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venerdì 20 marzo 2020

Calabria, Giunta Santelli al completo

In pieno clima di coronavirus la Calabria si dota delle massime cariche istituzionali. La giunta è composta!

Alcuni nomi sono noti altri meno. Faccio un giro sul web. Le notizie sono scritte e dettate dalle condizioni “umane” di parte. C'è scritto di tutto. Io voglio, come sempre, fidarmi e prendere il meglio. Essere positivo e sperare nella buona fede dei nuovi designati.
Lo voglio con forza per il bene della nostra regione. E chissà che non sia la volta buona nonostante certi ossimori. ... che sanno d'incesto politico vecchio stampo ...



Un giudizio complessivo sulla nuova giunta? -chiede il giornalista al neo vice presidente della regione Calabria-

«Jole ha fatto un bel lavoro. Siamo molto diversi gli uni dagli altri, ma vedo grandi competenze ben distribuite. Finalmente ci sono le persone giuste al posto giusto. Adesso tocca a noi aggiungere alla giustezza della prima prova di questo vestito anche la giustezza di saperlo indossare per il futuro».
Ha avuto un mucchio di deleghe. Quali saranno le sue priorità?
«Tutte le mie deleghe sono collegate. Nella cultura e nell'identità rientrano anche lo sviluppo delle arti e dei commerci. La cosa importante è andare a recuperare quello che già abbiamo, cioè un patrimonio artistico, culturale e identitario assolutamente unico nel panorama delle regioni italiane. Ogni goccia del nostro sangue è composita come un arcobaleno. In questo tempo di grande disagio e disordine sociale, unire tutte queste deleghe significa dare alla Calabria la possibilità di rendere ciò che è in potenza in “pane” quotidiano».
Programma ambizioso.
«Lavoro, tranquillità, sicurezza, benessere. Tutto questo può consentire ai giovani di non partire più. Mi permetta di aggiungere una cosa».
«È vero che i nostri ragazzi sono stati mandati dai genitori a studiare fuori, ma appena è arrivata la paura della morte, quegli stessi ragazzi sono scappati di notte per tornare dai nonni, magari mettendoli in pericolo, ma senza riuscire a a stare lontani da casa. Se tutti quelli che sono scappati oggi cominciassero a pensare che è meglio non partire più, forse la Calabria comincerebbe a produrre quella ricchezza che qualcuno ha cercato di estirparle».

Ecco l’identikit della Giunta Regionale Calabrese:

  • Jole Santelli – Forza Italia – 51 anni – Cosenza – Presidente, ha tenuto per sè le deleghe a promozione e immagine della Calabria e dei suoi asset strategici turismo, cultura, agricoltura, ambiente e paesaggio. Politiche giovanili. Spettacolo e grandi eventi, film commission, sport. Programmazione nazionale e comunitaria, agenda digitale, affari generali, zes, sviluppo del porto di Gioia Tauro, formazione professionale, tutela della salute, nonché i rimanenti ambiti non delegati ai singoli assessori
  • Nino Spirlì – Lega – 58 anni – Taurianova – VicePresidente e Assessore a Cultura, ai beni e attività culturali, musei, teatri e biblioteche, associazionismo culturale. Politiche del commercio e dell’artigianato. Legalità e sicurezza.
  • Sergio De Caprio – Tecnico voluto da Jole Santelli – 59 anni – Montevarchi – Assessore all’Ambiente.
  • Sandra Savaglio – Tecnico voluto da Jole Santelli – 53 anni – Cosenza – Assessore a Istruzione e Ricerca Scientifica.

