Dove corrono le lumache: sogni ciclabili nel quartiere Corvo
Corvo e le piste ciclabili: tra sogni urbani e lumache aborigene
Catanzaro – Quartiere Corvo. Ogni mattina, tra buche, fanghiglia e lumache in marcia, alcuni residenti si avventurano a piedi lungo le strade del quartiere. Un percorso che, più che urbano, sembra naturalistico, dove la natura offre gratuitamente ostacoli e sorprese. Eppure, proprio questa immersione nel verde potrebbe essere la chiave per ripensare la mobilità locale.
Il quartiere Corvo, come molte periferie italiane, dispone di ampi spazi che potrebbero accogliere opere di urbanizzazione moderne e funzionali. Tra queste, le piste ciclabili. Tuttavia, la realtà è ben più complessa: nonostante le normative che impongono di lasciare margini per l’ampliamento della viabilità, alcune aree limitrofe alle strade comunali sono state recintate e trasformate in proprietà privata. Un fenomeno che ostacola lo sviluppo di infrastrutture pubbliche e alimenta il malcontento tra i cittadini.
La cultura della bicicletta, a Catanzaro, non è mai decollata del tutto. La conformazione geografica della città, fatta di salite e discese, scoraggia l’uso quotidiano delle due ruote. Eppure, nei quartieri pianeggianti come Santa Maria e Marina, la bici è ancora un mezzo di trasporto diffuso e apprezzato. Questo dimostra che, con le giuste condizioni e infrastrutture, anche qui la mobilità sostenibile può trovare spazio.
Il dibattito è acceso: c’è chi sostiene l’utilità delle piste ciclabili e chi le considera superflue. Ma una cosa è certa: i fondi del PNRR destinati alla mobilità sostenibile devono essere investiti. E Corvo, con i suoi spazi e la sua natura, potrebbe diventare un laboratorio ideale per sperimentare nuove forme di viabilità.
Per ora, a godere del “red carpet” delle future piste ciclabili sono pochi: camminatori salutisti, spinti da esigenze di salute o semplicemente dal desiderio di muoversi. E poi ci sono loro, le lumache aborigene del quartiere, che avanzano lente e testarde, simbolo di una natura che resiste e convive con l’urbanizzazione.
Forse è proprio da qui che bisogna ripartire: da una riflessione profonda sul
 rapporto tra città, natura e mobilità. E da una domanda semplice ma cruciale: vogliamo davvero costruire una città più vivibile, o preferiamo continuare a zigzagare tra buche e recinzioni?
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