Ci eravamo lasciati con un beneaugurante: ”a presto…”.
ARTISTI CALABRESI CONTEMPORANEI: Mario IANNINO
L'opera “9x30 ‘a Micaela’” di Mario Iannino, realizzata nel 2023, si presenta come un’installazione dal forte carattere concettuale e simbolico. Attraverso un assemblaggio di materiali di scarto, l’artista riflette sulle contraddizioni della società contemporanea e utilizza un linguaggio minimale per comunicare temi universali legati all’anima, alla fragilità e alla trasformazione.
1990-2024. 34 anni e sentirli tutti dopo avere visto la
testimonianza impressa nella vecchia cassetta VHS recuperata da mia figlia
Valentina.
Documentazione catturata efficacemente, anche se in maniera empirica con il telefonino, testimonia percorsi culturali realizzati nel quinquennio (1985/1990). Ricerca semantica tradotta in opere polimateriche esposte nel salone dell’amministrazione provinciale di Catanzaro nel 1990.
Dopo quasi trent'anni dall'ultima sua mostra, per onorare gli oltre cinquant'anni d'impegno nel campo della comunicazione visiva, Mario Iannino espone in Catanzaro nei locali della galleria Arte Spazio sita in viale Lucrezia della Vale al numero 72. Per l'occasione è in itinere l'allestimento di una esposizione di 62 opere polimateriche realizzate tra il 2015 e il 2024 e alcune immagini digitalizzate per denunciare il dramma della guerra e le brutali immani conseguenze cui sono costrette le vittime dei luoghi martoriati dal fuoco nemico.
Nella narrazione visiva non poteva mancare il cenno storico ad uomini che con abnegazione hanno
lavorato per migliorare la società e il territorio calabrese: politici e imprenditori lungimiranti.L'invito è per il 2 giugno alle ore 18,00.
Finito l'amplesso ognuno ritorna in sé, si riappropria dell'area intima, impenetrabile nonostante l'interscambio emotivo consumato e si perde dietro le ali del non detto. Vicini, ancora odorosi dell'attimo fuggente appena colto ma lontani, gli amanti abbandonano i pensieri e cavalcano verso l'ignoto su sentieri differenti.
Ore 8 circa, il telefono squilla. Rispondo.
E dal tono della voce del mio interlocutore intuisco che non sono buone nuove.
Era una persona buona!
Questo si sente dire nei confronti di qualcuno che ci lascia. E questa volta è l'espressione più azzeccata!
Gioacchino Lamanna è stato un ottimo pittore, un uomo che ha condotto una vita modesta, sempre pronto e disponibile al dialogo, aperto alle idee e al fare degli altri che in Catanzaro e anche altrove si cimentavano con l'arte della pittura. Non era manicheo né disdegnava le forme espressive di quanti incrociava per strada e nei luoghi preposti alle esposizioni. Era curioso. Chiedeva sempre sullo stato dei lavori e sulle ricerche in pittura. Contrariamente di quanto accade negli animi dei minuscoli che si sentono grandi artisti e depositari di chissà quali e quante verità.
La prima volta lo incontrai nei giardini di S, Leonardo. Aveva portato lì la sua classe per fare dipingere gli studenti dal vero. Mi avvicinai a lui e interloquimmo affabilmente come se ci conoscessimo da sempre. Non dava l'impressione del saccente. Proponeva e accettava suggerimenti, si complimentava con gli studenti. E dava spazio ai curiosi che si accalcavano davanti e attorno agli studenti che erano alle prese dei “compiti” dal vero.
Era un giovane professore che si poneva al di qua della cattedra.
Non dava sfogo della sua bravura. E riusciva a trovare, anche in chi non eccelleva nel disegno o nella pennellata, altri modi per gratificarne l'impegno.
Era un compagno e attento amico di strada, sempre misurato e fondamentalmente incline per natura a non mortificare chi gli stava attorno.
Un uomo buono! Gioacchino. Uno che lascia un grande vuoto in quanti abbiamo avuto la possibilità di conoscerlo umanamente e artisticamente.
Una curiosità: la tela raffigurante Mattia Preti che capeggiava davanti il portone del “circolo unione” su corso Mazzini nelle occasioni di mostre e eventi pittorici, è frutto di una scommessa, ovviamente vinta da Lui.
Impegno. Onestà. Lavoro costante. Fattori che hanno ampliato la sua Conoscenza! E alimentato la sua modestia.
Ciao Gioacchino.
