Catanzaro, beneficenza è ...
La Carità in Vetrina: Quando la Solidarietà Ha Bisogno del Flash
Catanzaro, notte tra il 10 e l'11 di settembre 2025.
Tavolate sontuose, chef stellati, sorrisi patinati e flash che scattano come se si celebrasse una première cinematografica. Ma non è Hollywood: è la “notte della solidarietà”. O almeno così viene venduta.
In un mondo dove l’umanitarismo sembra dover passare per il red carpet, ci si chiede: è ancora autentica la carità se ha bisogno di riflettori per esistere? La risposta, purtroppo, è più amara di un caffè servito freddo.
La morale si piega, il bisogno no
Come nel film Nessuno Mi Può Giudicare, dove Paola Cortellesi interpreta una donna costretta a reinventarsi per sopravvivere, anche nella realtà la necessità spinge a scelte che la morale comune non approverebbe. Ma mentre Alice si sporca le mani per salvare suo figlio, qui si apparecchiano tavole dorate per “salvare” i poveri, purché ci siano le telecamere.
La beneficenza, oggi, non si fa più in silenzio. Si fa in diretta. E se non c’è un influencer a documentarla, non vale. Il gesto solidale diventa contenuto, la sofferenza diventa scenografia.
La povertà come cornice, non come protagonista
A Catanzaro, la “tavolata dei più ambienti” ha fatto notizia. Ma chi erano i beneficiari? Dove sono le storie vere, le mani callose, gli occhi stanchi? Invisibili. Perché il racconto non è su chi riceve, ma su chi dona. E su come lo fa.
La carità, quella vera, non ha bisogno di flash. Ha bisogno di ascolto, di discrezione, di continuità. Ma queste non fanno audience. E allora si preferisce l’evento, il gesto eclatante, il piatto gourmet servito “per beneficenza”.
Il paradosso: per aiutare, bisogna apparire
Viviamo in un’epoca in cui anche la bontà deve essere brandizzata. Dove il gesto anonimo è considerato inutile, e quello pubblico è applaudito, anche se sterile. Eppure, la vera rivoluzione sarebbe tornare a fare senza mostrare. A dare senza vantarsi. A servire senza servire se stessi.
Perché se la solidarietà ha bisogno di essere spettacolarizzata per esistere, allora non è solidarietà. È marketing.
E tu, caro lettore, vuoi essere parte dello spettacolo o della soluzione?
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