Donatella Di Cesare impresentabile?
Donatella Di Cesare e il diritto alla complessità
Nel vortice della comunicazione politica contemporanea, dove ogni parola viene scandagliata alla ricerca di una “pistola fumante”, il caso di Donatella Di Cesare ci invita a una riflessione più profonda. La filosofa, candidata alle regionali, è stata travolta da polemiche per un messaggio di addio rivolto a Barbara Balzerani, ex militante delle Brigate Rosse. Un gesto che, per una parte della destra, è bastato a renderla “impresentabile”.
Il post, poi rimosso, parlava di “rivoluzione” e “compagna”, parole che hanno acceso il dibattito. Ma davvero un saluto umano, rivolto a una persona scomparsa, può essere letto come apologia del terrorismo? Di Cesare ha chiarito: non si trattava di giustificare la violenza, ma di riconoscere la complessità di una vita, di una generazione, di un’epoca.
È facile condannare chi ha sbagliato scegliendo la lotta armata. Ma quanti sbagliano ogni giorno, pur non impugnando pistole o piazzando bombe? Quanti, con decisioni politiche, economiche o sociali, causano sofferenze invisibili ma devastanti per i più deboli? La violenza non è solo quella che esplode: è anche quella che affama, esclude, marginalizza.
Barbara Balzerani è stata una donna che ha creduto in un mondo diverso, sbagliando strada. Ma il suo errore non cancella il diritto di essere ricordata con umanità. E Donatella Di Cesare, nel suo gesto, ha forse voluto dire proprio questo: che la memoria non è mai semplice, e che il giudizio non può essere ridotto a slogan.
In un tempo in cui il pensiero critico è spesso sacrificato sull’altare della polarizzazione, serve il coraggio di dire che la realtà è fatta di sfumature. E che la vera impresentabilità non sta nel ricordare chi ha sbagliato, ma nel rifiutare di pensare.
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