mercoledì 20 gennaio 2010

fernanda pivano e la beat generation


Fernanda Pivano e la beat generation
Per Fernanda, i tanti autori conosciuti in prima persona non sono strumenti di semplici pezzi di storia letteraria ma frammenti della sua esistenza in cui si uniscono anni di vita e di studio, tant’è che definisce genericamente " miei eroi" la totalità; "miei beat" Ginsberg e Kerouac, e “miei maestri” Abbagnano, Hemingway e Pavese. Hemingway e Pavese, agli occhi di Fernanda Pivano, hanno in comune una integrità professionale e morale assoluta.
Attenta alle mutazione della società e della cultura americana traduce Hemingway, Faulkner, Fitzgerald e li propone in Italia nella sua pubblicazione degli scrittori contemporanei più rappresentativi: dagli esponenti del movimento nero, come Wright; ai protagonisti del dissenso non violento degli anni '60, Ginsberg, Kerouac, Burroghs, Ferlinghetti, Corso; fino agli autori "minimalisti", prima Carver poi Leavitt, McInerney, Ellis.
L’“esploratrice” italiana della beat generation, Fernanda Pivano, Figlia di Riccardo, illuminato miliardario possessore di una banca, e della bellissima Mary Smallwood, nasce a Genova il 18 luglio del 1917, dopo le elementari, nella scuola svizzera, l'infanzia genovese, all’età di 9 anni si trasferisce a Torino e qui, al liceo d'Azeglio, incontra Primo Levi. Laureatasi nel 1941 con una tesi su Moby Dick, due anni dopo inizia l’attività letteraria sotto la guida di Cesare Pavese con la traduzione dell'Antologia di Spoon River di E.L.Masters. Allieva di Pavese e Nicola Abbagnano, ordinario di storia e filosofia dell’università di Torino, esponente della corrente esistenzialista italiana e fondatore dell’esistenzialismo positivo, consegue una seconda laurea in filosofia nel 43, lavora al fianco di Abbagnano come sua assistente per diversi anni.
Fernanda, innamorata della letteratura, nel 1948, a Cortina, conosce Hemingway e traduce il suo Addio alle armi. Nel 1949 sposa Ettore Sottsass jr, che fotografa e immortala i tanti viaggi indimenticabili e gl’incontri con Allen Ginsberg, Jack Kerouac, Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti, Neal Cassidy.
Nanda, s’innamora della letteratura americana per la forma scarna della narrazione, in netta antitesi con la tradizionale letteratura pragmatica e accademica europea; letteratura libresca, basata su indagini psicologiche.
"Mi hanno attaccata per non aver mai valutato i libri, ma io mi sono limitata ad amarli, non a valutarli: questo lavoro lo lascio ai professori".
Questa sua frase evidenzia il distacco dall'estetica pura impartita nei corsi di studi convenzionali e basa l’interesse letterario personale sulle vicende biografiche, sull'ambiente e sui fermenti sociali in cui sono immersi gli autori.
Bellezza e utilità dei volumi da lei tradotti è spesso documentata nelle lunghe e introduzioni accompagnate da saggi biografici. Dall'osservazione della realtà americana nascono i saggi: "America rossa e nera" (1964); "L'altra America negli anni Sessanta" (1971); "Beat Hippie Yippie" (1977); "C'era una volta un beat" (1976); "Il mito americano" (1980). Altri scritti sono raccolti anche in "La balena bianca e altri miti" (1961); "Mostri degli anni Venti" (1976).
Il primo viaggio negli Stati Uniti e' del 1956 e in India del 1961. Nel 1959 esce in Italia, con la prefazione della Pivano, Sulla strada (Mondadori) di Kerouac e nel 1964 Jukebox all'idrogeno di Ginsberg da lei curato e tradotto.
Nella sua movimentata vita, come già visto, incontra i maggiori scrittori contemporanei: Saul Bellow, Henry Miller, John Dos Passos, Ezra Pound, Gore Vidal, Jay McInerney, Judith Malina e il Living Theater e gli italiani Giuseppe Ungaretti, Alfonso Gatto, Salvatore Quasimodo.
Nel 2001 si reca a Ketchum, nell'Idaho, in un viaggio che la riporta nei luoghi della beat generation e dei suoi amici scrittori per il film documentario A farewell to beat di Luca Facchini.
Ma, Nanda è anche pianista! Diplomata al decimo anno di conservatorio, apprezza ed entra in sintonia con molti musicisti, tra questi: Bob Dylan, Lou Reed, Jovanotti, e Fabrizio De Andrè che considera enfaticamente e con affetto il piu' grande poeta italiano del secolo al quale dedica un testo che ha lo stesso titolo della canzone di De Andrè “La guerra di Piero” interpretato da Judith Malina. In occasione dei suoi 90 anni, nel 2007, conferma la sua gratitudine agli intellettuali che le hanno consentito di coltivare la passione per l’arte: "ho avuto due o tre eroi nella mia vita: il più grande e' stato Ginsberg. In America stanno pubblicando le lettere che mi ha scritto, mi raccontava cosa aveva visto dovunque andasse. Hemingway e' stato al di la' della misura. I miei maestri prima dell'America sono stati Pavese e Abbagnano, mi hanno insegnato tutto quello che so. Sono stata un'esistenzialista".
Per concludere, Fernanda Pivano è stata una figura carismatica della cultura italiana antifascista, frequentò poeti e scrittori della Beat Generation. Visse in America, a stretto contatto con Kerouac e gli atri artisti del movimento beat ma mai si lasciò tentare dai paradisi artificiali usati dai suoi amici per esplorare i mondi del subconscio; nemmeno uno spinello, diceva, niente alcol, funghi e peyote, Lsd e tutto il resto, nemmeno a pensarci. In America dal 1956, capì subito la novità rappresentata dai cercatori di nuovi stati di coscienza. Giovani contestatori che modulavano prose e versi sui battiti del bebop, il jazz esistenzialista di Charlie Parker, (secondo alcuni, padre dello stile jazz chiamato bebop. Virtuoso del proprio strumento, che suonava con una tecnica eguagliata da pochi, fu anche un personaggio dalla vita tormentata, segnata dalla dipendenza dalla droga e dall'alcool: il peggio di uno stile di vita che echeggiò al di fuori del campo strettamente musicale; ispirò i poeti della beat generation, nelle cui liriche, il jazz e Parker stesso sono citati.) i musicisti neri si pongono due obiettivi: liberarsi dai rigidi arrangiamenti delle big band per esprimersi e manifestare liberamente la loro ribellione al mondo ipocritamente sorridente di quegli anni.
Per Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti, Nanda fu una affettuosa sorella maggiore, una vice-madre saggia e comprensiva. Fu lei a tradurre i loro libri, a battersi perché opere come Sulla strada e Urlo fossero pubblicate in Italia. Dedicò soprattutto ai poeti i suoi sforzi maggiori, componendo l’antologia Poesia degli ultimi americani (Feltrinelli) con la quale offrì ai lettori italiani un tesoro di novità. Li ospitò nella sua casa a Milano (in quel periodo, Nanda era ancora sposata con l'architetto Ettore Sottsass), li aiutò e si fece spiegare il senso e le allusioni della loro lingua da iniziati, senza pregiudizi. In una rara intervista televisiva realizzata per la Rai, Fernanda Pivano chiese a Kerouac: «Jack, dimmi, ma perché non sei felice?» E lui, visibilmente deturpato dall’alcol, non rispose.

domenica 26 giugno 2011

Calabria, crocevia di storie

Gente del sud.

