Festa dei Nonni, legami che resistono
“Vi voglio bene” alle 7:30
Avevo completamente rimosso la ricorrenza di oggi, 2 ottobre. D’altronde, con questa calata di consumismo, ogni giorno sembra un invito a muoversi per consumare. Le ricorrenze si moltiplicano, si sovrappongono, si svuotano. Ma ce n’è una che ancora mi ispira dolcezza e fiducia nel futuro: la Festa dei Nonni.
Me l’ha ricordata Cecilia, la mia nipotina, con un vocale alle 7:30 del mattino:
“Buongiorno nonno: auguri! Oggi è la festa dei nonni, vi voglio bene a te e nonna.”
Un messaggio breve, gratuito, che ha il potere di interrompere il flusso dell’indifferenza. Un gesto che non chiede nulla, ma dona tutto. E che mi ha spinto a riflettere su cosa abbiamo fatto — e cosa resta da fare — per migliorare i rapporti tra consanguinei e tra estranei.
Nei pro, abbiamo costruito, una maggiore consapevolezza relazionale; i rapporti familiari non sono più solo ruoli imposti, ma spazi di ascolto, cura, e reciprocità. La voce di Cecilia ne è prova: non è un dovere, è un dono. La famiglia non è più un modello unico. come sappiamo esistono famiglie ricomposte, omogenitoriali, affettive, scelte, le cosiddete famigle dell'anima. tutto ciò ha ampliato il concetto di appartenenza.
oggi ci viene in aiuto la tecnologia per fortificare e testimoniare i legami: messaggi vocali, videochiamate, i gruppi familiari nelle chat — strumenti che, se usati con sensibilità, permettono di mantenere contatti anche in contesti di distanza fisica o emotiva.
tornando a noi, i nonni non sono più solo figure di sostegno, ma anche portatori di sapere, memoria, e visione. In alcuni contesti, questo è stato valorizzato nonostante la frenetica quotidianità che a volte è gabbia sociale.
Per aprire la gabbia resta da fare qualche altro passo. vale a dire: ripensare e ritessere il tessuto comunitario. Riallacciare i legami di vicinato, di quartiere, di piazza che sono stati erosi individualità imposta dal sistema di vita incentrato sulla pragmaticità. Serve ricostruire spazi di prossimità, dove ci si possa riconoscere anche senza conoscersi. Magari, perché no: i camper sociali del caffè, come ha suggerito ieri Massini nella sua trasmissione: "riserva indiana" rai3. Cioè volontari che alla sera vanno in giro nei quartieri dormitorio, piazzano dei tavolini, delle sedie e offrono il caffè a chiunque a condizione che parlino mentre sorseggiano il caffè delle loro vite, delle loro solitudini. Educare all’empatia verso gli altri, quindi. perché la società fatica ancora a generare empatia verso chi è “altro” chi non si conosce. Serve una pedagogia dell’incontro, che promuova il riconoscimento reciproco. Rivalutare il tempo condiviso, insomma.
Il tempo è diventato merce. Serve una cultura del tempo lento, dedicato agli altri, dove la presenza non sia funzionale ma gratuita. Riconoscere la fragilità come valore; e coltivare la cultura della vulnerabilità condivisa, dove si possa dire “ho bisogno di te” senza vergogna. Dove il bisogno non sia debolezza, ma apertura. Restituire dignità ai legami intergenerazionali! e i nonni, se pur acciaccati dalla vita trascorsa non sono “in pensione” dal pensiero: sono ancora interlocutori. Possono essere ponti tra epoche, tra linguaggi, tra visioni.
Grazie Cecilia ti voglio bene anch'io, e nonna. Sei la nostra forza
Commenti
Posta un commento
LA PAROLA AI LETTORI.
I commenti sono abilitati per chiunque passa da qui, si sofferma, legge e vuole lasciare un contributo all'autore del post.
ATTENZIONE! Chi commenta i post del blog è responsabile di quanto scrive. Pertanto non è prevista nessuna moderazione o censura ai commenti salvo evidenti illiceità.