Sanità in fuga: ecco perché i calabresi scappano
Esodo sanitario dalla Calabria: una mattina alla Dulbecco di Catanzaro
Ore 10:30. Mi accomodo in sala d’attesa del reparto di diabetologia dell’ospedale “Renato Dulbecco” di Catanzaro. In realtà, più che una sala, è un corridoio. Le sedie sono allineate lungo le pareti, occupate da pazienti di ogni età, alcuni accompagnati, altri soli. Sul lato opposto, due imbianchini tinteggiano il muro con cura. L’odore di pittura è sorprendentemente gradevole, quasi anestetico. Non rimane che attendere il proprio turno.
Una sola dottoressa in servizio. Una.
Per un’intera popolazione di pazienti affetti da diabete, una patologia cronica che richiede monitoraggio costante, attenzione, empatia. Eppure, eccoci qui: in fila, in silenzio, con santa pazienza. Ogni visita dura mediamente 20/30 minuti. Fate due conti. Il tempo scorre, ma le esigenze non si fermano.
Nel frattempo, per spezzare l’attesa, mi concedo un caffè al bar dell’ospedale e una ciambella per i bambini. Piccoli gesti per alleggerire il senso di vuoto nello stomaco, ma il pensiero resta: come può reggere un solo medico?
Una sanità sotto pressione
La realtà è questa: Sanità in fuga: ecco perché i calabresi scappano
È l’esodo sanitario. Un fenomeno che svuota le corsie e riempie le autostrade verso nord. Un fenomeno che costa, in termini economici e umani. E la Calabria ne è protagonista suo malgrado.
La dottoressa: gentilezza e passione in corsia
Finalmente, alle 13:45, è il mio turno. Entro nello studio. La dottoressa mi accoglie con un sorriso sincero, nonostante le ore di lavoro ininterrotto. Per rompere il ghiaccio, le chiedo: “Full immersion? Quando stacca?”
Mi guarda, sbircia l’orologio e risponde con tono pacato:
“Il pranzo è saltato. Resta la cena, se Dio vuole.”
Poi aggiunge:
“Sono sola. Una collega è in malattia, l’altra ha ottenuto il trasferimento e un’altra è in ferie…”
Conclude con un altro sorriso. Di quelli che non nascondono la stanchezza, ma la superano. Di quelli che raccontano una passione che resiste, nonostante tutto.
Serve un cambio di rotta
In quel momento, mentre la visita procede con professionalità e attenzione, penso: quanto pesa la dedizione quando non è sostenuta da un sistema che funziona?
Questa dottoressa non è un’eccezione. È il volto di una sanità che resiste, che si ostina a curare, che non si arrende. Ma non può farcela da sola.
Serve un cambio di rotta.
Serve personale, investimenti, ascolto.
Serve che la sanità calabrese non sia più un viaggio da evitare, ma una destinazione di fiducia.
Facciamo rumore!
Questa è solo una mattina alla Dulbecco di Catanzaro, ma potrebbe essere ovunque in Calabria. Dietro ogni visita c’è una storia, dietro ogni sorriso di un medico c’è una resistenza silenziosa. Non possiamo più voltare lo sguardo.
Parliamone. Condividiamo. Pretendiamo.
Se anche tu hai vissuto esperienze simili, raccontale. Se credi che la sanità pubblica meriti rispetto, fallo sapere. La voce di chi vive queste realtà ogni giorno è più potente di qualsiasi statistica.
La sanità non è un privilegio. È un diritto. E in Calabria, è tempo di difenderlo.
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