Un po' di opportunismo?

 

Opportunismo: il cancro elegante della nostra epoca. 

Cronaca di una virtù travestita:

 Prologo: il sorriso dell’opportunista .

L’opportunista non ha bisogno di rubare. Gli basta aspettare che tu abbassi la guardia. Non ha bisogno di mentire: gli basta dire la verità che gli conviene. È elegante, educato, spesso brillante. Ma sotto la superficie, cova una fame che non ha volto. E noi? Lo applaudiamo. Lo promuoviamo. Lo imitiamo. Perché in fondo, siamo tutti un po’ opportunisti. E questo è il problema.

Etica: il tradimento silenzioso dell’opportunista. 

L’opportunismo non uccide con la spada, ma con il compromesso. 

È il collega che ti sorride mentre ti scavalca. Il politico che cambia bandiera appena cambia il vento. Il partner che resta finché conviene. 

La morale diventa flessibile nella scuola di pensiero (cattivo) dell’opportunista: i principi si piegano, si adattano, si dissolvono.  La coerenza è un lusso: chi resta fedele ai propri valori viene bollato come rigido, idealista, perdente.  La dignità è negoziabile: tutto ha un prezzo, anche l’integrità.

L’opportunismo non è solo una scelta: è una rinuncia. Alla verità, alla lealtà, alla possibilità di essere migliori.

La società e il sistema che lo nutre .

Viviamo in una civiltà che ha fatto dell’opportunismo una religione non dichiarata. 

Il successo è il nuovo dio, e il mezzo non interessa più a nessuno.

La meritocrazia è truccata: chi vince non è il più bravo, ma il più abile a sfruttare le crepe del sistema. 

La competizione è una guerra fredda: sorrisi di circostanza, strette di mano che sanno di veleno. 

Il cinismo è la nuova normalità: chi crede ancora nell’etica viene guardato con tenerezza, come si guarda un animale in via d’estinzione.

E così l’opportunismo si diffonde. Invisibile, ma letale. Come un virus che non fa rumore, ma cambia il DNA della società.

Per la Psicologia è la ferita che si traveste da furbizia  Ma l’opportunista non nasce cattivo. Spesso nasce ferito.  Dietro la maschera del calcolatore, c’è un bambino che ha imparato che il mondo non premia la bontà, ma la strategia. Quindi:

Paura di perdere e chi ha conosciuto la mancanza, impara a prendere prima che gli venga tolto. 

Bisogno di controllo: manipolare gli altri è un modo per non sentirsi vulnerabili. 

Adattamento tossico: in ambienti ostili, l’opportunismo diventa una corazza, una forma di sopravvivenza.

 

Non è sempre malvagità. A volte è disperazione travestita da intelligenza.

La scelta che ci resta? 

L’opportunismo è ovunque. Nei corridoi del potere, nei social, nei rapporti quotidiani. Ma non è inevitabile. 

Possiamo scegliere di essere coerenti anche quando conviene essere ambigui. 

Possiamo scegliere di essere leali anche quando il tradimento è più facile. 

Possiamo scegliere di essere umani, anche quando il mondo ci invita a essere predatori.

La domanda non è se l’opportunismo esista. 

La domanda è: vogliamo continuare a chiamarlo virtù?

 

 

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