"strumbu" |
“Và và và joca a la
singa oppuru a lu strumbu ca u trissetta on fha ppe ttia.” Lo canzonò
il compare mettendogli il mazzo di carte sotto l’ascella. “và bbò ja a rivincita, fhacimu a rivincita”. “Ricogghjati!”
“Fhacimu natra manu ppe patruna e suttha” – “Ricogghjati ca o n’è sirata vvà và ca ncunu t’aspetta a la casa…”. Scene simili erano soventi nel bar di Pepè, in piazza.
Era d’uso che dopo una giornata di lavoro ci si radunasse al
bar per una partita a carte e scambiare quattro chiacchiere. Solitamente i compagni
erano sempre gli stessi. Sedevano l’uno di fronte all’altro attorno al tavolo e
formate le coppie iniziava il torneo di briscola, tresette e scopa. La posta in
palio consisteva in un quartino di vino dopo lo sfottò ai perdenti. Qualcun altro
giocava a padrone e sotto. Sempre con le carte. Chi vinceva aveva il comando e
dopo una tiritera tra chi gestiva i bicchieri colmi di vino, il padrone,
decideva chi doveva bere e chi stare con la bocca asciutta. Il destinatario
dell’offerta doveva bere tutto d’un fiato. Avveniva che, se il gioco era
gestito con l’intenzione di fare ubriacare qualcuno, questi rientrava a casa “mussu e dinocchja, ntopiciatu”.
All’epoca della storia non c’era internet e neppure netflix
e le piattaforme simili ad offrire serate da film. Ma, figuriamoci, non c’era
neanche la televisione!
I passatempi si inventavano al momento. Bastava qualche
moneta in tasca per tentare la fortuna. I più scaltri sapevano calibrare peso della
moneta da lanciare il più vicino possibile alla linea tracciata per la strada e
la forza da imprimere. Qualcuno riusciva a spaccare la linea! E quello vinceva
di sicuro. Raccoglieva le monete sparse, le aggiustava nel palmo della mano,
sovrapponeva l’altra mano e le faceva roteare dentro i palmi ben serrati e, di
colpo le gettava per aria: testa o croce? Testa! uno, due testa e tre, quattro
croce!, rimanevano a chi aveva lanciato le monete per aria mentre con le altre,
quelle indovinate si continuava a giocare fino a quando, a giro in base all’ordine
d’arrivo, più vicina alla “singa”
non indovinavano. E quasi sempre l’ultimo rimaneva con un palmo di naso.
Un altro gruppetto giocava allo “strumbo”, una trottola di legno grande quanto una mano
lanciata dopo averla avvolta nello spago da cima a fondo. Anche in questo gioco
doveva esserci una grande dose di maestria. I più bravi riuscivano con un colpo
ben assestato a colpire una trottola mentre girava. La colpivano con un colpo
secco. Il chiodo si infilava nella sommità e la spaccava.
Giochi d’altri tempi. Giocattoli poveri, costruiti in casa e
per strada. Bastava un temperino ben affilato e un ciocco di legno a forma di
cono per rendere felice un ragazzo del popolo.
E la fionda? Chi non ne ha costruita almeno una nella sua
vita con una vecchia camera d’aria della
bicicletta e un legno a forma di Y?
Beh, forse no. È più facile andare al supermercato e
comprare un video gioco. Una card da inserire nel video game …
Nessun commento:
Posta un commento
LA PAROLA AI LETTORI.
I commenti sono abilitati per chiunque passa da qui, si sofferma, legge e vuole lasciare un contributo all'autore del post.
ATTENZIONE! Chi commenta i post del blog è responsabile di quanto scrive. Pertanto non è prevista nessuna moderazione o censura ai commenti salvo evidenti illiceità.