Il Pensiero che Non Piace
Sulle Tracce di una Libertà Scomoda
Contro il conformismo viscerale: pensare, agire, creare fuori rotta
Viviamo in un tempo che ha reso il pensiero una merce rara. Non perché manchino le opinioni, ma perché abbondano le reazioni. Il sistema sociale e politico contemporaneo — personalizzato, algoritmico, performativo — non premia chi pensa, ma chi aderisce. Non valorizza chi crea, ma chi ripete. In questo contesto, coltivare la libertà di pensiero è un gesto radicale. Un atto di disobbedienza silenziosa, ma potente.
Il conformismo oggi non è imposto con la forza, ma con la seduzione.
Il sistema che ingabbia
Si presenta come comfort, come appartenenza, come algoritmo che ci mostra solo ciò che ci rassicura. Chi lavora con serietà — nel senso più ampio del termine: chi educa, chi cura, chi crea, chi pensa — si scontra ogni giorno con una stupidità sistemica. Non si tratta di ignoranza, ma di una forma di anestesia culturale. Un sistema che disincentiva la complessità, che trasforma il dissenso in devianza, che pone l’uno contro l’altro e li rende nemici.
In questo scenario, anche il lavoro quotidiano — qualunque esso sia — può diventare un atto politico. Non per ciò che produce, ma per come lo si fa. Respirare senza disturbare, parlare senza invadere, agire con rispetto: sono gesti minimi, ma profondi. Chi lavora con attenzione, con cura, con etica, si oppone al sistema della fretta, della superficialità, della competizione. È un modo di stare al mondo che non cerca visibilità, ma verità.
- Un insegnante che lascia spazio al dubbio.
- Un operaio che rifiuta la logica del profitto cieco.
- Un impiegato che non si piega alla logica del silenzio.
- Un artista che non cerca il palcoscenico, ma la relazione.
Questi sono atti di resistenza. Quotidiani, invisibili, ma decisivi.
Gli artisti, i pensatori, i creativi hanno una responsabilità enorme: non aderire. Non diventare macchine da palcoscenico, non cedere alla logica del consenso. L’arte non è decorazione, ma interrogazione. È il luogo dove si può ancora dire ciò che altrove è censurato. Ma per farlo, serve coraggio. Serve scegliere di stare fuori rotta.
L’azione culturale, allora, non è spettacolo. È gesto relazionale, è cura del mondo, è costruzione di senso. È creare spazi dove il pensiero possa respirare, dove le differenze possano convivere, dove il dissenso non sia punito ma accolto.
In tempi di conformismo viscerale, pensare è resistere. Agire con etica è resistere. Creare con libertà è resistere. Non si tratta di costruire progetti, ma di coltivare pratiche. Di scegliere, ogni giorno, di non aderire. Di restare umani.
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