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Cambiali, valvole e nepitelle La consegna sbagliata (che si rivelò giusta e gradita) C’era una volta. ( antefatto ) Il racconto prende vita dai ricordi della nonna, di una consegna che a lei sembrava sbagliata negli anni della sua giovinezza. Giovane sposa, casalinga e con i bambini piccoli. Il facchino salì le scale con il tecnico al seguito, trasportando un oggetto misterioso, ingombrante, avvolto in panni e curiosità. Bussarono alla porta della nonna. Lei aprì, guardò il pacco, poi guardò gli uomini. “Dev’essere un errore,” disse. “Qui non aspettavamo nulla.” Ma non era un errore. Era il televisore. Il primo del palazzo. A valvole, con un solo canale, ma bastava. Bastava a trasformare il soggiorno in sala proiezione, a far sedere i vicini sulle sedie pieghevoli, a far portare le cuzzupe e le nepitelle, gli gnocchetti e i tardiddhi durante i giorni di festa. Bastava a far diventare la casa del nonno e della nonna il centro di una piccola comunità affettuosa. La nonna, incredu...
"scrittura creativa" La retorica del “risparmio” è spesso una scorciatoia semantica che confonde consapevolmente l’ottimizzazione contabile con il benessere umano. I fautori dell’ora legale mostrano grafici, curve, percentuali: energia risparmiata, costi abbattuti, efficienza aumentata. Ma raramente si interrogano sull’effetto che questa disciplina del tempo ha sul corpo, sulla mente, sul ritmo interno delle persone. Ci dicono che l’ora legale è utile perché si risparmia e che la luce è “ottimizzata” secondo le esigenze industriali e economiche. Che i grafici parlano chiaro, ma nessuno mostra il grafico del sonno interrotto. Del risveglio anticipato. Del corpo che non si adatta. Della mente che si disorienta! Il guadagno è sempre economico; mai umano, psicofisico. Ma mai reale. Abbiamo imparato a misurare tutto, tranne il disagio. Ecco che la saggezza antica ci soccorre con la voce di una nonnina saggia, concreta, con il passo lento e il pensiero lungo, che parla co...
Ci vedevamo in via Luigi Rossi Finiti i compiti per casa, nel tardo pomeriggio, ci vedevamo in via Luigi Rossi, nella periferia a nord di Catanzaro con i compagni di scuola. Lì, nella campagna difronte al seminario S. pio X, il nuovo ospedale prendeva forma. Erano gli anni sessanta/settanta. Era il tempo dei primi amori. Degli sguardi lanciati da lontano. Era il tempo delle feste organizzate in casa tra coetanei e delle mamme attente, discrete gendarmi pronte a intervenire quando qualche burlone spegneva la luce mentre sul piatto del giradischi girava il fatidico lento.
"U morzeddhu nc’è sempa, specialmenta a matina mberzu i nova, massimu i decia. On c’è kkiù a zz'Angiulina e mancu a fregola però certi seppuru portara avanti a tradizziona. U morzeddhu u fhannu ancora sapuritu comun a vota. Bellu nzivatu ca pemma ti cacci u russu de labbra ammu t’ammogghji u serbiettu nto vinu e ma strichi.
DALL’ITALIA A NEW YORK. Tantissimi, tra amici e parenti, hanno lasciato l’Italia negli anni dell’industrializzazione. L’esodo, avvenuto tra gli anni ‘50 e ’60 si è protratto anche dopo, ma la maggior parte della gente si è spostata a ridosso di quella che è stata definita l’era industriale. In quegli anni ovunque arrivava l’eco del benessere e la voglia di cambiare vita contagiava chiunque. Specialmente nelle classi meno abbienti si coltivò la determinazione di cambiare vita e poter possedere un vestito senza toppe da indossare alla domenica e durante gli eventi belli in famiglia e nel paese. Contadini, braccianti e artigiani che vivevano alla giornata, non avendo altro da perdere e semmai qualcosa da guadagnare, decisero di intraprendere il viaggio della speranza. Chiesero aiuto e sostegno ai parenti e ai paesani che li avevano preceduti facendosi chiamare. Sì, funzionava così. Per potere avere il visto d’accesso all'estero si dovevano avere delle credenziali e la chiamata di ...
Rosina. Così l’aveva battezzata mia sorella Lucia. Rosina è stata la sua amica del cuore. La sua confidente, spesso la trovavo a parlare con lei. Le raccontava i suoi sogni e desideri, come avrebbe pensato e desiderato che fosse il futuro. Non aveva grandi idee per la testa nonostante la realtà molto spartana ch’era costretta a vivere.
racconto breve di mario iannino "scorcio di Palermiti, Catanzaro" Casa mia era situata sulla sommità di una collinetta nella parte storica del paese. Dal balcone, abbracciavo con lo sguardo l'azzurro del cielo e il verde della campagna all'unisono.
