PER GAZA
![]() |
"per Gaza" |
La composizione polimaterica intitolata "Per Gaza" è un'opera che colpisce per la sua densità simbolica e per la scelta dei materiali: frammenti di packaging, pubblicità, etichette e scarti del consumo quotidiano, assemblati con una sensibilità visiva che trasforma il rifiuto in denuncia.
Materiali e
linguaggio visivo:
- L’uso di imballaggi consumati non è casuale: sono tracce
tangibili della voracità del nostro modello economico, che produce e consuma
senza tregua.
- Ie barchette di carta, realizzate con involucri di snack e
prodotti commerciali, evocano l’infanzia, la fragilità, ma anche il viaggio e
la fuga. In questo contesto, sembrano metafore di esodi forzati, di speranze
precarie che galleggiano tra le macerie.
- Il collage stratificato crea una texture visiva che
richiama il caos urbano, la sovrapposizione di stimoli e messaggi pubblicitari
che saturano il nostro quotidiano.
- Il titolo “Per Gaza” orienta la lettura verso una
dimensione politica e umanitaria. Gaza, simbolo di sofferenza e resistenza,
diventa il destinatario di un messaggio che denuncia l’indifferenza generata
dal benessere consumistico.
- L’opera sembra suggerire che mentre alcune parti del mondo
sono sommerse da prodotti e promesse di convenienza (“MAXI CONVENIENZA”), altre
lottano per la sopravvivenza, per l’igiene e la protezione (“IGIENE E
PROTEZIONE”).
Questa composizione non si limita a essere un esercizio
estetico: è una critica visiva al capitalismo, alla disuguaglianza globale, e
alla distanza tra chi consuma e chi subisce. Il fatto che i materiali siano
“consumati” è fondamentale: non sono semplici oggetti, ma reliquie di un
sistema che mastica e scarta, proprio come fa con le vite nei territori
martoriati.
“Per Gaza” è un’opera che non si limita a rappresentare:
interroga, disturba, provoca. È un grido silenzioso fatto di scarti, una
geografia della rimozione. La cancellazione parziale di Palestina è il gesto
più potente: non è solo una parola che manca, è una realtà che viene consumata
e dimenticata, proprio come i materiali che compongono l’opera.
L’opera si configura come una denuncia visiva contro la
voracità del modello economico occidentale, che consuma non solo beni ma anche
memorie, identità e territori. La scelta dei materiali non è decorativa, ma
concettuale: ogni frammento è una reliquia del consumo, un residuo che
testimonia l’eccesso e l’indifferenza.
La cancellazione parziale della parola Palestina è il fulcro semantico dell’opera: non è solo una parola
erosa, ma una realtà che viene sistematicamente logorata dal tempo, dalla
guerra, dall’oblio mediatico. Gaza diventa il destinatario di un messaggio che
non è solo empatico, ma accusatorio: mentre il mondo si perde tra “MAXI
CONVENIENZA” e “IGIENE E PROTEZIONE”, altrove si lotta per la sopravvivenza.
Le barchette, simbolo di gioco infantile, assumono qui un
significato tragico: sono fragili veicoli di fuga, speranze piegate e
galleggianti tra le rovine. L’opera non offre soluzioni, ma invita alla
riflessione, al disagio, alla presa di coscienza.
Per Gaza è un
atto di resistenza poetica. Un’opera che trasforma il rifiuto in linguaggio, il
consumo in critica, la cancellazione in memoria. È un grido silenzioso che
emerge dai margini, dai materiali dimenticati, dalle parole mutilate. Un invito
a guardare oltre la superficie, a riconoscere ciò che il nostro modello di vita
tende a rimuovere.
Nel cuore dell’opera “Per Gaza” si consuma un gesto semplice
e radicale: raccogliere ciò che il mondo scarta, ciò che il consumo ha già
digerito, e trasformarlo in memoria. L’opera non nasce da materiali nobili, ma
da frammenti di quotidiano logorato — packaging, slogan pubblicitari, etichette
— che raccontano la bulimia del nostro vivere occidentale. Eppure, in questo
caos visivo, si apre uno spazio di resistenza.
Le barchette di carta, costruite con involucri di prodotti
commerciali, sembrano giocattoli infantili. Ma qui non galleggiano su acque
tranquille: sono veicoli di fuga, di speranza, di precarietà. Navigano tra le
rovine di un mondo che consuma tutto, anche le parole. La scritta *Palestina*,
mutilata e ridotta a *“lestina”*, è il cuore pulsante dell’opera: una
cancellazione che non è errore, ma denuncia. È il segno di una realtà che viene
sistematicamente erosa, dimenticata, rimossa.
Il titolo “Per Gaza” non è una dedica romantica, ma un atto
politico. È un grido silenzioso che si leva dai margini, dai materiali poveri,
dalle parole spezzate. L’opera ci costringe a guardare: a vedere come il nostro
benessere si costruisce sull’indifferenza, come i nostri slogan di convenienza
si sovrappongono alle urgenze di chi vive sotto assedio.
In questo assemblaggio, ogni frammento è una voce. Ogni
strato è una storia. Ogni barchetta è una vita che cerca di non affondare. “Per
Gaza” non offre risposte, ma apre ferite. E ci chiede, senza urlare, di non
voltare lo sguardo.
Scheda Critica:
Titolo: Per Gaza
Autore: Mario Iannino
Tecnica: Assemblaggio polimaterico su supporto
cartaceo/cartonato
Materiali: Packaging commerciali, etichette, frammenti
pubblicitari, carta stampata, scritte manoscritte
Dimensioni: 55x94
Anno: 2025
Commenti
Posta un commento
LA PAROLA AI LETTORI.
I commenti sono abilitati per chiunque passa da qui, si sofferma, legge e vuole lasciare un contributo all'autore del post.
ATTENZIONE! Chi commenta i post del blog è responsabile di quanto scrive. Pertanto non è prevista nessuna moderazione o censura ai commenti salvo evidenti illiceità.