Il piano Trump per Gaza
denuncia sociale, Gaza, Palestina, genocidio, esodo
Gaza Riviera? No, è colonialismo 2.0 mascherato da startup.
Mentre i bambini muoiono di fame e le famiglie cercano rifugio sotto le bombe, c’è chi sogna grattacieli e resort sulla sabbia insanguinata. Il piano Trump per Gaza – chiamato Great Trust – promette una “rinascita economica”. Ma diciamolo chiaramente: è una speculazione travestita da salvezza.
Offrire 5.000 dollari a chi abbandona la propria terra non è aiuto. È esproprio. È pulizia etnica con il sorriso da investitore. Gaza non è un foglio Excel da ottimizzare. È una ferita aperta, e chi propone di trasformarla in una Silicon Valley del Medio Oriente sta ignorando il sangue sotto il cemento.
Israele bombarda, l’ONU denuncia carestie, e Trump chiede di “fare presto”. Presto per cosa? Per svuotare Gaza prima che la stampa internazionale si svegli? Per costruire torri di vetro dove prima c’erano case distrutte?
Nel frattempo, Tel Aviv si riempie di manifestanti. Famiglie degli ostaggi accusano Netanyahu di cinismo. Attivisti salpano via mare per portare aiuti, mentre i governi occidentali balbettano.
Questo non è un piano di pace. È un progetto coloniale con il logo in alta definizione. E se non lo chiamiamo per quello che è, saremo complici della sua realizzazione.
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