I RE CHE PERDONO LA GUERRA CONTRO IL POPOLO CHE SI LIBERA DAI RE RE E DALLE GUERRE.
di Franco Cimino
“…Se sette milioni vi sembravano pochi…”E mille città in una nazione che ha cinquanta Stati, tutti autonomi, e trecento milioni di cittadini, di culture, razze e religioni diverse, appartenenti a ceti sociali stratificati. Se sette milioni di uomini e donne scesi in piazza spontaneamente, senza il comando di potenti, partiti o lobby, vi sembrano pochi — provate voi a radunarne mille. Se trecentomila, o molti di più, sono scesi nelle piazze italiane per gridare “Libera Palestina”, e un milione, forse più, in quelle francesi e di altri Paesi europei, vi sembrano pochi, provate voi a chiamarli uno per uno. Che abbiano un nome, un volto, che siano giovani o anziani: vediamo quanti ne radunerete. In un mondo in cui la politica è stata di fatto cancellata, e la democrazia sostituita da oligarchie o da quella che chiamano, con nome ambiguo, “autocrazia”; in un mondo in cui i valori si stanno perdendo e gli ideali che li sostenevano si stanno svuotando; in un mondo in cui, con la forza della nuova persuasione tecno-mediatica, si affermano principi e regole assolutiste, e nelle istituzioni si installano pochi uomini soli al comando —la piazza che si riempie di persone e di culture diverse è la nuova forma di liberazione del mondo.
Come negli anni delle proteste contro la guerra in Vietnam, e poi del ’68, quelle piazze rappresentano la nuova agorà della democrazia, pur sospesa. Sono il laboratorio delle rinnovate idealità, la fabbrica dei valori che la storia restituisce a un’umanità smarrita, spingendola di nuovo al coraggio. Quelle piazze sono il primo passo della rivoluzione pacifica di cui l’umanità ha bisogno per tornare a essere umana, per ricostruire gli spazi in cui valori, idealità, idee — anche ideologie diverse e contrapposte — restituiscano significato e forza alla Politica, quella con la P maiuscola.E restituiscano dignità alle istituzioni democratiche e autorevolezza, nell’umiltà e nello spirito di servizio, agli uomini chiamati dal popolo a rappresentarle.La nuova rivoluzione è già iniziata.
Non si illudano i pochi potenti della Terra di poterla comprimere con il nuovo autoritarismo e con il fascismo strisciante — senza volto e senza uniforme. Ah, quanto sarà utile la loro presunzione! Quanto beneficio porterà alle piazze la loro convinzione che tutto questo sia una fiammata passeggera, spegnibile col soffio di una bocca, come un fiammifero o una candela. Presto si troveranno con le valigie in mano, a raccogliere pochi effetti personali, mentre fuggiranno verso i luoghi dove hanno nascosto le ricchezze sottratte ai popoli del mondo.
È una rivoluzione pacifica, quella che è iniziata — timidamente, forse — ma la piazza americana, tutt’altro che timida o embrionale, ci mostra che è una rivoluzione vera: una guerra alla guerra, senza spargimento di sangue, senza violenza.
( Stupidi, stupidi, stupidi: mille volte stupidi quei pochi delinquenti che con atti violenti inquinano quelle piazze pacifiche!) È una rivoluzione pacifica contro i nuovi autoritarismi, quelli degli uomini soli al comando, che usano la teatralità e la mimica per persuadere popoli resi deboli e minacciati. Popoli oppressi, affamati, spogliati della patria e della dignità.Come allora, negli anni della nostra lontana ma non perduta gioventù, ancora una volta è dall’America — dalle sue vecchie e nuove frontiere — che arriva il messaggio rivoluzionario: il primo impulso a rovesciare l’“ordine disordinato” del mondo. Qual è il suo cuore, il suo grido? È racchiuso nello slogan di quelle piazze: “No King.”Negare al proprio presidente la pretesa di sentirsi re, e di usare la forza per farsi incoronare tale dagli altri Paesi deboli nelle loro leadership, significa colpire alla radice una delle principali cause di guerra.
La storia insegna: la maggior parte delle guerre nasce dal delirio di potenza di un solo uomo. Dalla sua volontà di conquistare terre, annettere nazioni, impadronirsi delle loro ricchezze, e soprattutto assoggettare i popoli al proprio potere.
È da quell’antropologico desiderio degli uomini mediocri di farsi re che muove il primo impulso alla guerra.Tutto il resto non è che la conseguenza — fabbricata dai falsi potenti divenuti re.
Franco Cimino
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