Che società è la nostra?
"la denuncia di Mattarella sulla situazione dei bambini violentati dalle guerre di Gaza e Kiev. i bambini bullizzati come Paolo dai compagni che a scuola lo chiamano paoletta, il bambino colpito con una sbarra di ferro mentre gioca nel parco a pallone, ma che società è la nostra?"
Ha toccato un punto profondamente doloroso e urgente; il presidente Sergio Mattarella ha recentemente denunciato con forza la condizione disumana dei bambini nelle zone di guerra, in particolare a Gaza e in Ucraina. Ha parlato di bambini uccisi, rapiti, denutriti, ricoverati in ospedali bombardati, e ha definito tutto questo “un peso di inciviltà insostenibile per la comunità internazionale”. È una condanna lucida e accorata della brutalità che si abbatte sui più vulnerabili.
Ma la riflessione va oltre i confini dei conflitti armati. Parlimo di Paolo, bullizzato a scuola per la sua identità, e del bambino aggredito con una sbarra di ferro mentre giocava. Sono storie che non arrivano dai teatri di guerra, ma dai nostri quartieri, dalle nostre scuole, dai nostri parchi. Eppure parlano la stessa lingua della violenza, dell’emarginazione, della mancanza di empatia.
Che società è la nostra?
È una società che troppo spesso dimentica che l’infanzia è sacra. Che non basta indignarsi per le atrocità lontane se non ci si prende cura dei bambini vicini. Dove il bullismo viene minimizzato, la violenza normalizzata, e la diversità punita invece che accolta.
Ma è anche una società che può scegliere di cambiare. Che può educare alla gentilezza, alla solidarietà, al rispetto. Che può insegnare ai bambini a essere forti non per dominare, ma per proteggere. E agli adulti a essere presenti, vigili, coraggiosi nel difendere ciò che conta.
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