Ho visto in tv le immagini della guerra che Putin il tiranno sta conducendo in Ucraina. Scene devastanti: fosse comuni. Civili massacrati. Donne e uomini coi segni della tortura sul corpo e con le mani legate dietro la schiena gettati senza alcun riguardo in una fossa comune scavata dai militari russi nei boschi.
È un massacro! Il macellaio non conosce pietà! Ha persino la benedizione del suo patriarca.
I pensieri si affollano. Vorrei non avere mai visto queste scene. Scenari anacronistici divenuti quasi una conseguenza logica dei deliri di un despota che nega le barbarie agli ignari russi tenuti all'oscuro e plagiati da un'operazione di disinformazione di regime. I cronisti non assoggettati alla volontà degli oligarchi e persino la popolazione dissenziente è arrestata e messa nelle condizioni di non nuocere.
La grande z bianca vergata sui blindati russi è un'enorme burla! Perché non vanno a fare un'esercitazione in Ucraina ma a demolire vite e civiltà.
Esprimo il mio dissenso come posso e con le opportunità semantiche a me care: la pittura!
Raramente adopero il nero ma questa volta è d'obbligo! Grida e evidenzia la barbarie di una cerchia di potere che sta al riparo dai campi bellici e infligge morte.
Il telefono mi distoglie dai gesti catartici che attuo quasi inconsciamente ma con le immagini appena viste ben salde nella testa, è solo alla fine che osservo e analizzo il risultato per dare le pennellate conclusive.
Poggio il pennello. Pulisco le mani e:
Ciao come stai? - m'interroga una voce ben nota- Bene, sto lavorando, non so se hai visto la tv ma quelle scene mi hanno turbato, sono state crudeli e violenti, assurde di una violenza gratuita...
Sì le ho viste e non so come faccia a dormire la notte. Ti ho chiamato … non so se hai saputo... un altro amico a intrapreso l'ultimo viaggio, ho visto il manifesto... Gaetano Cartaginese, Nènè è morto. … -attimi di silenzio-. Cazzo... è da un po' che non ci vediamo. L'ho sentito qualche mese addietro e ci siamo lasciati con la promessa reciproca di vederci... .
Nènè che cazzo di nome è? Sembra il nome di una donna e invece ti presenti tu che non sei il massimo della beltà. Gli dissi sorridendo. Sei bello tu!!! mi rispose. E dopo una energica stretta di mano ci siamo messi a parlare di arte. Erano i primi anni settanta.
E anche se geograficamente vicini di casa iniziammo a frequentarci tramite un altro caro amico, Angelo De Siena, entrambi del rione stadio. Ricordo che insieme avevano ideato un concorso di pittura: “il pennello nascosto”, con l'intento di fare uscire allo scoperto quanti si dilettavano a dipingere per far sì che l'hobby diventasse qualcosa di più. E vi riuscirono!
Neènè aveva un vocione rauco. Gioviale. E sorridendo mi spiegò l'origine semantica del suo “nikname” direbbero oggi i ragazzi.
Nènè è il diminutivo di Gatenènè, così mi chiamavano da piccolo a casa e in seguito ho scelto di usarlo come pseudonimo per firmare i quadri.
Un altro caro amico è andato via. Serenamente! Questo mi piace pensare. Un uomo. Un padre. Un nonno attento e amorevole ch'è andato via attorniato dall'amore dei suoi cari e dalla moltitudine di pensieri positivi dei tanti amici e conoscenti.
Ciao nènè
Questa è un'opera di mastro Saverio. Protegge il mio studio. Affermò soddisfatto Paolo mentre apriva le mandate del cancello in ferro battuto forgiato apposta per lui da mastru Saveru u'Ciaciu.
Nello stanzone a livello stradale nello slargo difronte la chiesa di S. Francesco nei pressi dell'affacciata panoramica “Bellavista” oltre ai lavori c'era un ospite speciale. Non ricordo il nome del piccolo primate ma ricordo che era molto vivace. Paolo indicandomi la scimmietta sorrise e: “devo nascondere i rossi sennò se li mangia...” mi disse.
L'altro ieri sono passato da lì. Era tutto cambiato. Quello che un tempo era la fucina creativa di Paolo e centro di ritrovo per noi amici oggi emana profumi anonimi connaturati alla destinazione d'uso del momento: un garage, probabilmente, con la persiana tipica delle autorimesse.
Non c'era neanche il cancello di mastro Saverio, credo che Paolo se lo sia portato a Squillace quando traslocò. Mi sono soffermato per qualche attimo e non ho potuto fare a meno di ricordare con affetto e un pizzico di nostalgia quegli anni intrisi di passione per la pittura e l'universo artistico in cui noi c'immergevamo convintamente.