Ricordo chiaramente la sensazione di disagio che saliva quieta mentre mi accingevo a trascorrere un periodo della mia vita in luoghi sconosciuti. Luoghi che, a detta dei media, sono tutt'ora sinonimo di ‘ndrangheta, di malaffare e violenza. Se fosse dipeso da me avrei fatto volentieri a meno, e mentre preparavo le valigie immaginavo scene di sangue, aggressioni, arroganze … ma no! Ripetevo mentalmente per farmi coraggio. Eviterò i luoghi malfamati, le periferie e le persone rozze. Mi faccio i fatti miei e dopo il lavoro, una doccia e via su qualche spiaggetta dei mari del sud!, tra lo Jonio e il Tirreno c’è solo l’imbarazzo della scelta! Sì, mi faccio i fatti miei e mi godo il sole e il mare pulito della Calabria selvaggia.
©arch.M.Iannino
veduta sullo jonio

Quant’è vero che la fantasia condiziona la realtà anche di noi calabresi cresciuti nelle città. A furia di sentire storie di cronaca nera, tutto diventa cattivo. È come un virus che penetra dentro il corpo buono e lo infetta, provocando, a volte, metastasi.
Oggi lo posso affermare con convinzione! La Calabria, non è tutto quello che si legge o si sente. La Calabria e la sua gente sono ben altro! L’ho scoperto a mie spese. Non perché abbia deliberatamente fatto delle ricerche, ma perché condizionato da un lavoro che mi ha portato a conoscere moltissimi paesini dell’interland compresi quelli che mai avrei pensato di visitare. Paesi che nell’immaginario collettivo sono covi di ‘ndranghetisti, con cantine trasformate in covi per latitanti e campagne piene d’insidie.
Ci sono anche questi!, inutile negarlo; paesi tristemente noti per faide sanguinarie tra persone dotate di un’intelligenza primitiva protese a salvaguardare i propri interessi con ogni mezzo, anche con la violenza, ma non sono per strada a dare fastidio alla gente che passa, sono attenti ai loro affari come nel resto del mondo; d’altronde, la cronaca parla di episodi efferati accaduti a Roma, Milano, New York. E che dire, allora, delle guerre economiche innescate dai poteri occulti dell’alta finanza? Di quella lobby famosa come mafia dei colletti bianchi che pur di guadagnare e fare profitti non bada a nulla? La stessa che fa transazioni d’affari con imprenditori sani e malavitosi senza battere ciglio? La seconda scelta, naturalmente, non giustifica la prima, ma è tanto per ricordare che nella società ci sono i buoni e i cattivi dappertutto!
Cosa diversa è la delinquenza comune, il bullismo, l’indifferenza, fenomeni sociali, questi, che fanno più vittime nelle grandi città piuttosto che nei paesini dove tutti si conoscono e l’ospitalità è ancora ritenuta un dovere sacro da rispettare. Ma quanti sono o saranno indotti a recarsi in quei luoghi da pressanti situazioni lavorative e quanti invece per amore di bellezza per la conoscenza? saranno le stesse che abbattono le paure perché ne va di mezzo la tranquillità economica personale e della famiglia per chi è sposato? Ecco, questo mi sono chiesto, specie dopo aver letto un articolo su Repubblica a firma di uno scrittore, noto per avere scritto un libro sulla camorra, ora sotto protezione perché ha ricevuto minacce di morte dopo averlo pubblicato e conteso dai “salotti sull’antimafia”, che titolava “Così si muore in Calabria, per la legge della terra” e intercalava, a mio avviso, quasi compiaciuto: “…ma questa non è una strage dettata semplicemente dal raptus di paesani che vivono in terre del sud dove ci sono più pistole che forchette…”.
La mia esperienza, dicevo, è diversa. Ho conosciuto i calabresi, quelli resi “brutti” da giornalisti e scrittori di cronaca dalla penna facile; sono entrato nelle loro case; non ho trovato pistole nei cassetti delle cucine ma forchette e posate. Posate per imbandire le tavole con lo scopo di accogliere degnamente gli ospiti.
Le storie che seguono, se pur romanzate prendono spunto da esperienze reali. Incontreremo i luoghi e l’animo della gente, le diverse realtà conosciute in uno spaccato molto vicino al vero, come i paesi dell’accoglienza dove gli extracomunitari si sono insediati e convivono con i calabresi tra scorci paesaggistici d’incommensurabile bellezza.
Buona lettura.

