Attenzione emotiva e buon senso
"e-mail al blog"; domanda e risposta:
Buon senso. E' un concetto che non indica più niente! lo si
capisce da come va il mondo. quello "civilmente emancipato". due
episodi che toccano le coscienze mi sovvengono: il gioco di Trump nella
geopolitica mondiale e le "piccole" vicende nostrane;le fake news
montate ad arte per trarne benefci, penso alle notizie montate con l'IA e
quelle che stanno inondando i media in queste ore, ovvero la disavventura della
famiglia che ha deciso di abitare e vivere i boschi per amore della natura e
del vivere in sintonia con il creato.
Capisco bene la tua riflessione: il “buon senso” sembra
essersi smarrito, soprattutto quando lo confrontiamo con dinamiche globali e
locali che mettono in crisi la fiducia collettiva.
Nella visione globale e degli influssi che ha la geopolitica
e il “gioco” dei grandi, infatti, sento di dire che:
- Le mosse di Trump nella geopolitica mondiale sono spesso
percepite come spostamenti strategici che privilegiano interessi immediati
rispetto a visioni di lungo periodo. Questo genera un senso di instabilità,
perché ciò che dovrebbe essere guidato da prudenza e buon senso appare invece
come una partita a scacchi giocata con regole mutevoli. In
questo contesto, il “buon senso” diventa un concetto relativo: ciò che per
alcuni è pragmatismo, per altri è azzardo.
Altra domanda:
Fake news e manipolazione dell’informazione
- Le notizie costruite ad arte, amplificate dall’uso
dell’IA, mostrano come la verità sia diventata un terreno fragile.
- Il caso della famiglia che ha scelto di vivere nei boschi,
trasformato dai media in una “disavventura”, è emblematico: un gesto di libertà
e ritorno alla natura può essere narrato come irresponsabilità o tragedia, a
seconda di chi racconta.
- Qui il buon senso dovrebbe consistere nel distinguere tra
informazione e spettacolarizzazione, ma spesso prevale la logica del sensazionalismo.
Parliamo, quindi, a giusta ragione del paradosso del “buon
senso”:
Un tempo era sinonimo
di equilibrio, misura, capacità di discernere.
Oggi rischia di essere svuotato, perché la società
“civilmente emancipata” sembra più attratta da estremi, polarizzazioni e
narrazioni costruite.
In altre parole, il
buon senso non è sparito, ma è diventato invisibile: non fa rumore, non genera
click, non produce consenso immediato.
In sintesi, direi che la tua osservazione coglie un nodo
cruciale: il buon senso non è più un valore condiviso, ma un bene raro, che si
manifesta solo quando qualcuno decide di sottrarsi al rumore di fondo e di guardare
le cose con lucidità.
Paolo Crepet è intervenuto sul caso della famiglia che vive
nei boschi, e la sua interpretazione mette al centro non tanto la scelta di
vivere nella natura, quanto la qualità della relazione affettiva ed educativa
tra genitori e figli.
Crepet ha sottolineato che non è la vita nei boschi a
destare preoccupazione, ma piuttosto l’assenza di attenzione emotiva che caratterizza
molti genitori “moderni”, troppo presi dai social e poco presenti con i propri
figli.
Ha provocatoriamente chiesto: *“I genitori che passano tutto
il giorno sui social ignorando i figli vanno bene, mentre chi vive libero nei
boschi no?”. Secondo lui, il vero nodo non è il contesto
(bosco o città), ma la qualità dell’affetto e della crescita educativa: un
bambino può crescere bene anche lontano dalla scuola tradizionale, ma non può
crescere senza una relazione affettiva solida.
Crepet ha espresso forti dubbi sull’allontanamento dei
bambini dai genitori, ricordando che essere separati dalla propria famiglia è
un trauma enorme, capace di lasciare cicatrici per tutta la vita.
Ha ribadito che la
scuola, nella storia della pedagogia, è stata vista come un luogo di
affettività e crescita, ma che questo non significa che vivere immersi nella
natura sia di per sé negativo.
- La sua posizione è quindi equilibrata: la libertà educativa
ha un limite, ma il giudizio non può ridursi a un automatismo che condanna chi
sceglie strade diverse.
Crepet lancia un messaggio implicito. E invita a riflettere
sul fatto che la società dedica enorme attenzione a casi “fuori norma” come
quello della famiglia nel bosco, ma ignora le difficoltà di tanti bambini
cresciuti in famiglie apparentemente “normali” ma emotivamente assenti.
La sua
interpretazione è un richiamo al buon senso: non fermarsi all’apparenza, ma
valutare la sostanza delle relazioni familiari e il benessere reale dei
figli.
In sintesi, Crepet non difende né condanna in modo assoluto
la scelta della famiglia, ma sposta il dibattito su ciò che conta davvero: l’affetto
effettivo, la presenza dei genitori e la crescita equilibrata dei figli.
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