Il tempo, come sempre accade, livella e assottiglia le passioni anche se nel frattempo qualcuna di queste si fortifica, fa tesoro delle delusioni e continua a proporre nuove visioni, essere linfa vitale propositiva per quanti perseverano con onestà sulla strada irta di ostacoli comuni a quasi la totalità degli uomini.
Ciao Paolo. Non sapevo che tu avessi intrapreso il Viaggio. Che la terra ti sia lieve. Rip.
Avere l'affetto di un animale da compagnia significa anche saperlo alimentare, prendersene cura, essere, in una parola, pronti ad accudirlo e rispettarlo.
Ho avuto la compagnia di Vasco, un labrador monellissimo, ecco, per rendere chiaro il concetto di “monellissimo” e comprenderci con tutti e nello specifico con chi ha visto il film: io & marley, basta ripensare alle esuberanze del cane in questione e alle vicissitudini dei padroni per avere subito contezza della vivacità dell'amico a quattro zampe che mi ha fatto compagnia per 14 anni.
Durante le nostre passeggiate abbiamo socializzato e fatto nuove amicizie di animali e umani a seguito. Tra questi abbiamo incrociato Jack e la sua famiglia d'adozione: Mario Loprete e il figlio Franceso.
Mario mi chiede se dipingo. Lui è nuovo del quartiere.
Scambiamo considerazioni sulla poetica dell'arte e sulle varie forme espressive. Lui predilige la figurazione. Sfoglia la galleria del suo telefonino e mostra delle immagini apprezzabili dal punto di vista formale.
Riproduce una realtà visionaria e accosta l'immagine pittorica alla rappresentazione fotografica minuziosa, maniacale e al filone della pittura iper-realista. Nell'ultimo incontro, ahimè senza il mio Vasco ormai da qualche mese, mentre accarezzo Jack mi confida della sua imminente mostra e della presentazione critica, regalo di Francesco, il figlio che, come tutti noi ha sofferto delle restrizioni causate dalla pandemia da covid-sars19 :
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Jack, Mario e Francesco Loprete |
"Molta mestizia e sofferenza sono state suscitate da questo periodo di quarantena. Un’esperienza tragica e traumatica insieme, sotto innumerevoli punti di vista. Ma, quasi paradossalmente, in un frangente in cui, per necessità, noi tutti siamo stati costretti ad isolarci totalmente nella clausura delle nostre dimore, tali sentimenti negativi ci hanno accomunato, portandoci ad omologare diversi comportamenti e attività. Questa particolare serie rende omaggio ad uno dei principali elementi di svago che sono stati disponibili in questa nostra solitudine universale, capace di far dimenticare, seppur brevemente, gli assilli e la tensione della quotidianità. Attraverso le celebri figure dei B-Boys, molto care al pensiero dell’artista tanto da essere il filo conduttore dell’intera composizione, e un vivido rosso, che fa emergere una passione altresì dissimulata nell’animo, Mario Loprete immortala, con la sua innovativa e caratteristica alternativa materica basata sul cemento, Madama Musica.
La scelta di utilizzare solamente il rosso non è casuale .il primo colore dell'arcobaleno ,è il primo colore percepito dai bambini, è il primo a cui tutti i popoli hanno dato un nome, è il colore del cuore e dell'amore, del dinamismo e della vitalità, della passione e della sensualità, dell'autorità e della fierezza, della forza e della sicurezza, della fiducia nelle proprie forze e capacità.
Nell'arte paleocristiana si dipingevano di rosso gli arcangeli e i serafini, ed è questa la ragione primaria della scelta di Mario Loprete di utilizzare il rosso per rappresentare i soggetti, in modo che acquisissero un’aurea divina necessaria per accompagnarci durante questo terribile periodo storico.
I soggetti da soli non avrebbero avuto la giusta forza se non fossero stati rappresentati come graffiti su una base di cemento, elemento predominante nel progetto artistico di Mario Loprete".
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Recensione critica di Francesco Loprete
La prima cosa che si chiede ad un pittore è: “mi fai un ritratto? Oppure: sarei felice se facessi un ritratto a mia madre... mia moglie, figlio o figlia, marito e persino amanti”.
Spesso si fraintende la funzione del pittore che, a differenza del fotografo, prima di mettersi a fare un “”ritratto” deve conoscere nell'intimo il soggetto da raffigurare- che il più delle volte lascia delusi quanti pensano ad una riproduzione “iperrealista”. Ovvero una copia sublimata del soggetto dalla maestria del pennello e del colore del pittore.
