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venerdì 12 ottobre 2012

segreti, 1990

polimaterico, 1990, segreti
“segreti” c'è scritto sul dipinto datato 1990.
Il polimaterico su masonite mantiene intatta la carica espressiva. Coinvolge e intriga non solo per i segni che ho graffiato sul supporto 22 anni fa, resi ancor più potenti dal movimento delle cromie e dagli intarsi polimaterici.
Il quadro è potente! Nasconde e evidenzia giochi di potere inquietanti che non passano mai di moda ma si perpetuano coi, e, nei flussi storici, simili a maree e temporali.
Non ricordo avvenimenti precisi ma di certo, gli anni novanta furono teatro di cambiamenti epocali.
la Comunità Economica Europea diventa, nel 1995, Unione Europea. Ma i dati salienti dell'anno in questione, il 1990, sono: l'istituzione della Banca Europea per la Ricostruzione e lo sviluppo col compito di favorire la transizione dei paesi dell’Europa Orientale e dell’ex URSS verso economie aperte e di mercato. I suoi interventi, finanziati dal capitale sottoscritto dagli Stati membri, mirano a promuovere l’iniziativa privata e a fornire assistenza tecnica e sostegno finanziario per realizzare l’eliminazione dei monopoli, il decentramento e i processi di privatizzazione.
La Nazionale tedesca vince il mondiale di calcio in Italia, conquistando il terzo titolo.
    Nelson Mandela è eletto vice presidente dell'African National Congress.
    Scoppia la Guerra del Golfo (1990-1991) e le truppe irachene guidate da Saddam Hussein invadono il Kuwait.
Mentre il Premio Nobel per la pace è assegnato a Michail Gorbačëv.
22 anni sono trascorsi! E i segreti, gli imbrogli, le guerre per la supremazie, il potere, non sono scemate.

lunedì 30 aprile 2012

Saperi e fortuna

studi sulla terza dimensione, biro, 1999, m. iannino

Si può cavare sangue dalle rape?

Gratta e vinci enalotto totocalcio slot machine sono giochi inventati dall'uomo e destinati a chi ama il brivido!, sfidare la fortuna e vincere, forse, di sicuro rarissimamente, grosse somme di denaro col minimo sforzo fisico e nessuno intellettuale.

Nel coinvolgimento corporeo, dove la prestanza fisica e lo spunto intuitivo fanno la differenza, l'odore del sudore, misto alla polvere dei campi di tennis calcio pallavolo basket o sulle pedane olimpiche, si confonde con quello dei broker e dei procacciatori d'affari, ma anche qui la fortuna gioca un ruolo rilevante, salvo non sia determinata aprioristicamente dai burattinai clandestini che tirano i fili del gioco fuorilegge.

Per eliminare l'alta percentuale della casistica fortunosa, l'uomo colto, ha incluso altre forme di giochi ai quali affidare con maggiore certezza i propri capitali e vi ha apposto un'etichetta suggestiva, che incute soggezione nella stragrande maggioranza delle popolazioni educate al consumo veloce dei prodotti.

Sotto l'etichetta “opere d'arte” pullula la disinformazione o bene che vada le disquisizioni cervellotiche di chi vuole pilotare a suo piacimento “l'affaire arte”.
Un esercito ben equipaggiato osserva attentamente il mercato dell'arte. Lo cura e lo ravviva nella dialettica cara ai meccanismi della comunicazione di massa. Inventa tendenze e artisti di sana pianta, confonde ruoli e lemmi. Valuta secondo interessi risibili se raffrontati al peso specifico della creatività giocosa che differisce dall'artigianalità tangibile nei manufatti derivanti dalle tecnologie e ripetute all'infinito.
Attenzione! Non si tratta di arte popolare! Bene che vada può essere rapportata ad un'operazione strumentale tendente alla dialettica del “bell'e fatto”; all'azione del ready made cara ai DADA. Oppure agli effetti speciali della cinematografia. Che, sia ben chiaro, è e rimane un buon risultato del lavoro dell'uomo. Niente di più!


martedì 21 febbraio 2012

Totem e Feticci

Abbiamo conosciuto il selvaggio West nei film.

