Le necessità. La Necessità

 

 "riflessione sull’arte come “gioco inutile ma necessario”:


L’arte come gioco necessario: tra creatività e resistenza

Abstract
In un’epoca dominata dalla razionalità economica e dalla logica dell’efficienza, l’arte viene spesso relegata a un ruolo marginale, considerata un’attività superflua, un “gioco” privo di utilità concreta. Questo articolo intende ribaltare tale prospettiva, sostenendo che proprio nella sua apparente inutilità risiede la funzione più profonda e necessaria dell’arte: quella di preservare l’umano, contrastare la distruzione e offrire visioni alternative alla realtà imposta dal potere. Attraverso un’analisi critica e interdisciplinare, si esplora il valore dell’arte come forma di resistenza simbolica e come spazio di libertà creativa.


 L’arte e il sospetto dell’inutilità

Nel dibattito contemporaneo sul ruolo della cultura, l’arte è spesso oggetto di un paradosso: celebrata come espressione sublime dello spirito umano, ma al contempo svalutata nella sua funzione sociale ed economica. In un mondo che misura il valore in termini di produttività, profitto e prestazione, l’arte appare come un’attività “inutile”, un lusso riservato a pochi o un passatempo per l’élite. Tuttavia, questa presunta inutilità cela una potenza trasformativa che merita di essere indagata.

 Il gioco dell’arte: tra libertà e finzione

L’arte, come il gioco, si fonda su regole proprie, su una sospensione del reale che permette di esplorare possibilità altrimenti inaccessibili. Johan Huizinga, nel suo celebre Homo Ludens (1938), ha sottolineato come il gioco sia una componente essenziale della cultura, un’attività libera, separata dalla vita ordinaria, ma capace di influenzarla profondamente. 

L’artista, come il bambino che gioca, crea mondi, inventa linguaggi, sovverte le convenzioni. In questo senso, l’arte è un gioco serio: non perché produca risultati tangibili, ma perché apre spazi di senso, immaginazione e critica.

 L’arte contro la guerra: creatività e distruzione

Se l’arte è gioco, la guerra è il suo opposto: un gioco tragico, in cui le regole sono imposte con la forza e la posta in gioco è la vita stessa. 

La guerra, come ha osservato Walter Benjamin, è spesso accompagnata da una “estetizzazione della politica”, in cui la violenza viene mascherata da spettacolo.

 L’arte autentica, invece, politicizza l’estetica: denuncia, smaschera, resiste

In tempi di conflitto, l’arte diventa testimonianza, memoria, dissenso. È il gesto che si oppone all’epurazione, alla cancellazione dell’altro, alla riduzione dell’umano a bersaglio.

 Il potere economico e l’erosione dell’immaginazione

La società contemporanea è segnata da una crescente subordinazione della cultura alle logiche del mercato. L’arte è valutata in base alla sua commerciabilità, alla sua capacità di generare profitto o visibilità. In questo contesto, il “Creativo” — l’artista, il poeta, il visionario — è spesso marginalizzato, considerato un sognatore, un perditempo. Eppure, è proprio il Creativo a proporre “dettagli di vita che sfuggono alle menti votate alla pragmaticità del potere economico”. L’arte diventa così un atto di resistenza simbolica, un modo per riaffermare la complessità dell’esistenza contro la semplificazione utilitaristica.

L’arte, è una necessità culturale!

Lungi dall’essere un lusso, l’arte è una necessità. Non perché risponda a bisogni materiali, ma perché custodisce ciò che rende l’umano tale: la capacità di immaginare, di sentire, di creare. In un mondo che tende a ridurre tutto a funzione e rendimento, l’arte ci ricorda che esistono altri modi di abitare il tempo, di pensare la realtà, di relazionarci agli altri. È un gioco, sì, ma un gioco che salva.


 

Note e riferimenti

  1. Huizinga, Johan. Homo Ludens: Il gioco come fondamento della cultura. Torino: Einaudi, 1973.

    • Fondamentale per comprendere il concetto di gioco come attività culturale originaria. L’arte, secondo Huizinga, nasce da una matrice ludica che precede la razionalità.