Fare il pittore è sì conoscenza delle tecniche!, che sono strumenti del mestiere al pari dei pennelli delle spatole dei colori e di tutta una serie di aggeggi auto-prodotti. Essere creativi significa pesare e pensare ciò che si intende proporre, possibilmente con piglio e carattere unico, con personalità!
Lo ripeto da sempre! Ma ogni volta che incontro qualcuno e mi fa la solita richiesta del “ritratto” mi tocca ripetere la tiritera. A prescindere dal fatto che non sono un ritrattista e non amo cimentarmi con la figurazione se non per mero passatempo che diventa esercizio per opportune citazioni allorché sono impossibilitato a eseguire lavori più consoni alla mia propensione creativa.
Fare un ritratto significa scavare nel profondo; cogliere la personalità; scoprire e mettere a nudo l'anima. Insomma prima di pensare alla superficie, l'artista, deve conoscere il soggetto, captarne sensazioni e umori.
Fastidioso come un granello di sabbia che s'infila nell'occhio. Che fa imprecare. Che incita all'azione e induce a intervenire.
Anche se per la gente comune pensare di eliminare il fastidioso problema sofferto dalla collettività è quasi sempre un'utopia, per gli intellettuali che scrivono pagine importanti di storia e diventano per questo pietre miliari nel campo della cultura è un dovere imperativo esporsi all'occorrenza!
E l'artista è uno degli attori principali della cultura. Non esporsi, quindi, per mettersi in vanagloriose vetrine sotto i riflettori mediatici. Ma per servire a qualcosa. Assumere un ruolo determinante nella società per il buon funzionamento delle parti.
Il metodo di lavoro di chi fa arte È esposizione e lettura dello stato in cui vive. Analisi delle incongruenze sociali. E quando l'artista butta giù un graffio seguito dalle pennellate; quando assembla, cancella e ricuce pezzature cromatiche non sempre ha ben chiara la strada che lo porta alla conclusione del lavoro; nel mio caso mi lascio guidare dalla sensazione emozionale per sviscerare qualcosa che si è impossessato di me e cova dentro da tempo.
Ma la sensazione da rendere visibile, cioè quello che si è sedimentato dentro di me e che lentamente ha modificato il mio essere non sempre emerge come vorrei. È così, e, strato su strato, intervengo sulla materia finché le evocazioni sedimentate riaffiorano secondo il mio intimo sentire. Non ne faccio una questione stilistica, tanto meno mi preoccupano le aspettative di una certa pseudo élite culturale. Il lavoro, per prima, deve soddisfare me!
E poi, a lavoro finito, lo osservo e dialogo; lo analizzo anche dal punto di vista tecnico e formale (può sembrare antitetico ma non lo è!) lo metto in luce nei miei spazi e a volte lo rendo di pubblico dominio sui social-media con l'intenzione di catalizzarne le criticità peculiari e coinvolgere quante più persone è possibile, aspettandomi qualche interazione costruttiva e svegliare dal torpore indotto dalla disinformazione manipolata di certa dis-informazione.
Il mio lavoro è impegno sociale. Tentativo dialettico di stimoli interscambiabili in quanto testimone del tempo.
Non un esteta o un mago della trasformazione visiva accattivante, uno che fa della pittura “una bugia che dice o narra la realtà” ma (per alcuni) un rompicoglioni che tende ad annullare i preconcetti e le ovvietà celate attorno al mondo dell'arte!
Nella fase iniziale, dopo che si è interiorizzato il tema, si abbozza una ipotesi di lavoro. I pensieri, vestiti di poetica, attraverso la tecnica assumono corposità e si prestano a letture personali a volte dissimili da quelle dell'autore. Le Suggestioni che vivono in ciascuno e prendono corpo nella costruzione semantica della superficie suggeriscono e invogliano al dialogo solo se stuzzicano gli interessi intellettuali e sociali delle parti testimoni dei conflitti verbali e promotori poetici dei temi trattati.
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ph Valentina Iannino |
Sensibilità e conoscenza sono elementi indispensabili per comprendere! E porsi nello stato d'animo giusto davanti all'ignoto, con umiltà.
Provocare a volte è costruire ponti tra culture differenti.
La pittura e le varie forme di comunicazione che sfiorano le corde della semantica poetica collettiva, in una parola: l'arte, è provocazione costruttiva che rifiuta la decorazione melensa e abbandona gli inutili orpelli imposti dalla diseducante concezione degli “equilibri armonici”.
