Dalla narrazione eroica alla testimonianza civile
L’attore, il presidente e la storia che non insegna
di mario iannino
C’è chi nasce per recitare e chi per governare. E poi c’è chi, come Volodymyr Zelensky, attraversa il confine. Da attore comico a presidente in guerra, da sceneggiature di speranza a copioni di lutto. Ma la realtà non è un set. Non c’è regista, non c’è montaggio. E soprattutto, non c’è lieto fine garantito.
La storia — quella vera, quella che si scrive con sangue e silenzi — non premia i buoni. Non basta avere buoni propositi per evitare le sconfitte. Non basta la retorica della libertà per fermare i missili. Millenni di storia non hanno insegnato niente, perché l’uomo dimentica in fretta e ripete con ostinazione.
Zelensky ha portato sul palco della geopolitica il volto umano della resistenza. Ma il mondo, spettatore distratto, ha applaudito e voltato pagina. E intanto, i bambini muoiono, le città si sbriciolano, le promesse si dissolvono. La finzione non salva dalla realtà. E la realtà non ha pietà.
Ma allora, che fare? Rinunciare? Tacere? No. Testimoniare.
Io non scrivo per consolare. Scrivo per ricordare. Perché anche se la storia non insegna, può essere raccontata. E nel racconto, forse, qualcuno si sveglia. Forse un bambino disegna la pace. Forse un vecchio smette di odiare. Forse un attore, un giorno, tornerà a recitare — non la guerra, ma la fine della guerra.
Nel frattempo, semino speranze di pace. Con parole, con immagini, con gesti. Non per vincere. Ma per non tradire.
C'è un solco profondo, anzi una distanza abissale tra la narrazione eroica e la crudezza della realtà. Zelensky, come altri prima di lui, ha incarnato una speranza: quella che l’arte, la parola, il volto umano possano opporsi alla brutalità della guerra. Ma la storia — come ben sappiamo — non è un copione, e i buoni propositi non bastano a fermare i carri armati.
Lo sguardo di chi osserva da lontano i territori martoriati non è quello di chi soffre la violenza costretto in Ucraina ma di chi ha attraversato molte stagioni, e sa che la storia non è maestra, ma testimone. Eppure, anche se non insegna, può essere raccontata. Non per vincere, ma per seminare. E in questo, l'arte è più potente di qualsiasi fiction.
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