarebbe corretto adoperare l’uso dell’articolo maschile ma essendo, le regole, determinate dall’uomo, le sancisce chi per prima le espone nella dizione comune.
Sarò tradizionalista, anche retrò per “creativi dell’ultima ora”, ma preferisco dire il transatlantico, il direttore, il ministro … insomma a ognuno il suo secondo le regole lessicali della grammatica italiana.
p.s. il rispetto delle persone non è direttamente proporzionale alla forma lessicale usata ma alla cultura degli uomini nell’accezione ampia del termine (fino a qualche tempo fa la parolina “uomini” non si riferiva a un solo sesso ma a entrambe le nature, in seguito, per una sorta di masturbazione mentale ideologica e giuridica si è dovuto esplicitare aggiungendo la parolina “donne”).


martedì 5 gennaio 2010

ho conosciuto la bellezza


Ho conosciuto!

Ho conosciuto l’ingenuità negli occhi dei bambini
Ho conosciuto la solidarietà nel gesto dei bambini
Ho conosciuto l’amore incondizionato dei bambini
Ho conosciuto la creatività giocosa dei bambini
Ho conosciuto il mondo spontaneo dei bambini

E sono rimasto ispirato

:-)

lunedì 4 gennaio 2010

il lupo cambia il pelo... i giornalisti faziosi perseverano



Nonostante i ripetuti e accorati inviti, fatti da sagge personalità italiane, ribaditi dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano anche nel discorso di fine anno, appelli, mirati a ricondurre gli animi sul terreno della moderazione e collaborazione, ancora assistiamo a linciaggi mediatici di personaggi politici noti e meno noti.

I giornali, redatti da persone faziose, attaccano gli uomini o i partiti politici dello schieramento avverso; per annientare l’avversario, i giornalisti scavano nel vissuto e persino nelle intenzioni dell’odiato nemico.
Eventuali errori che, in altre circostanze, il buon senso attribuirebbe all’inesperienza o all’ingenuità, sono enfatizzati e strumentalizzati a suffragio della tesi in esame.

Successo e fallimento diventano propulsori o inibitori di esibizioni popolari a prescindere dal mezzo usato dallo scaltro per arrivare al successo o dagli ostacoli sapientemente frapposti dal nemico per evitare di essere smascherato e perdere potere.

Nonostante i buoni propositi di fine anno, il lupo ha cambiato il pelo ma non il vizio. E mentre una Nazione intera aspetta segnali di distensione sociale, ripresa economica e ripristino dello stato di diritto finora offuscato, ancora qualche gruppetto gioca allo sfascio. È bene che questi signori sappiano che mettere alla gogna qualcuno è un atto abominevole che fa vomitare le persone moralmente sane e, considerato il modo di gestire la cosa pubblica, mai più daranno loro fiducia.

domenica 3 gennaio 2010

linguaggio e forma: la potenza delle parole



Linguaggio e forma: la potenza delle parole.

Se dico: sono deluso e mortificato dal tuo modo mistificatorio di riportare la realtà dei fatti; non esterno appieno il mio stato d’animo, perché la formula linguistica adoperata esprime sì un dissenso, ma non enfatizza il reale stato d’animo provocato dalla mistificazione.

E allora, se l’imbroglione è un dissimulatore dotato di teatralità istrionica, riesce a sovvertire le verità nelle menti dubbiose e portarle dalla sua parte.

Se, invece esplodo in un accorato: basta! Sono stufo di sentire le tue cazzate! E lo rafforzo con una serie di fatti documentati; il castello mistificatorio crolla!

A questo punto, le controversie sociali, politiche, aziendali, e persino condominiali, non vertono su un mare di bugie ma su dati di fatti concreti.


sabato 2 gennaio 2010

tempo, materia, spirito



Sovrastrutture e verità

Se non fosse perché eliminiamo l’ultimo foglio del calendario, se non fosse perché la luce del giorno si alterna al buio della notte, se non fosse perché i capelli imbiancano, se non fosse perché il corpo decade non ci accorgeremmo del tempo che passa.

Non festeggeremmo i compleanni, gli onomastici, le ricorrenze liturgiche e laiche.
Vivremmo un eterno presente!

Ma, il trascorrere del tempo è una condizione ineluttabile che prescinde dai voleri mentali umani, dalle bugie individuali e sociali cucite addosso dalla chirurgia estetica o semplicemente da uno stato psichico volutamente illusorio.

L’esorcismo estetico non è in grado d’ingannare il Grande Vecchio; Lui, continua diligentemente ad espletare il paziente lavoro: modifica cellule vitali, indebolisce le immunità corporee … Il Tempo livella modifica cancella ripristina le incongruenze costruite dalla stoltezza umana.

Unico elemento cui il Tempo si arrende e nulla può: l’amore. L’amore non ha età. L’amore non segue le mode.

L’amore universale alimenta il tempo e le coscienze. L’amore è la forza vitale che alimenta ogni cosa.

L’amore è!


sbirciando qua e là

sbirciando qua e là
notizie e curiosità
non vendiamo pubblicità. Divulghiamo BELLEZZA ...appunti di viaggio...at 12 o'clock post in progress
AMBIENTE CULTURA TERRITORIO EVENTI e elogio della BELLEZZA ...appunti di viaggio... at 12 o'clock post in progress
non vendiamo pubblicità. Divulghiamo BELLEZZA ...appunti di viaggio...at 12 o'clock post in progress
non vendiamo pubblicità. Divulghiamo BELLEZZA ...appunti di viaggio...at 12 o'clock post in progress

Post suggerito

Le seduzioni dell'arte

Mario Iannino, 2007, a scuola di seduzione C'è un universo abitato da più categorie di persone che lascia spazi a gestualità inusu...

a ore 12 ... ...at 12 o'clock ... post in progress, analisi e opinioni a confronto
a ore 12 ... ...at 12 o'clock ... post in progress ... analisi e opinioni a confronto
a ore 12 ... ...at 12 o'clock ... post in progress, analisi e opinioni a confronto

Sulle tracce di Cassiodoro

Sulle tracce di Cassiodoro
Flussi e riflussi storici

SPAZIO ALLA CREATIVITA'

SPAZIO ALLA CREATIVITA'
La creatività è femmina

un pizzico di ... Sapore

Un pizzico di ---- cultura --- folklore --- storia --- a spasso tra i paesi della Calabria e non solo. ---Incontri a ore 12 Notizie & ...Eventi ...at 12 o'clock... Opinioni ... works in progress, analisi e opinioni a confronto
Itinerari gastronomici e cucina mediterranea

Cucina Calabrese

Cucina Calabrese
... di necessità virtù
a ore 12 ... ...at 12 o'clock ... post in progress, analisi e opinioni a confronto

post in progress

a ore 12 ...accade davanti ai nostri occhi e ne parliamo...at 12 o'clock post in progress
e-mail: arteesocieta@gmail.com
...OPINIONI A CONFRONTO ...

...OPINIONI A CONFRONTO ...

POST IN PROGRESS

Dai monti al mare in 15' tra natura e archeologia

A spasso tra i luoghi più belli e suggestivi della Calabria

Da un capo all'altro

Da un capo all'altro
Tra storia, miti e leggende

UN PONTE

UN PONTE
SULLA IR/REALTA'

Per raggiungere le tue mete consulta la mappa

ALLA SCOPERTA DELLA CALABRIA

ALLA SCOPERTA DELLA CALABRIA
PERCORSI SUGGERITI

Translate