  2. Benjamin, Walter. L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. In Angelus Novus. Torino: Einaudi, 1962.

    • Analisi del rapporto tra arte, politica e tecnologia. Benjamin distingue tra estetizzazione della politica (tipica dei regimi autoritari) e politicizzazione dell’arte.

  3. Adorno, Theodor W. Teoria estetica. Torino: Einaudi, 1970.

    • L’arte come forma di conoscenza non concettuale, capace di resistere all’omologazione culturale e alla logica del mercato.

  4. Rancière, Jacques. Il destino delle immagini. Milano: Mimesis, 2007.

    • L’arte come spazio di dissenso e di redistribuzione del sensibile. Rancière esplora il potenziale politico dell’immagine.

  5. Didi-Huberman, Georges. Come le lucciole. Una politica delle sopravvivenze. Milano: Bollati Boringhieri, 2009.

    • L’arte come gesto di resistenza luminosa contro l’oscurità del potere. Le “lucciole” sono metafora di visioni fragili ma necessarie.

  6. Sontag, Susan. Sulla fotografia. Torino: Einaudi, 2004.

    • Riflessione sul potere delle immagini e sul loro ruolo nella costruzione della memoria e della coscienza sociale.

  7. Sloterdijk, Peter. Sfere I: Bolle. Milano: Cortina, 2014.

    • L’arte come costruzione di spazi protettivi, intimi, alternativi alla brutalità del mondo esterno.

L’opera di Mario Iannino incarna perfettamente il concetto di “gioco creativo” come forma di resistenza culturale e libertà espressiva, offrendo un esempio concreto di arte che sfugge alla logica dell’utile per abbracciare la potenza dell’inutile.

 Mario Iannino e il gioco creativo come linguaggio mutevole

L’opera di Mario Iannino si colloca in modo emblematico all’interno della riflessione sull’arte come “gioco necessario”. La sua produzione artistica, che si estende per oltre cinquant’anni, è un laboratorio continuo di sperimentazione visiva, concettuale e linguistica. Pittore, grafico, poeta visivo e teorico dell’arte, Iannino ha costruito un percorso che sfugge alle classificazioni rigide, proponendo un’idea di arte come linguaggio mutevole, aperto, polimorfo.

Il concetto di gioco creativo trova in Iannino una realizzazione concreta: le sue opere non si limitano a rappresentare, ma interrogano, destabilizzano, reinventano. Come nel pensiero di Johan Huizinga, il gioco è qui inteso non come evasione, ma come forma originaria di cultura — un’attività libera, separata dalle logiche dell’utile, ma capace di generare senso e visione.


 Linguaggi mutevoli: l’arte come sistema aperto

La mostra Linguaggi mutevoli, presentata nel 2024 a Catanzaro, raccoglie oltre 80 opere che testimoniano la varietà e la coerenza della ricerca di Iannino. Il titolo stesso è una dichiarazione di poetica: l’arte non è un codice fisso, ma un sistema aperto, in continua trasformazione. Questo approccio ludico e sperimentale si traduce in una pluralità di tecniche — pittura polimaterica, collage, grafica digitale, scrittura visiva — e in una tensione costante tra forma e significato.

Il gioco creativo, in Iannino, è anche un gioco semantico: le parole diventano immagini, i segni si fanno pensiero, le superfici si aprono a stratificazioni simboliche. L’artista non cerca di “comunicare” in senso diretto, ma di evocare, di suggerire, di aprire spazi interpretativi. È un gioco che non impone regole, ma invita alla partecipazione.


 Scrittura visiva e grafia creativa: il segno come gesto

Nei suoi testi teorici — Appunti di grafia creativa, Saggezza e utopia nei linguaggi dell’arte — Iannino sviluppa una riflessione profonda sul rapporto tra segno, pensiero e gesto. La “grafia creativa” non è solo una tecnica, ma una filosofia: il segno non è strumento di trasmissione, ma atto di generazione. Scrivere, disegnare, dipingere — sono tutte forme di gioco creativo, in cui il pensiero si fa materia e la materia si fa visione.

Questa concezione si oppone radicalmente alla logica dell’efficienza e della comunicazione funzionale. Il segno, in Iannino, è inutile nel senso più alto del termine: non serve a trasmettere un messaggio, ma a creare uno spazio. È un gesto gratuito, ma necessario.


