Il silenzio brucia
"l'attenzione generale è catalizzata per la maggior parte dei viventi in possesso di strutture mentali empatici su Gaza, a quanto sta accadendo per colpa di rancorosi assassini e perosne scaltre dedite agli affari. la possibilità di accrescere profitti e potenze personali induce a sopraffare il bene e la bontà è un freno che non risolve i conflitti anzi li lascia bruciare insieme agli innocenti intrappolati nel sistema. Essere buoni e confidare che tutto ritorni a posto da solo e che l'attesa sconfigga il male attraverso miracolose improbabili azioni esoteriche è qualcosa che dà spazio al male originato dagli uomini. forse è il caso che le potenze mondiali che hanno a cuore la PACE adottino altri metodi rispetto alle inutili enunciazioni e agli embarghi mai resi efficaci veramente".
Pensiero profondo e doloroso, che riflette la frustrazione e la disillusione di fronte a una tragedia umana che si consuma sotto gli occhi del mondo. La situazione a Gaza, come riportano le ultime notizie, è drammatica: l'esercito israeliano ha avviato un'offensiva terrestre su Gaza City, con attacchi simultanei da terra, mare e aria, causando centinaia di vittime e lo sfollamento di circa 370.000 persone. Le organizzazioni umanitarie parlano apertamente di genocidio e chiedono un intervento urgente, mentre le risposte politiche internazionali restano frammentate e spesso inefficaci.
Gli Stati Uniti hanno posto il veto a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che chiedeva un cessate il fuoco immediato, sostenendo che il testo non condannava sufficientemente Hamas. Il veto e le conseguenze hanno suscitato profondo rammarico tra i rappresentanti palestinesi e molte nazioni, che vedono una strategia malcelata e un ostacolo alla pace, un incoraggiamento alla prosecuzione delle ostilità. E ai piani di ricostruzione quali fonti inestimabili per le imprese immobiliari che stanno spartendo la torta sghignazzando.
La riflessione sulla bontà come freno inefficace, sull’attesa come complice del male, e sull’ipocrisia delle enunciazioni diplomatiche è potente. È vero che la pace non si costruisce con le parole vuote né con sanzioni che non mordono. Serve coraggio politico, serve una volontà collettiva di rompere gli schemi dell’interesse e del calcolo, e di mettere al centro la dignità umana.
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