sabato 25 aprile 2009

nei luoghi dell'anima: quattro passi in Calabria

Nei luoghi dell’anima
aore12


©mario iannino

Centodieci chilometri orari; và bene così! Il viaggio è lungo, meglio non forzare il motore. Dice tra sé Vittorio. Oltretutto, deve prestare attenzione al carico. Un carico estremamente delicato, costato anni di travagliato e intenso lavoro. Un lavoro fuori dal normale, esigente, che implica dedizione e onestà intellettuale, doti poco conosciute nella sfera del generico impegno per cui è sbagliato definirlo “lavoro”. Diciamo piuttosto che è un’attività che non lascia alternative anche perché non sei tu a condurla è lei che ti possiede. E Vittorio lo sa bene. A dire il vero, lui, avrebbe fatto a meno d’intraprendere l’ennesimo infruttuoso viaggio, suo malgrado sta lì, a contare le buche e le deviazioni della Salerno Reggio Calabria. Ma, il più è fatto. Ormai è questione di poco. Sta per arrivare alla meta.
“Sì pronto…no sono ancora in viaggio…sì, va bene, ti richiamo appena arrivo”. Pensare che all’inizio non sopportava il telefonino ed ora… “Sì…pronto chi parla? No ha sbagliato …Ah, è lei sì sono in viaggio. Tra qualche ora dovrei essere a Roma. Non si preoccupi a presto”. Click
“Se non mi avesse assillato con le sue telefonate avrei già chiuso da un pezzo con le fiere! Comunque questa è l’ultima!, l’ultimo canto! Poi tumulerò definitivamente teorie e illusioni! Ecco ci sono quasi... Finalmente! Adesso affrontiamo la bolgia del raccordo anulare…i divieti d’accesso, gl’immancabili lavori in corso; il traffico di via Nazionale, Piazza Venezia… Dovrei esserci: eccolo là! Sì è lui”.
“Maestro! Venga da questa parte, venga. Giri a sinistra, oltre il cancello c’è l’entrata secondaria.”
“Grazie! (l’inizio sembra buono! Almeno non sto col patema d’animo dell’intralcio al traffico…)”
“Si accosti ancora un po’…così! A posto! Ben arrivato! Ha incontrato difficoltà nel viaggio?” “No! Grazie. Tutto bene! Comodo questo cortile…anche l’ambiente interno è ben strutturato.” “Sì è una gran comodità! -Incalza il gallerista- Vedrà, qui è diverso. Abbiamo dei clienti esigenti, come le dicevo al telefono; non per invogliarla a venire, d'altronde, stasera se ne renderà conto: i nostri collezionisti hanno il palato fine.” “Non lo metto in dubbio, ma ora posizioniamo i lavori.” “Non si preoccupi Maestro, tra poco arriverà il nostro critico insieme a due operai, sarà lui a curare il montaggio della mostra! Venga, andiamo a mangiare un boccone, ha bisogno di ritemprarsi non vorrà crollare durante l’inaugurazione, spero. Venga! Proprio qua dietro c’è una trattoria niente male, noi ci andiamo spesso…”.

Il rituale si ripete: dopo il lavoro manuale per concretare attraverso il mestiere i suggerimenti dell’anima, Vittorio, si ritrova all’ennesimo appuntamento espositivo non più con l’entusiasmo giovanile ma con l’amara esperienza di chi ha cozzato più volte contro il muro delle lobby pilotate e l’indifferenza della collettività massificata. La realtà quotidiana, quella che fa i conti in tasca, ha avuto il sopravvento, ha sussurrato, urlato, imposto la sua logica, e vittoriosa ha asservito le intelligenze alla cruda indolenza dell’evoluzione tecnologica e mercantile: nel sibilo ringhioso degli affari non c’è spazio per la crescita poetica: è il denaro che conta che rende forti e potenti che muove le platee mondiali e apre a crociate mistificatrici . È ancora presto per la città del sole; è pura utopia caro Fra’ Tommaso! Chissà se mai si avvererà il tuo sogno.

martedì 28 aprile 2009

il graffio dell'aquila, racconto breve sull'essere writer

racconto breve. tutti i diritti riservati ©mario iannino
aore12

Il graffio dell’aquila

Le strade vuote sono solo un ricordo, come pure la familiarità dei volti che s’incontravano un tempo durante la passeggiata. Ora, i “quattro passi per incontrare gli amici” sono rimpiazzati dallo shopping frenetico e le strade cittadine sono il luogo d’assedio di un intenso esercito d’acciaio, rumoroso e arrogante. Le macchine invadono le corsie, i marciapiedi e persino gli scivoli per i disabili. Mezzi meccanici e dissuasori ostruiscono l’accesso dei negozi, delle case… E gli incroci?, gl’incroci sono diventati punti nevralgici di improbabili affari: gente di tutte le razze aspetta il rosso per tendere la mano, lavare il vetro o offrire fazzoletti di carta!