"fhimmini veniti veniti ccà! C'haijiu na cosa bella" “ajiu a mamma da cacioffhula. Mbe’ ch'è bella. Veniti veniti c'ajiu a mamma da cacioffhuuula!”. Alcuni episodi rimangono scolpiti nella memoria e sono difficili da rimuovere. Sembra che stiano perennemente in agguato. Pronti a riemergere appena gli si dà l’occasione.
“U capillaru passa”. Ripeteva assillante, l’uomo, piccolino e tarchiato, per le vie del paese. Con la sua voce stridula avvertiva di essere arrivato. Camminava lento, con la sua cassetta appesa al collo con una bretella e retta lateralmente dalle sue mani tozze.
Il grembiulino delle elementari. Giovedì 20 marzo 2025, ore 3’30. Primo caffè ristretto dopo qualche ora di dormiveglia. Dormo poco! Senza nessuna motivazione. Dormo poco e va bene così. Ho più tempo per meditare. Ripensare alla mia vita passata e all’attuale. A quando scrivevo con la penna e la matita e alla mia prima macchina da scrivere. Il passato non è, per me, fonte di nostalgia o rifugio. Non lo rievoco melanconicamente. È un esercizio mnemonico utile. Riandare indietro nel tempo aiuta a vivere meglio le contraddizioni, e affrontare il presente, pacatamente, forte degli errori commessi.
La scrittura è narrazione, poesia, amica paziente, confidente. Raramente fonte di guadagno economico ma, sempre e indiscutibilmente, è, l’azione dello scrivere, arricchimento interiore per chi la pratica e legge.
"natura. ©iannino, 2022" Camminava sommessa. Avvolta nel vancale, uno scialle di canapone bruno, la donna, con una ruga profonda simile ad un cretto che stentava a rimarginarsi e ben visibile sul volto affranto, stringeva a sé il bambino che la seguiva controvoglia. Il suo volto segnato dal sole e dal vento, gli stessi elementi che d’estate bruciano la terra e la rendono arida, era lo specchio della sua anima. Il suo volto, ricoperto da un intarsio dalle line frastagliate e profonde, appena appianato sugli zigomi lucenti la rendevano bella nonostante la pelle secca attaccata alle ossa ch’era un dato comune del piccolo centro rurale.
"strumbu" “ Và và và joca a la singa oppuru a lu strumbu ca u trissetta on fha ppe ttia .” Lo canzonò il compare mettendogli il mazzo di carte sotto l’ascella. “ và bbò ja a rivincita, fhacimu a rivincita”. “Ricogghjati! ” “ Fhacimu natra manu ppe patruna e suttha” – “Ricogghjati ca o n’è sirata vvà và ca ncunu t’aspetta a la casa…” . Scene simili erano soventi nel bar di Pepè, in piazza.
"Palermiti, Altare centrale chiesa madre" Smargiasso, in dialetto noi diciamo sbahanta, sbahantusu, culistru, presuntusu. La definizione linguistica varia lasciando immutato il pensiero pleonastico del lemma in armonia con i variegati linguaggi locali. Per il momento, nella mia esercitazione mnemonica, pesco dalla memoria le locuzioni comuni in uso in: Palermiti e Catanzaro .
A librettha. ‘nt a potigha nc’era tuttu u bena e Ddiu. U zitieddhu chi trasiu ccu mammasa guardau i boccacci chjni e gurtuneria: Caramelli e ‘nu centesimu nigri e culurati: liquirizia a formetta, nu pugnu ‘na lira i vindìa u puticharu. Caramelli duci e mari eranu e nceranu puru i crì crì: cicculatieddhi tundi chjini e panna. U ccannaruozzu sagghja e scindia , u zitieddhu ngghiuttia mbacanta. A mamma pigghiau do sinu a libretta: cumpara mi servarìa na puocu e baccalà e nu quartu e pasta … Mma’ un’ e chissi nimalieddhi guarda cchi ssù bieddhi chissu guà chissu ccà picciulu picciulu quntu mu pruovu o puramente na sciangomma o si nnò … Sinnò nenta figghjiu mia on ci su sordi … Mà e cchi tti servunu i sordi scrivi ‘nt ‘a libretta … Figghiu mia duva cacci e no mienti resta u vacanta, avimu u pigghiamu u necessariu …
Considerazioni di una casalinga. Abbiamo queste asciugamani da una vita eppure sembrano nuove! Come comprate ieri. A dire il vero quelle che compriamo adesso sono un velo, uno straccetto che puoi usare poche volte. Sì! Un tempo si riteneva che le cose di casa dovessero durare una vita; accompagnare i possessori del bene per un lungo tragitto. Dovevano essere di qualità oltre che belle!
