Dopo il voto in Calabria
riflessioni post voto
In Calabria, il silenzio ha parlato. Non con slogan, né con urla di piazza, ma con l’assenza. Un’assenza ostinata, lucida, che ha svuotato le urne e riempito di domande il paesaggio politico.
La “tempesta perfetta” orchestrata con freddezza — dimissioni strategiche, ricandidature calcolate, convergenze forzate — ha prodotto una calma apparente. Ma sotto quella superficie, qualcosa si muove. Non è apatia. È rifiuto. È disillusione. È memoria.
La destra ha festeggiato, la sinistra ha arrancato, e intanto il popolo ha scelto di non scegliere. Non per pigrizia, ma per dignità. Perché quando l’offerta politica non rispecchia la realtà vissuta, il voto diventa un atto vuoto. E allora si tace. Ma non si dorme.
Ai calabresi che non hanno votato, non chiediamo spiegazioni. Offriamo spazio. Perché forse il vero voto si esprimerà altrove: in un manifesto, in una poesia, in una piazza, in un gesto condiviso.
La partita non è finita. Ma il gioco va ripensato.
Il voto assente non è scacco alla democrazia!
Se intendiamo per democrazia la libertà di manifestare il dissenso della magioranza con il silenzio sospeso. E, se la riduciamo al solo rito elettorale, allora l’astensione è uno strappo, una ferita. Però, come la intendiamo noi, se la democrazia è anche dissenso, testimonianza, rifiuto di legittimare ciò che non rappresenta — allora l’assenza diventa presenza. Una presenza critica, politicamente forte.
In Calabria, dove la storia è fatta di promesse tradite e resistenze silenziose, il non voto può essere un atto di dignità. Non è un rifiuto della democrazia, ma della sua caricatura. È un invito a ripensare il gioco, a riscrivere le regole, a restituire senso alla partecipazione.
Ai calabresi che non hanno votato, non chiediamo spiegazioni. Offriamo spazio. Perché forse il vero voto si esprimerà altrove: in un manifesto, in una poesia, in una piazza, in un gesto condiviso.
La partita non è finita. Ma il gioco va ripensato. Perché la democrazia non si misura solo in voti.
Si misura anche in assenze che pesano come pietre. E il silenzio delle urne diventa grido collettivo.
La Calabria non ha votato. Ma ha parlato.
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