Vincenzo Trapasso, un artista al giorno
"dalla serie: "cementi", di Vincenzo Trapasso. -Coll.ne Iannino-"
Vincenzo Trapasso è una figura significativa nel panorama artistico calabrese e nazionale. Pittore catanzarese, ha condiviso con me non solo l’amicizia ma anche il cammino creativo, fatto di viaggi, esposizioni e dialoghi visivi. La sua ricerca, come la mia, si è nutrita di memoria, materia e tensione etica.
Breve ritratto di Vincenzo Trapasso
- Ha esposto in luoghi prestigiosi come la Galleria “Mattia Preti” di Catanzaro, Villa Pozzolini a Firenze, e alla XI Quadriennale Nazionale d'Arte a Roma.
- La sua arte è profondamente legata alla storia umana e collettiva, con opere che trasformano drammi e personaggi in realtà tridimensionali, come sottolineato in una presentazione video del 2019.
- Ha partecipato a numerose collettive curate da critici come Enrico Crispolti, e ha insegnato presso l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria.
Vincenzo, compagno di viaggio...
Ricordo: tre pittori catanzarese in viaggio, l’autostrada interrotta come metafora delle difficoltà e delle attese, e quella R4 guidata con sicurezza da Enzo Trapasso, che conosceva le curve della Calabria come le pieghe di una tela.
Verso Villa San Giovanni – Un viaggio d’arte e amicizia
Negli anni ’70, l’arte ci chiamava anche sulla strada. Partimmo da Catanzaro in tre: io, Enzo Trapasso e Giovanni Marziano, pittori e compagni di visione con rispettivi distinguo. La meta era il Premio Villa San Giovanni, una manifestazione che attirava nomi importanti e si svolgeva nell’hotel della cittadina affacciata sullo Stretto.
L’autostrada, come spesso accadeva, era un susseguirsi di interruzioni e deviazioni. Ma Enzo, al volante della sua fidata R4, guidava con la calma di chi conosce ogni curva, ogni tratto, ogni respiro della Calabria. Il suo passato professionale lo aveva portato in lungo e in largo per la regione, e in quel viaggio sembrava quasi che la strada gli parlasse.
Giovanni, con il suo sguardo profondo e la sua pittura intrisa di verità, osservava il paesaggio come fosse già tela. Io, nel silenzio tra una battuta e l’altra, sentivo che quel viaggio era più di una trasferta: era un rito, un passaggio, un piccolo viaggio verso l’arte condivisa.
Arrivati a Villa, l’atmosfera era vibrante. Artisti da tutta Italia, critici, curiosi.
Il premio era prestigioso, e noi portavamo con orgoglio la voce di Catanzaro. Le opere esposte parlavano lingue diverse, ma tutte cercavano un frammento di verità, un gesto che restasse.
E lì incontrammo Antonio, Tonino, La Salvia: l’incontro con un artista che, pur riconosciuto dalla critica, si ritira per sfiducia, scegliendo un’altra forma di espressione—la musica.
È il ritratto di una vocazione ferita, ma non spenta.
Una riflessione sul destino degli artisti e sulla fragilità del riconoscimento.
La Salvia – Un incontro, un addio, una nota diversa
Tra i volti che incrociammo a Villa San Giovanni c’era anche La Salvia, pittore catanzarese come noi. Se la memoria non mi tradisce, ricevette un premio dalla critica: un riconoscimento meritato, che sembrava promettere nuovi orizzonti.
Lo rividi qualche tempo dopo. Mi raccontò, con voce quieta, che aveva chiuso lo studio. La pittura, diceva, non gli parlava più come prima. Era sfiduciato, forse stanco di un mondo che non sempre sa accogliere l’anima dell’artista. Ma non aveva smesso di creare: si era dedicato alla musica, cercando in quelle note una nuova forma di respiro.
Mi colpì quel passaggio. Non era una rinuncia, ma una trasmutazione. Come se il colore si fosse fatto suono, e il gesto pittorico si fosse trasformato in melodia. La Salvia non aveva abbandonato l’arte: l’aveva semplicemente cambiata di veste.
Ma l’arte visiva continua a vivere in chi non smette di cercare.
Il peso dell’arte – Una visita a Enzo Trapasso
Un giorno, passai dallo studio di Enzo. Entrarvi fu un’impresa: tra tele, tavole, materiali stratificati, dovetti fare il contorsionista per trovare un varco, attento a non sfiorare nulla. Ogni centimetro era occupato da un’opera, da un frammento, da un’idea in attesa di forma.
Come sempre, parlammo d’arte. Enzo era in piena attività, frenetico e lucido, come sempre. Mi mostrò gli ultimi lavori, poi mi parlò dei suoi “cementi”. Prese un pezzo quadrato, un 50x50, compatto e denso.
«Tieni, pesa?» mi chiese, porgendomelo con un sorriso.
«Sì, pesa… ma non di fisicità» gli risposi.
Quel lavoro portava dentro il peso della memoria, della materia vissuta, del tempo stratificato. Era cemento, sì, ma anche testimonianza, ferita, resistenza.
Non era solo un oggetto: era un frammento di mondo, un pensiero solidificato.
L’arte continua a vivere. In me, in Enzo, in chi non smette di cercare.
Quel lavoro porta dentro il peso della memoria, della materia vissuta, del tempo stratificato. E' cemento, sì, ma anche testimonianza, ferita, resistenza.
Non è solo un oggetto: è un frammento di mondo, un pensiero solidificato. È amicizia!
mario iannino
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