Cicala o formica? In mezzo sta la virtù, si diceva una volta. Le generazioni che sono cresciute vergognandosi dalle pezze al culo non avrebbero mai potuto credere che le generazioni future le avrebbero attaccate e ostentate con orgoglio. E le avrebbero pagate assai. La moda costa! Molte cose sono state stravolte e quello che un tempo era nobile, uitile, consono adesso è un sentimento insignificante. Non è il caso di vergognarsi nel mostrare e ostentare la pochezza del pensiero dominante se l'esposizione mediatica porta benefici economici. L'immagine esteriore è importante. E chi sa esporre un bel corpo, un bel sorriso e, lascia intendere di vivere una favola è ben voluto e accettato ovunque.
“ Quandu vitta a serpa chjiamau a santu Pavulu”. Quando vide il serpente invocò san Paolo. È una forma verbale popolare antica che sta a significare la vacuità del pensiero umano difronte ai pericoli nonostante le spocchiosità mentali degli individui. Il vecchio detto nasce dalla presunzione di certuni nei confronti dei riti sciamanici adottati dai contadini o presenti nelle civiltà arcaiche. Riti propiziatori officiati prima della semina, per un raccolto abbondante o, come in questo caso, “esorcismi” battesimali celebrati a favore dei soggetti inermi per ingraziarsi le forze insidiose attive e in agguato, visibili e invisibili.
Estate. Tempo di mare, sole, montagna e … sagre. Dagli anni sessanta in poi l'estate è sinonimo di tempo libero e vacanze. Chi va al mare e chi in montagna per ricaricare le pile e preparare corpo e mente ad affrontare un nuovo anno di lavoro intenso. Molti tornano al paese natio. Il fenomeno dei migranti di ritorno a casa e nei territori che hanno accompagnato i primi passi e visto crescere è stata, negli anni della post-industrializzazione, un'onda comune per quasi tutto il sud Italia e può essere considerato il periodo d'oro per molti piccoli centri calabresi. La spiegazione è semplice!, La campagna non bastava più per soddisfare le nuove esigenze suggerite dal nascente consumismo. Gli spot pubblicitari invitavano al consumo di nuovi prodotti, costosi e non reperibili in loco; chi non ha sentito parlare in famiglia della commercializzazione a cambiali della televisione e del grammofono, della lavatrice e del frigorifero tra una canzone e l'altra irradiata dall...
Sì lo so fa caldo ma in agosto la terra dà frutti di stagione in pieno campo che, coltivati come da tradizione, se cucinati secondo le tradizioni locali nutrono gli occhi e lo stomaco dei commensali. I prodotti dell'orto rendono il massimo dal punto di vista organoletico e fanno un figurone sulle tavole. Nessuno ha mai disdegnato di gustare un buon piatto elaborato sapientemente e non c'è bisogno di essere delle buone forchette per apprezzare i prodotti ortofrutticoli cotti o al naturale. Alcune colture esaltano i sapori dando il meglio previa cottura e relative, successive, elaborazioni. Le melanzane ripiene sono tra queste. In quasi tutte le regioni le ricette delle nonne si somigliano: lessate e svuotate dalla polpa in modo da formare con la buccia una barchetta da riempire in seguito, le melanzane al forno , sono da considerare un piatto unico e completo da consumare caldo oppure freddo.
Chi siamo
Abbiamo aperto questo blog nell’aprile del 2009 con il desiderio di creare una piazza virtuale: uno spazio libero, apolitico, ma profondamente attento ai fermenti sociali, alla cultura, agli artisti e ai cittadini qualunque che vivono la Calabria.
Tracciamo itinerari per riscoprire luoghi conosciuti, forse dimenticati.
Lo facciamo senza cattiveria, ma con determinazione. E a volte con un pizzico di indignazione, quando ci troviamo di fronte a fenomeni deleteri montati con cinismo da chi insozza la società con le proprie azioni.
Chi siamo nella vita reale non conta. È irrilevante.
Ciò che conta è la passione, l’amore, la sincerità con cui dedichiamo il nostro tempo a parlare ai cuori di chi passa da questo spazio virtuale.
Non cerchiamo visibilità, ma connessione. Non inseguiamo titoli, ma emozioni condivise.
Come quel piccolo battello di carta con una piuma per vela, poggiato su una tastiera: fragile, ma deciso. Simbolo di un viaggio fatto di parole, idee e bellezza.
Questo blog è nato per associare le positività esistenti in Calabria al resto del mondo, analizzarne pacatamente le criticità, e contribuire a sfatare quel luogo comune che lega la nostra terra alla ‘ndrangheta e al malaffare.
Ci auguriamo che questo spazio diventi un appuntamento fisso, atteso. Come il caffè del mattino, come il tramonto che consola.
Benvenuti e buon vento a quanti navigano ogni singola goccia di bellezza che alimenta serenamente l’oceano della vita. Qui si costruiscono ponti d’amore.