La vecchia fisarmonica ha una voce flebile; è quasi un lamento impercettibile. Mi accorgo della presenza dell’uomo dall’ombra che mi butta addosso. Alzo lo sguardo: sarà alto un metro e sessanta; cicatrice sulla guancia destra e capelli crespi ossigenati. “Dare tu kualcosa pe manciare crazie”. Ripete con voce roca il miserabile, a noi, benestanti automobilisti italiani. A dire il vero sono pochi i finestrini che si abbassano e le mani che sbucano con qualche moneta per la ragazza che agita stancamente il cestino della questua.
Alla mia destra, il conducente della piccola cilindrata freme; scarica la sua vitalità sui comandi del mezzo meccanico personalizzato all’inverosimile:
L’egocentrismo giovanile contamina gli oggetti; li modifica secondo un’intima estetica, che, a primo acchito, può sembrare dissacrante, priva di leggi ma non lo è! La giovane esperienza legittima una filosofia di vita che li uniforma tutti; li rende somiglianti al proprio sentire, li correda di simboli e i loro feticci diventano l’appendice naturale di una personalità plurale.
Nel caso in questione, il carattere del singolo si manifesta attraverso i colpi d’acceleratore che fanno a gara col volume dello stereo, la grinta, i tatuaggi ed i capelli sparati. Meglio ignorarlo! Dirigo l’attenzione verso il semaforo. Oltre la luce rossa, dall’altra parte della strada, la piazzola del bus è invasa da calchi di gesso dozzinali e piante sempreverdi a dieci euro. Il mercante di statue parla col venditore di piante. Sgasate rabbiose sollecitano il capofila ancor prima che scatti il verde. Le moto impennano. Scatta il verde. Ingrano la prima. Il serpentone d’acciaio, di cui io faccio parte, fa pochi, pochissimi metri, giusto il tempo d’oltrepassare l’incrocio e scrasc s’arresta. La signora, dopo il primo attimo di smarrimento, reagisce con forza. Estrae il telefonino e spegne il motore, determinata a non spostarsi fino all’arrivo della forza dell’ordine. I clacson impazziscono. Le macchine contromano impediscono ogni tentativo di manovra. Non rimane che aspettare! L’ingorgo aumenta. Qualcuno scende dalla macchina e s’avvicina al luogo dell’incidente. Dal nulla, spunta un nugolo di ragazzini minuti. Il più piccolo arriva appena al finestrino; si alza sulle punte e bussa al vetro. Fa tenerezza. Nonostante ciò, non abbasso il vetro. Lo osservo mentre disegna cerchi concentrici sul finestrino: le sue unghie contornate da un velluto nero scivolano sulla superficie. Mi sorride! Si gratta i capelli arruffati; strofina la manica sfilacciata sulla bocca e passa oltre. Lo seguo con gli occhi sgattaiolare tra le macchine. Di tanto in tanto si gira, guarda indietro. Attraversa, e ripete le stesse movenze sull’altra corsia. Ormai il traffico è intasato. Il piccolino, si affianca ad uno più grande; gli sta dietro, chiede qualcosa, poi lo abbandona e riprende a grattare con la manina sui vetri delle macchine. Il venditore di statue indica un percorso alternativo.
Alcuni automobilisti imboccano una stradina laterale non asfaltata e, dopo pochi minuti, ricompaiono qualche metro oltre l’incidente. Seguo il loro esempio. La macchina saltella; le ruote sprofondano nelle buche salgono sulle pietre torcono i bracci; ed io, sballottato da una parte all’altra, faccio fatica a tenere lo sterzo. Qua e là, quasi buttate a caso, lungo il precorso accidentato sorgono delle costruzioni in lamiera e mattoni. Un ruscello putrido attraversa le baracche popolate da marmocchi; qualche cane, un paio di capre e due asini. La stradina finisce davanti l’ultima casupola poggiata al muro di pietre ingabbiate nella rete metallica. Faccio retromarcia; posiziono la macchina, ingrano la prima e mi blocco: un enorme cane rabbioso, sbucato da chissà dove, ostruisce il passaggio. Lui, la bestia, abbassa il muso, digrigna i denti e mi punta. Do gas lentamente; cerco di aggirarlo. Svolto dietro la baracca. Giro l’angolo: cinque viuzze tutte uguali si aprono a ventaglio. Ne prendo una a caso, confidando nella buona stella. Lo scenario non cambia: rottami disseminati dappertutto, carcasse di macchine, lavatrici, ferrivecchi, baracche e la belva che digrigna i denti sempre davanti a me. Le donne sull’uscio mi scrutano diffidenti. Un uomo fa cenno di fermarmi. Freno; abbasso il vetro e: “Cerchi qualcuno?” “No, credevo di sbucare da qualche parte oltre l’ingorgo ma mi sono perso!” il villaggio si anima. Una marea di marmocchi accerchia la macchina. Una donna fa segno che c’è una gomma a terra. Cerco il cane: non lo vedo. Scendo. I bambini m’indicano la ruota. Impreco. Mi guardo attorno diffidente. Apro il cofano. L’uomo m’interroga nuovamente, ma questa volta in dialetto: A sai cangiara? (1) –e senza aspettare risposta, intima: Totò provvìda! (2) Prontamente, Totò, esegue gli ordini. Il cane abbaia; i bambini lo trattengono. L’uomo lo zittisce-.

mercoledì 13 maggio 2020

Pandemia, quanto ci ha cambiato?

Eccomi di ritorno dalla spesa. La solita fila ordinata. Il solito vigilantes all'ingresso del supermercato che gentilmente fornisce due buste che fungono da guanti. Coppie di coniugi che chiedono di poter entrare insieme. Gente di tutte le età fanno il paragone tra prodotti e prezzi. Carrelli semivuoti. L'emergenza iniziale non si ravvisa più. E la normalità sembra essere alle porte. Quantomeno da noi in Calabria che viviamo, apparentemente, di sole e ambiente pulito e che ci portiamo dietro secoli di sopraffazioni, piagnisdei e conflitti a parte, osserviamo le leggi dello Stato e, perciò, vorremmo essere coinvolti nelle gestioni emergenziali specie quando queste risultano essere impopolari e drastiche da attuarsi.

Per chi come me abituato a stare in sede, sono, come si suol dire, un pantofolaio, uno che preferisce stare a casa, riflettere e lavorare in fucina, l'effetto “domiciliari” imposto dalle misure governative per contenere la diffusione del virus non è pesato più di tanto e non ha sortito l'effetto “capanna” postulato dalla psicologia moderna. Anzi potrei affermare che la situazione di messa a dimora di alcune pratiche socializzanti si è dimostrata persino terapeutica per l'ambiente.

Quantomeno si è risolto il problema del buco nel'ozono. L'aria che respiriamo è più ossigenata e persino gli animali timidi come i cerbiatti si avventurano verso le periferie cittadine. È stato avvistato un esemplare sotto il ponte Morandi, lungo la fiumarella di Catanzaro. E, Per la prima volta si è parlato dell'avvistamento di un grosso cinghiale. Una bestia enorme quanto una cinquecento! Così lo ha definito una ranner che se l'è visto davanti durante la sua consueta corsa lungo il perimetro del quartiere corvo, periferia alquanto dimenticata del capoluogo calabrese.

