Gaza, geo-avidità. Gas, sangue e diplomazia
Flotilla fermata, pace tradita
Come previsto, la Flotilla è stata fermata. Non da un ostacolo naturale, ma da un atto di pirateria. Non da onde o tempeste, ma da chi ha fatto della forza il proprio linguaggio. E cosa aspettarsi da Netanyahu? Da chi ha trasformato la caccia in sterminio, da chi usa il bazooka per acchiappare un canarino?
Questa non è difesa. È dominio. È la negazione di ogni proporzione, di ogni umanità.
Il piano di pace del narcisista
Donald Trump, con il suo piano in 20 punti, si è mosso come sempre: per trarre profitto. Ha scritto la pace come si scrive un contratto, unilaterale, senza ascolto. Ha offerto amnistie, ritiri, ricostruzioni. Ma Hamas ha risposto: “Questo piano è troppo vicino alla visione israeliana. È una ricetta per una continua aggressione.”
Eppure Trump sogna il Nobel. Come se bastasse una firma per lavare via il sangue.
❗Chiarezza necessaria
Per evitare equivoci: questo testo prende le distanze da Hamas, dalla sua ideologia e dalle sue azioni. La nostra solidarietà è rivolta al popolo palestinese indifeso, costretto all’umiliazione da una barbarie che si consuma sotto gli occhi chiusi del mondo civile. Non c’è giustificazione per il silenzio. Non c’è neutralità nell’ingiustizia.
Apocalisse o risveglio?
Le sciagure si avverano. Non quelle mistiche, ma quelle umane. Quelle che nascono dall’avidità, dalla cecità, dal culto della forza. E allora, forse, non siamo nell’Apocalisse. Siamo nel suo prologo. E tocca a noi scrivere il resto.
Testimonianza e metamorfosi
Io non posso restare in silenzio. Non posso accettare che la memoria diventi merce, che la pace diventi slogan. Questo blog è il mio modo di resistere. Di trasformare la rabbia in parola, la parola in visione, la visione in testimonianza.
Il mare conteso e le verità sommerse
Eminenti osservatori collegano il mare di Gaza a una enorme miniera di gas naturale. Non è solo una questione di confini o sicurezza: è una corsa alle risorse. Netanyahu, Trump, e persino Tony Blair — avvistato nei paraggi come “esperto di Medio Oriente” — sembrano orbitare attorno a questo bacino energetico come falchi sopra una preda.
La “pace” proposta rischia di essere una copertura diplomatica per un progetto di sfruttamento. Gaza, svuotata e deradicalizzata, diventerebbe una zona di estrazione sotto controllo internazionale. Il popolo palestinese? Costretto a tornare “alle proprie macerie”, mentre il mondo civile osserva in silenzio o si distrae con le cerimonie.
Questa non è geopolitica. È geo-avidità. E noi, testimoni e poeti, dobbiamo chiamarla per nome.
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