Italia, sovranismo da palcoscenico
Per scuotere le coscienze e far riflettere con stile.
La Repubblica delle bugie: cronaca tragicomica di un governo che non governa
Benvenuti nel grande spettacolo della politica italiana, dove le promesse si dissolvono come bolle di sapone, la coerenza è un optional e l’arroganza è diventata prassi istituzionale. Se pensavate che il potere fosse una cosa seria, preparatevi a ricredervi: qui si governa a colpi di tweet, slogan e gaffe da manuale.
Meloni & Co.: bugie in prima serata
Partiamo dalla regia. Il governo Meloni ha messo in scena alcune delle più clamorose bugie degli ultimi anni, con una disinvoltura che farebbe impallidire persino i migliori illusionisti.
Il caso Almasri: un individuo accusato di crimini contro l’umanità viene rimpatriato in Libia con un volo di Stato. Meloni, colta in fallo, parla di “avviso di garanzia” — ma era solo una denuncia. La differenza? Una è una bomba mediatica, l’altra è carta bollata. Ma chi ha tempo per i dettagli?
La tassa sugli extraprofitti bancari: annunciata come la crociata contro gli eccessi del capitalismo, si è trasformata in un buffet per le banche. Modificata, annacquata, svuotata. Alla fine, più che una tassa, è sembrata una carezza.
Taglio delle accise: promessa elettorale sbandierata come liberazione fiscale. Risultato? I prezzi alla pompa salgono, e il governo si giustifica con un elegante “non possiamo”. Traduzione: ci abbiamo ripensato.
Sanità pubblica: mentre si prometteva il rilancio, arrivavano i tagli. Liste d’attesa infinite, pronto soccorso al collasso, medici in fuga. Ma tranquilli, c’è sempre il bonus monopattino.
Occupazione della Rai: altro che pluralismo. La TV pubblica è diventata il megafono del potere, con una “egemonia culturale” che manco Orwell. Il telespettatore medio? Confuso, ma ben indottrinato.
Blocco navale: un’idea da film d’azione, rimasta però nel cassetto. Gli sbarchi sono raddoppiati, ma il governo continua a parlare di “controllo”. Forse intendono quello remoto.
Salvini: il ministro della sparata
Poi c’è lui, Matteo Salvini, il re delle intemperanze. Se c’è da dire qualcosa di discutibile, lui è già in diretta.
In TV promette stipendi da sogno, abolizione del numero chiuso a medicina “a costo zero” e un milione di posti di lavoro con uno scostamento di bilancio. Peccato che i conti non tornino nemmeno con la calcolatrice truccata.
Sui migranti, rivendica di aver “chiuso i porti” e ridotto gli sbarchi del 90%. I dati lo smentiscono, ma lui tira dritto. La realtà? Un dettaglio secondario.
E poi i tweet: insulti, provocazioni, meme. La politica come show, il dibattito come rissa.
Tajani, Malan e Donzelli: il trio delle meraviglie
Tajani parla di “fine tattica” della guerra in Ucraina. Tradotto: non sappiamo cosa fare, ma fingiamo di avere un piano. Diplomazia creativa, o semplicemente fumo negli occhi?
Lucio Malan dichiara che il governo “mette più soldi nelle tasche degli italiani”. Dove? Forse nei sogni. Tra stipendi fermi e bonus evaporati, la sua è una promessa da spot pubblicitario.
Giovanni Donzelli, invece, insulta un giornalista con un “pezzo di merda” e poi si scusa… con gli italiani. Non con il diretto interessato. Perché l’arroganza, ormai, è diventata virtù.
Conclusione: il potere senza vergogna
Questo non è solo un elenco di bugie. È il ritratto di una classe dirigente che ha smarrito il senso del limite, della responsabilità e del rispetto. Un governo che confonde il comando con il consenso, la propaganda con la verità, e il dissenso con l’attacco personale.
La Repubblica delle bugie non è una distopia: è il nostro presente. E finché non lo chiamiamo per nome, continueremo a viverlo come fosse normale.
Commenti
Posta un commento
LA PAROLA AI LETTORI.
I commenti sono abilitati per chiunque passa da qui, si sofferma, legge e vuole lasciare un contributo all'autore del post.
ATTENZIONE! Chi commenta i post del blog è responsabile di quanto scrive. Pertanto non è prevista nessuna moderazione o censura ai commenti salvo evidenti illiceità.