Quanta apprensione nelle sale buie dei cinema o nel soggiorno di casa davanti alla tivvù. La vecchia pellicola in bianco e nero testimoniava, fotogramma dopo fotogramma e rendeva vera la favola del selvaggio West tutta orientata a favore dei buoni yankie e inneggiava ad un modello di vita culturalmente agli antipodi rispetto al nostro.
Abbiamo appreso come e perché le tribù indiane davano forma e anima ai tronchi degli alberi trasformati in totem e siamo cresciuti con le immagini severe del pensiero elementare privo di retorica che invogliava a rammentare i criteri eroici e a volte magici, tante vite fa, ma questa è un'altra storia da raccontare in seguito, derivanti dalla saggezza degli anziani.
Adesso, visto che si parla di totem è bene ricordare cosa significhi per buona parte di noi la stagione dei film western. Parlare per sommi capi di sensazioni e atmosfere comuni dei ragazzi degli anni sessanta messi davanti a modelli immaginati o riflessi.

Adolescenziali fantasie hanno accompagnato il popolo Navajo nelle danze attorno al totem prima della battaglia e, di rimando, sospiri di sollievo si sono levati all'unisono al suono della carica dei “nostri” eroi o del “giovanotto” che incurante dei pericoli li affrontava per salvare l'innocente. Eroe era anche il guerriero pellirossa che rispettava l'avversario, il nemico, la donna del nemico e allevava come un figlio l'orfano dai capelli di sole disperso e trovato nella prateria dopo la battaglia.

Nello sfarfallio chilometrico della magica striscia dentata i valori sacri accompagnano la vita degli uomini del vecchio West.
Mondi mai esistiti nella realtà ma che hanno tramandato in quei film dal sonoro incerto modelli comportamentali distanti anni luce dall'attuale. Unico dato in comune, cordone ombelicale mai reciso che connota le nascite di tutte le guerre: l'avidità del potere.
Buoni e cattivi, distribuiti in entrambi i poli, fomentavano e continuano a farlo, i cuori ignari nascondendo le verità e le mire personali; ovviamente, malumori e guerre non dimostrano di essere strumenti di solidarietà nei confronti dei deboli ma offensive che servono per saziare l'avidità di qualche scaltro burattinaio sempre pronto ad anteporre il proprio interesse alla tranquillità sociale.

arte e cultura a ore12

I totem della società civile contemporanea, a differenza di quelli arcaici, sono elementi blasfemi assemblati con forme pensiero devianti e rappresentano i feticci di un consumismo insostenibile basato su mercimonio e devianze strumentali dilaganti se paragonati ai pali totemici tribali, in quanto, non ricordano più nobiltà d'animo e eroicità ma, appunto, la totale pochezza di pensiero costruttivo.



giovedì 26 maggio 2011

tutela delle opere intellettuali: prodotto©

aore12
m. iannino, 2011, prodotto©

Sono fermamente convinto che l’arte in generale non appartenga a nessuno, neanche a chi la produce, giacché, frutto consequenziale di stati mentali evoluti, apporta cultura all’umanità tutta. Quindi, tesoro e ricchezza intellettuale dell’umanità!

Il prodotto© invece è sostenuto dalla logica mercantile degli apparati economici finanziari tesaurizzanti. Insomma di quella categoria che condensa e attua il sistema privatistico; il “mio assoluto” salvo quando il prodotto non è ceduto dietro una congrua fonte di ricchezza materiale; soldi o beni materiali ritenuti vantaggiosi per chi li detiene.

Da ciò l’utilità dei marchi apposti a tutela dell’opera “culturale” spesso scadente o mero risultato di artigianalità e tecnica.
Molti sono le opere cosiddette “artistiche” e moltissimi gli “artisti” pompati da lobby di potere economico.

La fiera della vanità espone sui mass media il peggio della sottocultura imperante. Per sovvertire la tendenza involutiva non basta leggere libri, spesso scadenti ma propagandati come opere somme, visitare musei o ascoltare i guru della comunicazione!
Per cambiare rotta è sufficiente spegnere i canali pilotati dall’informazione. Rimanere in silenzio e ascoltare la voce del cuore. Quella vocina, per intenderci, che ha trasformato Pinocchio da burattino in bambino.

lunedì 13 settembre 2010

il gioco dei grandi

aore12
courtesy mario iannino, polimaterico, 2008
Il gioco dei grandi.

