Il regalo

 


Il Regalo della Befana

C’era una volta un bambino che non ricordava il volto di suo padre. Solo qualche scintilla nella memoria: una chitarra che cantava davanti al fuoco, due ginocchia forti che lo sollevavano come se volasse, e una sera che sembrava non finire mai.

 

Poi, come accade nelle fiabe più tristi, il padre scomparve. Non per magia, ma per destino. Il bambino aveva solo tre anni, e da quel giorno la sua immagine si dissolse come nebbia al sole.

 L’anno seguente, il piccolo entrò in un elenco speciale: quello degli “orfani, figli di caduti sul lavoro”. Era un elenco lungo, pieno di nomi e di silenzi. Ma anche lì, tra le righe, la Befana non si dimenticava di passare.

 Così, in un freddo mattino d’inverno, la mamma del bambino lo prese per mano e lo portò in città. Varcarono un portone antico, salirono una scala che scricchiolava sotto i passi, e arrivarono in una stanza piena di luce.

 Ad accoglierli c’era una donna dal sorriso grande come una finestra aperta: 

— Oh, ma che bel bambino! Vieni, vieni a vedere!

 Il salone era un regno incantato: giocattoli ovunque, come frutti appesi agli alberi. 

— Sei il primo — disse la donna — puoi scegliere quello che vuoi.

 Il bambino non esitò. I suoi occhi si posarono su una piccola batteria rossa, lucente come una mela di Natale. Si sedette sullo sgabello, che sembrava fatto apposta per lui, e iniziò a suonare. Bum, bum, bum! Il suono riempiva la stanza come una festa.

 Ma le fiabe hanno sempre un imprevisto. 

Il pedale della cassa, sotto i colpi entusiasti, cedette con un tonfo. Il bambino si fermò, si alzò con grazia, e si voltò verso un altro giocattolo. 

— L’ho rotta — pensò. — Peccato, mi sarebbe piaciuto portarla a casa.

 Scelse qualcos’altro, senza sapere che altre batterie, identiche, dormivano negli scatoloni, pronte per essere svegliate.

La mamma, intanto, tirò un sospiro di sollievo. 

— Meno male — disse all’assistente sociale — Avevo la testa che stava per scoppiare.

 E il bambino, ignaro di tutto, continuò a esplorare quel mondo di colori e promesse. 

In fondo, in quel giorno d’inverno, aveva ricevuto molto più di un giocattolo: 

aveva trovato un suono, un gesto, un piccolo frammento di magia.

 

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