Elaborare un'opera è scrollarsi di dosso tutte le imposizioni concettuali. Abbandonare le congetture mirate a imbastite il mercato. Fare arte è fare cultura! Non è tesaurizzare o arredare!
“la gente, davanti a un quadro, quando non capisce ride”. Diceva E. Zola.
Ancora oggi, nel 2021, si sente dire: “ma questo lo sa fare anche mio figlio, un bambino dell'asilo, e anch'io!”.
Dimentica o non sa che non è una semplice attività del “fare” qualcosa e neanche un oggetto destinato ad arredare interni o arricchire mercanti e galleristi.
La gente prima di porsi davanti a un quadro, un'opera d'arte contemporanea ma anche per immergersi in una lettura impegnata, deve acquisire gli strumenti giusti per potere leggere, comprendere e interloquire, trarre il meglio dell'opera stessa; in sintesi deve lasciare ogni pregiudizio e essere collaborativa, deve sapere aprirsi al dialogo e all'imprevisto; deve sapere cercare la chiave di lettura solo così può dialogare con l'autore comprenderne il lessico e quindi entrare nel suo mondo.
Le buone intenzioni non cambiano gli eventi fintantoché …
I sognatori, e sono tantissimi, nell'immaginario collettivo, catalogati e suddivisi in categorie- uomini e donne che si interessano di cultura, politica e religione- sovente soccombono alla furia delle cattive abitudinarie volontà del potere temporale terreno.
Le azioni illuminanti che hanno apportato luce nelle oscurità mentali, da sempre, nonostante la veemente passione che muove gli animi e induce padri e madri a mera concretezza spesso sono perdenti. Soccombono sotto il peso illusorio degli agi e delle ambizioni.
Quanti cadono nella trappola sono costretti a superare fatiche immani e compromessi d'ogni genere prima che queste facciano scuola e possano indicare le illusorie positività dei percorsi intrapresi.
Condurre un'esistenza parsimoniosa è quasi un'azione eroica:
Stare a casa per necessità per alcuni sembra essere un sacrificio enorme. Eppure se vogliamo arginare la pandemia dalle variabili inaspettate è necessario adottare qualche strategia:
il più semplice e naturale per evitare che si propaghi ulteriormente, quantomeno ci proviamo, evitiamo gli ambienti estranei e affollati, insieme all'utilizzo delle mascherine e all'igiene personale … Lo so, è un anno abbondante che stiamo dietro a restrizioni e vademecum di politici e tecnici, scienziati, virologi, opinionisti e tuttologi di ogni risma e nulla sembra essere cambiato. Non appena cambiano i colori delle regioni immediatamente arriva il grido d'allarme di una qualche variante che decima aree geografiche e colpisce persone di ogni età.
È normale che il nervosismo salga. Non è per niente normale che qualche sciacallo usi lo stato di terrore per propri scopi. E per non lasciarsi catturare dal panico e dagli sciacalli l'unica arma in nostro possesso è la conoscenza!
Quale momento migliore per salutari immersioni culturali?
Buone letture. Visioni di film d'autore. Documentari, biografie possibilmente non sublimate dalla narrazione partigiana di chi scrive e cuce addosso le proprie intenzioni ideali all'eroina o all'eroe del libro.
Leggere un libro, entrare in un buon libro è come osservare un'opera d'arte pittorica o plastica e dialogare con l'autore.
Leggere un quadro è conoscenza che mette in sintonia; percezione di mondi connessi mediante affinità elettive cresciute nel tempo e curate pervicacemente con amore per la conoscenza.
Qualcuno ha scritto che l'idealità per crescere e prosperare non deve essere costretta dalle esigenze materiali. Per questo do ai soldi il giusto valore.
La libertà ha un prezzo! Che, in totale libertà, decide il singolo. E Più aumentano le esigenze e più il prezzo, quindi il costo delle libertà riconducibili agli sfizi quotidiani, lievita.
E fin quando si è costretti a sottomettersi al giogo del ricatto economico ci si consegna docili al nemico.
Non c'è bisogno di essere eroi ma persone parche per godere e disporre della libertà.
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Pino Pingitore |
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Vincenzo Trapasso, 2016, l'effimero rivalutato |
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"culture a confronto- Expo Italia 2015; Calabria: finestra d'Europa" polimaterico. mis. cm.100x100 |
La scogliera di Cassiodoro è situata tra i comuni di Stalettì e Montauro, nel golfo di Squillace. L’affaccio sul mare è spettacolare! ...