Reel e Re: il potere che non ascolta
“No Kings”: Proteste, Censura e il Ritorno del Sovrano. Una riflessione transatlantica sul populismo autoritario
Gli Stati Uniti sono attraversati da una mobilitazione senza precedenti contro il secondo mandato di Donald Trump. Il movimento “No Kings” denuncia la deriva autoritaria di un potere che si presenta come democratico ma agisce come monarchico. In parallelo, l’Europa vive tensioni simili, con governi che accentuano il controllo ideologico e la censura culturale.
Questo post propone una lettura comparata tra il contesto statunitense e quello italiano, con particolare attenzione al governo Meloni attraverso l'evidenziazione delle dinamiche comuni del populismo autoritario e le risposte civiche che emergono dal basso.
Il ritorno di Trump con la retorica dell’eccezione squinterna l'assetto democratico del Paese Guida mondiale: gli USA
Le proteste “No Kings”, si diffondono in tutti i 50 Stati americani, e non sono semplici manifestazioni contro un presidente: sono una denuncia contro la trasformazione del potere esecutivo in dominio personale.
La retorica trumpiana, fondata su eccezionalismo, nemici interni e censura culturale, ha prodotto un clima di regressione democratica. La rimozione di 87 libri di Stephen King dalle biblioteche scolastiche è solo uno dei segnali di un potere che teme la narrazione libera, soprattutto quando essa tocca temi come identità, migrazione, sessualità.
La censura di King, autore popolare e simbolico, rivela una strategia di controllo ideologico che si estende oltre la politica: colpisce l’immaginario, la scuola, la formazione.
Il potere autoritario non si limita a governare: vuole educare, plasmare, selezionare ciò che può essere pensato.
In questo senso, la censura diventa pedagogia negativa: non si insegna cosa leggere, ma cosa non leggere.
In Italia, il governo Meloni ha adottato strategie retoriche e legislative che, pur non identiche, condividono tratti con il trumpismo:
- Nazionalismo culturale: promozione di una “identità italiana” che esclude voci critiche o marginali.
- Controllo della narrazione storica: revisionismi e delegittimazione di memorie antifasciste.
- Attacchi alla scuola e all’università: riduzione degli spazi critici, pressione sui programmi, sospetti verso l’autonomia didattica.
Il populismo autoritario italiano si presenta come difesa del popolo, ma agisce come selezione del popolo: chi non rientra nella narrazione dominante viene escluso, silenziato, delegittimato.
Contro queste derive, emergono forme di resistenza che non si limitano alla protesta politica, ma si radicano nella cultura, nell’educazione, nella testimonianza.
Il blog Aore12, ad esempio, propone una pedagogia della memoria e dell’empatia, dove il disegno istoriato e la narrazione libera diventano strumenti di contro-potere.
La figura del “seminatore di empatia” — che raccoglie storie, le trasforma in arte, le offre alla comunità — è l’antitesi del sovrano: non comanda, ma condivide.
Il potere autoritario teme la luce.
Che sia un libro, un disegno, una testimonianza, ogni gesto libero è una lanterna contro l’oblio.
Le proteste “No Kings” non chiedono solo la fine di un mandato: chiedono la fine di un’epoca in cui il potere si traveste da popolo per governare come re.
In Italia, negli Stati Uniti, ovunque, la risposta non può essere solo politica: deve essere culturale, educativa, poetica.
Perché la democrazia non è solo una forma di governo: è una forma di racconto empatico conviviale.
Negli Stati Uniti si moltiplicano le proteste contro Trump, mentre in Italia cresce il dissenso verso il governo Meloni, accusato di retorica divisiva e scarsa apertura al confronto democratico.
La riflessione prende spunto dal momento di forte tensione civile e politica americana e italiana.
Negli USA, il movimento No Kings ha organizzato, come già accennato, oltre 2.700 manifestazioni in tutto il Paese, da New York a San Francisco, per denunciare la deriva autoritaria del presidente Donald Trump.
Lo slogan “No Kings” esprime il rifiuto di una leadership percepita come monarchica e illiberale. Le proteste sono pacifiche ma molto partecipate, con milioni di cittadini in piazza, e si sono estese anche in Europa in segno di solidarietà.
In Italia, come anticipato, il clima politico presenta analogie inquietanti.
La comunicazione del governo Meloni si è spostata sempre più verso canali unidirezionali, come i social, evitando il confronto con la stampa libera e con le opposizioni. Il tono è spesso polarizzante, con una retorica che divide tra “amici” e “nemici”, e che lascia poco spazio al dissenso civile. Questo stile, che si rifugia nel monologo digitale, può apparire efficace sul piano propagandistico, ma mina il dialogo democratico e la trasparenza istituzionale.
Quanto alla manovra economica, le critiche si concentrano sulla sua impostazione enfatica ma poco concreta.
Molti osservatori sottolineano l’assenza di misure strutturali per sostenere chi lavora, chi cerca lavoro, e chi vive in condizioni di fragilità. La narrazione governativa sembra privilegiare l’effetto annuncio, mentre il tessuto sociale attende risposte reali e inclusive.
No Kings, No Queen: la democrazia non è uno show
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