Però adesso anche basta! Può bastare la chiusura e l'isolamento da appestati.

Lo stato di allarme ha imposto l'adozione di soluzioni estreme. E non tutti hanno reagito nello stesso modo. Vuoi per cultura. Per abitudini. E per necessità.

Dopo la lunga detenzione gli effetti dell'isolamento si presentano esasperanti per alcune categorie.

I soggetti deboli e quanti traggono sostentamento dal commercio soffrono maggiormente il lockdown, ovvero la chiusura totale o parziale delle attività lavorative rispetto ad altre categorie produttive. E Le serrande abbassate dei negozi, delle sale cinematografiche, dei musei, dei parchi giochi, ristoranti, bar, e quant'altro evidenziano nuovi problemi che sfociano in nuove necessità sociali se non addiruttura in nuove povertà visto l'indotto che ruota attorno alle attività imprenditoriali.

Dalla patologia sanitaria alla necessità sociale ed economica del paese il passo è breve.

Senza fare le pulci al mercato e senza difendere a spada tratta nessuno ancora una volta siamo difronte alla nascita di nuovi mostri mediatici. Personaggi che presenziano tutti i salotti televisivi e che hanno una risposta certa, categoricamente e scientificamente inoppugnabile, bontà loro, ai problemi della gente comune.

Rispondono, i tuttologi, ai quesiti esistenziali di persone portatori di handicap mentali e fisici comuni e non. Blindano spiagge e monti. Irrigidiscono la mobilità tra i confini geografici regionali, provinciali e comunali.

Sembra che ci sia una gara in atto per chi la spadella più grossa e la rende originale. Avendo, dato il tempo a disposzionine, la possibilità di ragionare e meditare sui mali e le storture creatasi dovremmo ricordare anche a noi stessi che siamo dotati di raziocinio cos'è bene e cos'è male!, che l'autoconservazione non è un optional e sa quando fare scattare il campanello d'allarme.

Non è un caso se le zone più colpite e che rimangono a rischio siano quelle col più alto tasso d'inquinamento atmosferico.
Come non è un caso se in Calabria la pandemia abbia portato paure e psicosi invece dell'ondata devastante del virus. E qui l'analisi si fa seria. Antropologica. Ambientale. Logistica.

Buon senso, quindi. Per la sicurezza e il bene comune. Osserviamo le regole ma senza esagerare con la caccia agli untori.

mercoledì 21 aprile 2010

3,4,5 maggio a Catanzaro, quinta conferenza nazionale delle bonifiche


Lunedì 3 maggio, presso il teatro politeama di Catanzaro, il presidente dell’urbi Calabria, Grazioso Manno, aprirà i lavori della quinta conferenza organizzativa dell’associazione nazionale delle bonifiche e delle irrigazioni.

“Celebreremo la giornata con fatti concreti !” Così il presidente Grazioso Manno annuncia i tre giorni di lavori che vedranno impegnati gli oltre 400 dirigenti nazionali dell’Anbi, acronimo di “Associazione nazionale delle bonifiche e delle irrigazioni”; in Calabria, nel villaggio porto roca di Squillace lido nei giorni 3, 4 e 5 maggio, per la Conferenza organizzativa nazionale dei Consorzi di Bonifica per discutere e valutare strategie concrete per mettere in sicurezza il territorio e far decollare le eccellenze produttive legate al territorio regionale, dal turismo all’agricoltura.
“Il 3, 4 e 5 maggio avremo l’onore e l’onere di ospitare 400 dirigenti, provenienti da tutta Italia, che si confronteranno sui modelli organizzativi necessari per affrontare le complicate sfide della difesa del suolo e la gestione delle acque. Tre l’altro, temiamo che la scelta di lanciare, ancora una volta, proposte concrete per la tutela del territorio nazionale dalla Calabria, si giustifichi, anche, dalla oggettiva presa di coscienza che nonostante tutti i 409 Comuni calabresi siano stati classificati a rischio idrogeologico dal Ministero dell’Ambiente e dall’Unione delle Province Italiane già nel 2003, ancora poco sia stato fatto. Crediamo che questa situazione emblematica, e non esclusiva, della nostra regione possa e debba essere interpretata come una opportunità per l’intero Paese; crediamo che l’agricoltura ed il turismo calabresi, eccezionali, se non esclusive infrastrutture produttive, possano e debbano decollare solo attraverso coerenti scelte di politiche attive di tutela del territorio. Sono state queste convinzioni che ci hanno permesso di avviare e concludere una fase di autoriduzione dei costi di gestione dei Consorzi calabresi che abbiamo sempre considerato un “semplice” ed indispensabile presupposto per una legittima proposta dell’attuazione di un serio piano di messa in sicurezza della Calabria e di una gestione oculata delle acque. Crediamo che sia stato particolarmente significativo che questo processo di autoriforma si sia consumato con e grazie alle due ultime giunte regionali guidate dal centrodestra, prima, e dal centrosinistra, poi”. “Siamo certi - ha concluso il presidente dell’Urbi calabrese, Manno - che, con e grazie a questa Giunta appena insediata, si possa e si debba avviare e concludere la conseguente fase operativa di un cambiamento di cultura gestionale che sarebbe, una volta per tutte, veramente emblematico: è questo il migliore degli auguri possibili che sentiamo di rivolgere a tutti i calabresi per tramite del presidente Scopelliti e di tutti i neo-consiglieri ed assessori regionali”.

sabato 20 marzo 2021

Restrizioni preventive e libertà personale

Leoni da tastiera? No! Insetti maleodoranti e schifosi che si cibano di merda.

