Calabria, dove curarsi è utopia
In Calabria, curarsi è spesso un percorso a ostacoli. Le liste d’attesa per visite specialistiche, esami diagnostici e interventi chirurgici sono talmente lunghe da scoraggiare chiunque, e la sanità pubblica, già fragile, sembra incapace di garantire tempi accettabili. Di fronte a questa paralisi, molti cittadini si vedono costretti a rivolgersi alla sanità privata, pagando di tasca propria ciò che dovrebbe essere un diritto garantito.
I medici di base, pur essendo il primo presidio di cura, si trovano stretti tra il dovere professionale e i vincoli imposti dai protocolli regionali e nazionali. Le prescrizioni sono spesso limitate da criteri di appropriatezza clinica, sistemi di controllo automatici e regole che scoraggiano la prevenzione, anche per pazienti cronici. Screening oncologici e analisi di routine vengono negati se non si rientra in fasce d’età o condizioni specifiche, e anche le esenzioni per patologie croniche sono soggette a interpretazioni restrittive.
La Regione ha annunciato investimenti per abbattere le liste d’attesa, ma la realtà quotidiana resta drammatica. Esiste una possibilità poco conosciuta: se una prestazione non viene garantita nei tempi previsti, il cittadino può rivolgersi al privato e chiedere il rimborso all’ASP, purché la priorità sia correttamente indicata dal medico. Ma anche questo percorso è tortuoso e poco pubblicizzato.
In una terra che avrebbe bisogno di più sanità, il sistema sembra fatto per scoraggiarla. Eppure, conoscere i propri diritti, pretendere trasparenza e fare rete tra cittadini può essere un primo passo per non arrendersi. Perché curarsi non dovrebbe mai essere un privilegio, ma una certezza.
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