Cambia-menti per godere l'esistente
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"vasco e seneca, un incontro ideale"."illustrazione, courtesy©mario_iannino" |
CAMBIARE. da Seneca a Vasco Rossi, De Andrè e tutti gli
artisti, scrittori, operatori visivi, e gente comune che non ha visibilità, nel
corso dei secoli si sono espressi contro le intemperanze belliche dei
facinorosi. i lumi della ragione sembrano spenti in questo tempo infiammato
dalle guerre e dai genocidi… le parole sembrano prive di sostanza
CAMBIARE. da Seneca a Vasco Rossi, De Andrè e tutti gli
artisti, scrittori, operatori visivi, e gente comune che non ha visibilità, nel
corso dei secoli si sono espressi contro le intemperanze belliche dei
facinorosi. i lumi della ragione sembrano spenti in questo tempo infiammato
dalle guerre e dai genocidi… le parole sembrano prive di sostanza
È un pensiero che vibra come una corda tesa tra la filosofia
antica e il grido moderno, e non è un caso evocare Seneca, De André, Vasco
Rossi e la voce sommessa di chi non ha palco né microfono.
Seneca, già duemila anni fa, denunciava l’ipocrisia della
guerra: “Reprimiamo gli omicidi dei singoli uomini, ma glorifichiamo le stragi
di interi popoli”. Per lui, la guerra era il frutto di passioni collettive e di
una morale rovesciata, dove lo Stato autorizza ciò che in privato condanna.
De André, con la sua “Ballata dell’eroe” e “La guerra di
Piero”, ha smascherato la retorica bellicista e dato voce ai corpi dimenticati,
ai soldati che muoiono per ordini impartiti da chi non combatte mai. In
“Girotondo”, i bambini giocano alla guerra in un mondo distrutto, un epilogo
inquietante che denuncia la corruzione dell’innocenza.
Vasco Rossi, pur meno esplicitamente antimilitarista, ha
sempre cantato la ribellione contro l’ipocrisia del potere e l’illusione della
gloria. Il suo “Vivere” è un inno alla libertà individuale, lontano dalle
imposizioni collettive.
E poi ci sono gli artisti visivi, i poeti senza nome, i
cittadini che protestano in piazza o scrivono sui muri. Le loro parole, anche
se sembrano svuotate, sono semi. E i semi non brillano subito, ma germogliano
nel tempo.
In questo tempo infiammato, forse i lumi della ragione non
sono spenti: sono solo oscurati dal rumore. Ma restano accesi nei gesti
quotidiani, nei versi sussurrati, nei quadri che non vendono, nei post che non
diventano virali. Cambiare non è solo possibile: è necessario. E la bellezza,
anche se fragile, è ancora una forma di resistenza.
La frase “Cambiare macchina è molto semplice” è l’incipit
provocatorio della ballata *Cambia-menti* di Vasco Rossi, e racchiude in sé il
cuore del messaggio: il contrasto tra i cambiamenti superficiali e quelli
profondi.
“Cambiare macchina” è un gesto
materiale, immediato, quasi banale. Ma Vasco lo usa come paragone per mostrare
quanto sia facile modificare ciò che è esterno, rispetto alla fatica di
trasformare ciò che è interno.
“Cambiare donna è un po’ più difficile”, dice subito dopo, e
poi: “Cambiare vita è quasi impossibile.”
Questa progressione mostra come il cambiamento diventi
sempre più arduo man mano che si avvicina all’identità, alle abitudini, alle
convinzioni.
Il titolo stesso, *Cambia-menti*, è una sciarada: *cambia* +
*menti* = *cambiamenti*. Vasco gioca con le parole per suggerire che il vero
cambiamento è “mentale”, non estetico o sociale.
“Si può cambiare solo se stessi, sembra poco ma se ci riuscissi faresti la rivoluzione.”
In questo senso, *Cambia-menti* è una ballata esistenziale,
disillusa ma non cinica. Vasco non predica, riflette. E ci invita a guardare
dentro, dove il cambiamento è più difficile, ma anche più autentico.
E, lafrase di Seneca è una lama affilata che taglia
l’illusione del cambiamento esterno:
“Non è il cielo sotto cui vivi che devi cambiare, ma il tuo
animo.”
Una verità che attraversa i secoli e arriva dritta al cuore
del nostro tempo.
De André, con la sua “Ballata dell’eroe” e “La guerra di
Piero”, ha smascherato la retorica bellicista e dato voce ai corpi dimenticati,
ai soldati che muoiono per ordini impartiti da chi non combatte mai. In
“Girotondo”, i bambini giocano alla guerra in un mondo distrutto, un epilogo
inquietante che denuncia la corruzione dell’innocenza.
Vasco Rossi, pur meno esplicitamente antimilitarista, ha
sempre cantato la ribellione contro l’ipocrisia del potere e l’illusione della
gloria. Il suo “Vivere” è un inno alla libertà individuale, lontano dalle
imposizioni collettive.
E poi ci sono gli artisti visivi, i poeti senza nome, i
cittadini che protestano in piazza o scrivono sui muri. Le loro parole, anche
se sembrano svuotate, sono semi. E i semi non brillano subito, ma germogliano
nel tempo.
In questo tempo infiammato, forse i lumi della ragione non
sono spenti: sono solo oscurati dal rumore. Ma restano accesi nei gesti
quotidiani, nei versi sussurrati, nei quadri che non vendono, nei post che non
diventano virali. Cambiare non è solo possibile: è necessario. E la bellezza,
anche se fragile, è ancora una forma di resistenza.
La frase “Cambiare macchina è molto semplice” è l’incipit
provocatorio della ballata *Cambia-menti* di Vasco Rossi, e racchiude in sé il
cuore del messaggio: il contrasto tra i cambiamenti superficiali e quelli
profondi.
“Cambiare macchina” è un gesto
materiale, immediato, quasi banale. Ma Vasco lo usa come paragone per mostrare
quanto sia facile modificare ciò che è esterno, rispetto alla fatica di
trasformare ciò che è interno.
“Cambiare donna è un po’ più difficile”, dice subito dopo, e
poi: “Cambiare vita è quasi impossibile.”
Questa progressione mostra come il cambiamento diventi
sempre più arduo man mano che si avvicina all’identità, alle abitudini, alle
convinzioni.
Il titolo stesso, *Cambia-menti*, è una sciarada: *cambia* +
*menti* = *cambiamenti*. Vasco gioca con le parole per suggerire che il vero
cambiamento è “mentale”, non estetico o sociale.
“Si può cambiare solo se stessi, sembra poco ma se ci riuscissi faresti la rivoluzione.”
In questo senso, *Cambia-menti* è una ballata esistenziale,
disillusa ma non cinica. Vasco non predica, riflette. E ci invita a guardare
dentro, dove il cambiamento è più difficile, ma anche più autentico.
E, lafrase di Seneca è una lama affilata che taglia
l’illusione del cambiamento esterno:
“Non è il cielo sotto cui vivi che devi cambiare, ma il tuo
animo.”
Una verità che attraversa i secoli e arriva dritta al cuore
del nostro tempo.
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