 Fuori dal coro: l’arte come dissenso

Tra le opere più significative di Iannino spicca "Fuori dal coro", una pittura polimaterica che incarna il rifiuto dell’omologazione. Il titolo è già una presa di posizione: l’artista si pone al di fuori delle logiche dominanti, rivendica una voce autonoma, una visione altra. Il gioco creativo diventa qui forma di dissenso, di resistenza simbolica, di critica culturale.

In un mondo che tende a ridurre l’arte a decorazione o investimento, Iannino riafferma il suo valore originario: quello di interrogare, di disturbare, di aprire. Il suo gioco non è evasione, ma opposizione; non è svago, ma tensione.


 Mario Iannino e l’arte come necessità

L’opera di Mario Iannino dimostra che il gioco creativo non è un lusso, ma una necessità. In un’epoca segnata dalla standardizzazione, dalla velocità e dalla mercificazione dell’esperienza, l’arte di Iannino ci invita a rallentare, a osservare, a pensare. È un gioco, sì — ma un gioco che salva: perché ci restituisce la complessità del vivere, la profondità del sentire, la libertà del creare.

“Quello che ci dà sensazioni o ci comunica qualcosa va sublimato.” — Mario Iannino


Le “tombature polimateriche” di Mario Iannino rappresentano una delle espressioni più emblematiche del suo gioco creativo: opere che uniscono pittura, assemblaggio e materiali poveri per evocare memoria, assenza e resistenza.


 Cosa sono le tombature polimateriche?

Il termine “tombatura” richiama l’idea di chiusura, sepoltura, stratificazione. Nelle opere di Mario Iannino, le tombature polimateriche sono composizioni pittoriche e materiche che utilizzano tecnica mista, oggetti riciclati, strati di colore e materia per costruire superfici dense, evocative, spesso segnate da un senso di perdita o di denuncia.

Queste opere non sono semplici quadri: sono spazi di memoria, luoghi simbolici, superfici che raccontano. Il termine “polimaterico” indica l’uso di materiali eterogenei — carta, metallo, tessuti, pigmenti, oggetti trovati — assemblati in modo da creare una tensione visiva e concettuale.


 Il gioco creativo nella tombatura

In queste opere, il gioco creativo si manifesta come gesto di stratificazione e sublimazione. Iannino non si limita a rappresentare: egli seppellisce, copre, rivela, interroga. Ogni tombatura è un atto poetico e politico: un modo per dare forma all’assenza, per trasformare il dolore in segno, per opporsi alla cancellazione.

Come scrive l’artista:

“Quello che ci dà sensazioni o ci comunica qualcosa va sublimato.”

La sublimazione, in questo contesto, è il cuore del gioco creativo: l’arte non serve a decorare, ma a trasformare l’esperienza in linguaggio, il trauma in forma, il silenzio in superficie.


 Un esempio: “Polimaterico” (Opera Celeste Network)

Una delle opere più rappresentative è Polimaterico, presentata su Opera Celeste Network premioceleste.it. Si tratta di una pittura minimalista, 60x80 cm, realizzata con tecnica mista e oggetti conservati. La superficie è segnata da strati, incisioni, materiali poveri, che evocano una memoria compressa, una comunicazione interrotta, una presenza che resiste.

In un’altra variante, Polimaterico – assemblaggio ricicli premioceleste.it, l’artista utilizza materiali di scarto per costruire una struttura visiva che è al tempo stesso denuncia ecologica e riflessione esistenziale. Il gioco creativo qui è anche etico: l’arte non spreca, ma riusa; non consuma, ma trasforma.


 Conclusione: la tombatura come gesto salvifico

Le tombature polimateriche di Mario Iannino sono giochi seri, nel senso più profondo del termine. Sono atti di resistenza contro l’oblio, contro la superficialità, contro la logica dell’utile. In esse, l’arte si fa memoria stratificata, linguaggio mutevole, spazio critico. È un gioco, sì — ma un gioco che salva.


Fonti:
premioceleste.it Opera “Polimaterico” – Premio Celeste
premioceleste.it Opera “Polimaterico – assemblaggio ricicli”
RaiNews Rai News – Linguaggi mutevoli

Puoi esplorare altre opere e testi dell’artista sul suo blog ufficiale o sul sito Mario Iannino Artist.

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