La gradita risposta di Vittorio Politano

 La Parola al Servizio della Verità

Riflessione di Prof. Vittorio Politano


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Ci sono incontri che tornano nel tempo come epifanie silenziose. Riappaiono con la grazia degli eventi necessari, come certi segni che, pur restando celati, continuano a palpitare nell’anima del tempo. Così è stato il mio ritrovare Mario Iannino, dopo anni di silenzi solo apparenti, colmi in realtà di traiettorie parallele, di gesti seminati nel sociale, nell’arte, nella parola.

Il nostro incontro è riaffiorato in occasione della sua mostra "Linguaggi mutevoli", allestita nel 2024 presso la Galleria “Arte Spazio” di Luigi Verrino. Ma ha preso forma, attraverso la sua generosa dedica riservatami oggi sul blog A ore 12, spazio vivo e indipendente, da anni attento alla narrazione di una Calabria ProPositiva, capace di resistere con pensiero, cultura e coscienza. Le parole che Mario mi ha rivolto nell’articolo – parole sincere, profonde, commosse – le accolgo con gratitudine vera. Non soltanto per il tratto personale che vi traspare, ma perché restituiscono senso a un dialogo mai interrotto tra due visioni che, seppur diverse, si riconoscono nella medesima urgenza di dire e costruire verità.

La mostra di Iannino non è stata un semplice ritorno alla scena pubblica. È stata un atto di restituzione. Come se le sue opere, rimaste a lungo in ascolto silenzioso, avessero atteso il momento giusto per farsi vedere, per prendere parola. Quelle tele, quei materiali raccolti dalla città e dalla sua materia esausta, non gridano, ma interrogano. Sono forme nate dall’urgenza, non dalla decorazione. Portano in sé il peso e la grazia di una resistenza poetica che attraversa i margini, gli scarti, le lacerazioni del nostro vivere contemporaneo.

Mario Iannino lavora sull’accumulo, sulla trasformazione, sull’invisibile. La sua arte è un atto di rigenerazione: a partire dai linguaggi urbani dismessi, egli costruisce nuove liturgie laiche, narrazioni di redenzione civile. C’è, nel suo gesto, una tensione spirituale che si incarna nella materia, che fa del consumo veloce un racconto lento, meditato, quasi orante. Ogni frammento, ogni superficie, è un’istanza di senso, una traccia che reclama visibilità, una preghiera non religiosa ma profondamente etica.

Ecco perché la sua arte non è mai servile. Non cerca approvazione, non insegue mode. Piuttosto, si offre come strumento, come servizio, come dono. “L’arte deve servire, non essere servita”, afferma Iannino. E in questa visione, lucida e coraggiosa, ritrovo la radice profonda di un pensiero che mi è caro: quello che fa della Parola non un ornamento, ma un impegno. Una chiamata. Una promessa.

In un’epoca in cui la parola spesso si consuma nella retorica o nell’indifferenza, Iannino ci ricorda che esiste ancora un linguaggio possibile capace di testimoniare. Un linguaggio che non consola soltanto, ma scuote. Che non si limita a descrivere, ma si assume la responsabilità di indicare. E in questo senso, Mario rimane un militante: non dei proclami, ma della fedeltà. Alla bellezza, alla giustizia, alla comunità.

Quando Pino Pingitore – amico indimenticabile, artefice silenzioso di connessioni profonde – mi suggerì di affiancare Mario in questa nuova avventura espositiva, ho riconosciuto in quell’invito il segno di un cammino condiviso, che meritava di essere rinnovato. Così, quel ritrovarsi è diventato subito gesto naturale, liturgia laica e civile. Una chiamata a servizio. Ed eccomi qui, non solo come direttore emerito di un’istituzione accademica, non solo come artista o diacono, ma come uomo che crede ancora nella potenza dei legami autentici e nella responsabilità del linguaggio.

Quella mostra non è stato un esercizio di nostalgia, ma un’invocazione al presente. È un seminare visioni e parole che ci chiedono di abitare il mondo con più coscienza. È, in fondo, ciò che ho sempre creduto essere la vera funzione dell’arte: dare forma alla verità, restituirla al corpo sociale, farne nutrimento.

E se oggi possiamo celebrare qualcosa, è proprio questo: una parola che si fa pane. Una bellezza che non seduce, ma consola e interroga. Una verità che non si impone, ma si offre.

Grazie, Mario, per aver dato voce – con affetto, con coraggio – a una parte del mio cammino.

Grazie per continuare a creare opere che non chiedono di essere solo guardate, ma comprese.

E grazie per il tuo blog, A ore 12, che è spazio di pensiero, di visione e di lotta gentile.

La parola serve la verità solo quando nasce dall’amore.

Ed è questo, oggi, che celebriamo insieme.

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Prof. Vittorio Politano

Direttore Emerito dell’Accademia di Belle Arti di Catanzaro

Diacono Permanente della Chiesa Cattolica

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