È diventata una terapia l'atto della scrittura! Possiamo farlo tutti, basta un computer o un tablet, un telefonino.

La terapia della scrittura domina il web. non si nega a nessuno neppure agli stupidi scaricare le tensioni attraverso e con la scrittura, e internet, come disse un notissimo scrittore e fine intellettuale, ha concesso la possibilità di farlo a chiunque.

Umberto Eco, ché in un primo momento ritenni elitaria la considerazione e perciò non condivisibile, alla luce dei fatti, viste le tante stronzate liberate a cuor leggero sui social e, peggio, sui blog e giornali on-line di quanto si pubblica e si legge, dicevo, devo ricredermi e dargliene atto: aveva e ha ragione.



Devo dargliene atto:

Sì ha detto una grande incontestabile verità Umberto Eco:

Internet ha concesso il diritto di parola agli stupidi.

E anche se la libertà di parola è espressamente contemplata e tutelata nei diritti insindacabili e inviolabili dell'uomo dalla Carta Costituzionale, a volte è meglio tacere!

Nessuno, sembra rendersi conto del tempo perso a inseguire cazzate. Nessuno che si preoccupi degli azzardi e dei soprusi all'origine di molti errori anche giudiziari e prende le distanze. Astenersi dal commentare sarebbe il minimo in certi casi.

Sono poche le persone che inorridiscono davanti a episodi intollerabili, per carità l'errore in buona fede è plausibile ma non giustificabile quando a farne le spese sono le persone indifese o impotenti davanti ai poteri Istituzionali.

Ormai è consuetudine il processo e la colpevolizzazione mediatica ancora prima del verdetto finale dei vari ordini e gradi presieduti della magistratura e persino degli ignari destinatari delle malelingue.

La restrizione della libertà individuale È reato inammissibile!, quando si colpisce il bene più grande dell'essere umano è d'obbligo urlare il disappunto, si deve urlare con sdegno per evitare che accada nuovamente!

La libertà individuale non ha prezzo! Prima di limitare o annullare la libertà del più bieco essere che striscia sulla terra tutte le prospettive devono essere vagliate attentamente. Ogni sospiro deve essere analizzato contestualmente alla cultura e all'ambiente in cui si muovono gli attori principali perché quando si limita o si annulla la libertà di un uomo nulla è più come prima. Gli episodi non mancano, uno su tutti, il caso Tortora!

A distanza di anni gli errori si sommano. Tantissime sono le fonti da cui prendere spunti. E questo fa inorridire!

Un tempo quanti si definivano di sinistra s'impegnavano politicamente tra la gente, era una questione di civismo e cultura dei diritti fondamentali dell'uomo arginare la spinta giustizialista, affinché non passasse la stupidità del potere politico sotto forma di legislatura per assecondare il malpancismo nazionalpopolare.

Adesso proliferano i gruppi a sostegno di tizio e caio che sbraita contro tutto e tutti ma non contro sé stesso per le cagate che fa e diventano cibo, appunto, per le mosche.

Meditiamo e consideriamo se è il caso, prima di puntare i riflettori sui nostri simili e sputare sentenze, se è degno del concetto civile corrente caldeggiare prese di posizione estreme.

giovedì 14 maggio 2020

Guardando al passato progettiamo il futuro

 Un post per La presidente della Calabria Jole Santelli e Dario Franceschini Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo.

 Creatività e rinascite

Ci sono eventi che modificano attegiamenti e pensieri. Avvenimenti che rivoluzionano le quotidianità contro ogni logica e che a nulla valgono le ragioni umane.
Terremoti fisici. Pandemie. Eventi, apunto, scaturiti dalla forza della natura mettono a dura prova le convinzioni date dalla ragione agli ordinamenti sociali.

In certi casi l'azione dell'uomo ha influenzato e accentuato le catastrofi naturali altre volte no ma sempre l'uomo è chiamato a rispondere nella maniera più consona.

La dissennata cementificazione. Gli allevamenti intensivi. Le estrazioni minerarie. Le trivellazioni resi possibili dall'ingegno umano anche negli abissi degli oceani.
Tutte queste azioni hanno alterato l'ecosistema e innescato reazioni a catena.
Gli eventi drammatici si ripetono ciclicamente nei territori ad alto rischio sismico e decimano vittime.

I terremoti sono eventi che in un certo qual modo hanno segnato gli anni in Italia.
In Calabria si ricorda ancora il terribile terremoto che rase al suolo Reggio Calabria e Messina nel 1908.
E le risposte, in qualche caso strumentalizzate o suggerite da interessi emotivi legati ai luoghi, alla storia, alla geografia politica e culturale del territorio, sono divenuti interminabili lacci annodati dalle lungaggini burocratiche senza fine.

In qualche caso sembra che qualcuno vegli sulle azioni dell'uomo e che suggerisca soluzioni meno dolorose rispetto alla vanagloria tutta terrena che risiede nel pensiero accentratore e megalomane di certe cordate di potere. (piccola dissertazione)

C'è chi vuole ricostruire l'addove la natura ha detto no. Neppure con le dovute precauzioni dettate dalle regole antisismiche. Ingabbia case e palazzi. Negozi e chiese. Monumenti eretti dall'insipienza e dalla vanagloria effimera terrena! (e anche questa operazione potrebbe essere definita una “installazione”).
E chi razionalizzando gli eventi, spinto dalla passione creativa, per mantenere il ricordo delle storie di quanti sono passati di lì, quasi a monito, cerca altre strade. Altri luoghi per ricostruire percorsi di vita. Altri capitoli lasciati aperti per le generazioni future da riscrivere.