È solo il gioco dei grandi
Urlarsi addosso, vomitare cazzate
Seguire sentieri impervi
Prevaricare
Annichilire
Esaltare
Tradire!
Tradire la fiducia, millantare crediti in amore come in politica.
Impegnare energie in giochi di prestigio per mantenere supremazia e vantaggi carpiti con l’inganno. Mostrare la faccia buona; far finta di niente
per comodità o ignavia.
Non alterarsi mai
neanche davanti a verità sconce.

In politica, come in amore, vince chi fugge.


martedì 27 luglio 2010

contaminazioni e devianze del pensiero creativo

aore12

Ambiguità lessicali, contaminazioni e devianze concettuali retoriche della parola nel campo dei linguaggi non verbali.


Gli idiomi, nel consentire il dialogo tra soggetti differenti e affrancare l’esposizione del pensiero, nel permettere di confrontare percorsi di vita, esperienze, studi, ricerche e tutto ciò che la mente umana riesce a elaborare in chiave astratta, consentono la libertà ai grandi oratori di incanalare i concetti verso false verità o ideali.
Il duello tra tesi e antitesi è combattuto laddove gravitano interessi economici, d’immagine politica, culturale e religiosa. Ma la duttilità dei vocaboli, a volte lascia qualche margine interpretativo; la trasformazione fonetica o l’atonia consente aperture, analisi, proposte, provocazioni che l’interlocutore raccoglie e sviluppa, le fa proprie automaticamente e le rimette in discussione.

Scrittura e ars oratoria ampliano concetti, spiegano, modellano e pilotano il grande pubblico specie se suffragate da gadget mentali cari alle masse. Le masse incolte sono facili prede per i fabulatori ruffiani che lasciano intravedere il paradiso artificiale o terrestre voluto da quanti educati dagli spot pubblicitari. I maestri della parola innalzano, enfatizzano, minimizzano o annullano, a seconda dei casi, i fatti della vita come la morale, le leggi, i comportamenti e persino i linguaggi colti dell’arte.

Ma, davanti ai linguaggi alti dell’anima la sospensione del pensiero verbale è d’obbligo allorché si è alle prese col gioco creativo degli eterni bambini. Qui lo spazio mentale assume connotati differenti; non esiste la rigidità, il diniego imposto da ferree discipline di pensiero scolastico.
Gli eterni bambini giocano, inventano, ripensano luoghi e fatti; ripropongono ogni azione, cosa, colore, gesto secondo un fluire interiore unico che non lascia spazi ad ambiguità oratorie perché i linguaggi artistici, quando surrogati da parole, cessano di esistere, la loro unicità è contaminata da fonemi che non riusciranno mai a formulare le frequenze giuste giacché quelle sono già state usate dall’artista nell’atto giocoso della creazione. Eppure, molti, condizionati dalla formazione culturale, cadono nell’errore. Vogliano razionalizzare e concettualizzare un gioco mentale insondabile dal punto di vista concettuale e umanamente artistico.

Antonello Trombadori, stimato intellettuale e critico d’arte, quando, durante un nostro incontro degli anni ottanta, accennai a un chiarimento verbale davanti a un mio lavoro m’interruppe immediatamente e in tono perentorio affermò: tu pensa a dipingere che a inventare parole, suggerire poetiche e nella peggiore delle ipotesi dire cazzate bastiamo noi critici dell’arte: siamo pagati per questo. Concluse con un sorriso.

Come può un estraneo, se pur coltissimo, “spiegare uno stato d’animo altro” una condizione pro positivamente ludica concepita da un microcosmo sconosciuto? Sensazioni, pensieri e cultura non possono essere mai identici. Può, semmai, tracciare un’analisi sulla falsa riga dei movimenti artistici e degli artisti conosciuti, raffrontare la costruzione, il lirismo… ma mai penetrare la verità. Quella deve venir fuori dal muto dialogo tra opera e fruitore! Dissi risentito.

Oggi, gli do ragione; adesso comprendo il significato sottile delle sue parole, ma allora mi sembrarono blasfeme.

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