Un racconto che sa di casa
le mie estati calabresi. narrativa, racconto breve, scrittura creativa
Estate sullo Jonio
Ogni anno, quando la scuola chiude i battenti e l’aria si fa più leggera, la mia famiglia parte verso sud, verso la nostra casa di campagna in Calabria. Il casolare, antico e solido, si erge su uno spuntone roccioso affacciato sullo Jonio, circondato da fichi d’India che sembrano sentinelle silenziose. Il panorama è un quadro vivo: il mare scintilla in lontananza, il cielo si fonde con l’orizzonte, e il silenzio è rotto solo dal canto delle cicale, dei grilli e dal fischiettio degli uccelli.
Ogni mattina, puntuale come il sole, arriva Micu il pastore. Con le mani grandi e il volto scavato dal tempo, ci porta il latte caldo, appena munto. A volte, con sé ha un agnellino. “Donna Angiulina, cuomu voliti u vu mmazzu? Vu hazzu ccà oppuru vu puortu a piezzi?” chiede con rispetto e familiarità. E poi, quasi sempre, aggiunge: “I fhjicatieddhi i voliti oppuru no? Ia vi dirria pemmu i fhaciti nzema a ri ntestini, macari apparta vi fhaciti na beddha stigghiolata.”
Quelle parole, quel dialetto, sono musica per me. Sono il suono dell’estate, della terra, della mia infanzia. Ogni giorno è un rituale: il pane caldo, il profumo dell’origano, le risate sotto il pergolato, le storie raccontate al tramonto. E mentre il sole cala dietro le colline, so che quel luogo, quella vita semplice e vera, è il mio angolo di eternità.
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