Luoghi in cui gli artisti sono chiamati a dare il meglio. Proporre, con la loro opera, possibili rivoli di pensieri che toccano e contaminano passato e presente, persino il futuro nell'attimo in cui riescono a realizzare l'intenzione creativa prefissata da offrire alla collettività.

Il grande cretto di Burri è una di queste.
"il grande cretto di Alberto Burri a Gibellina vecchia"

Idealmente Burri ha tombato. Protetto. Racchiusa in religioso silenzio la toponomastica moderna insieme alla cultura antica degli abitanti della valle del Belìce un luogo. A perenne memoria ha voluto racchiudere sotto un enorme loculo la morte. La furia distruttrice che ha sfarinato le costruzioni in calce e fango di un tempo passato ed ha messo a nudo tutti gli aspetti della morte! Per offrire immensi sguardi oltre il tramonto ai nuovi sopravvissuti. Anche quando l'azione dell'uomo non è tra le cause principali del disastro, rimane il monito suggerito dal binomio “tutela e rispetto” nell'accezione più ampia del termine.

Creatività e Ri-nascite. Non solo a Gibellina. Questo, da artista, mi sento di auspicare all'alba del nuovo regime dettato dall'emergenza "covid-19" denominato fase 2.
Dal 18 pv guarderemo il mondo con diffidenza oppure con pensieri propositivi? Riusciremo a mettere a disposizione creatività, passione per la cultura per fare decollare la Calabria, guardando oltre il confine delle nostre labili teorie? volare col pensiero laddove il sogno degli eterni bambini ha saputo ridare nuovi concetti e attrattive all'ambiente devastato dal terremoto del 1968?

La Calabria è terra antica! Accogliente. Ricca di storia. Implementiamo la ripartenza delle attività territoriali con la creatività e sommiamo alle bellezze delle spiagge, dei boschi e dei monti la storia e la ricerca del bello attraverso gli interventi degli artisti.


martedì 12 luglio 2011

dolorose penetrazioni nel parco archeologico

Mauro Staccioli ha un curriculum di tutto rispetto. Basta navigare e aprire il suo sito per avere contezza della sua attività. Nasce nel 1937 a Volterra e si diploma all’Istituto d’Arte nel 1954. Nel 1960 si trasferisce in Sardegna e insegna nella provincia di Cagliari; qui fonda, insieme a giovani artisti e intellettuali sardi, il Gruppo di Iniziativa. Tre anni dopo si trasferisce prima a Lodi e successivamente a Milano dove assumerà l’incarico di direttore del Liceo Artistico di Brera nel 1974/75 e 1978/79 e successivamente del Liceo Artistico Statale di Lovere (BG). Gli inizi della sua attività artistica sono saldamente intrecciati all’esperienza didattica e a quella di intellettuale e politico militante.
Nel 1972 matura l’idea di organizzare una serie di “sculture-intervento” nella sua città natale, Volterra. Sempre dal suo sito apprendiamo che: Staccioli ricerca e genera una “scultura-segno” che nasce dall’attenta osservazione di uno spazio  fisico specifico. L'osservatore si pone davanti ai luoghi come il neofita che intende scoprire nuove frontiere sacrali. Osserva in religioso silenzio sottolineandone le caratteristiche alterandone la consueta percezione così da suscitare domande e  invogliare se stesso e gli altri a trovare possibili risposte. 
Dalla mostra del 1972 prende corpo la manifestazione Volterra ’73 curata da Enrico Crispolti e sancisce l’inizio di un nuovo modo di intendere la scultura che trova completa espressione nella mostra Lettura di un ambiente - realizzata a Vigevano nel 1977 - e, nel titolo stesso, ne formula il principio.

Dopo una serie di mostre, organizzate in gallerie e spazi milanesi (Studio Sant’Andrea, Studio Marconi, Galleria Bocchi) arriva l’invito alle Biennali di Venezia del 1976 e del 1978, anno in cui realizza il Muro, una parete di cemento di 8 metri che ostruisce la visuale del viale d’accesso al Padiglione Italia ponendosi quale segno critico e provocatorio. 
L’artista sviluppa un linguaggio immediato, caratterizzato da una geometria essenziale e dall'uso di materiali semplici come il cemento e il ferro.
Non male come percorso artistico sviluppato e collocato in luoghi consoni.

Quello che lascia un po' perplessi è il metodo con il quale sono state fissate le gigantesche
aore12
composizioni in ferro e cemento in un luogo che porta addosso i segni delle intemperie e degli anni. Tanto per capirci: le mura, anzi quel che resta della basilica di Santa Maria, presentano lesioni trasversali importanti; ciononostante un enorme trave triangolare penetra l'ovale della finestra e va a posarsi nel bel mezzo della cattedrale. 
Osceno!, quasi quanto la violenza usata sugli indifesi. Struttura che diventa Fallo profanatore nella sua staticità pavida piuttosto che ago di meridiana posto a misurare il tempo che scorre. 

Ovviamente, la sola colpa dell'artista (se proprio dobbiamo appioppargliene una) consiste nell'avere installato le sue creazioni in siti che necessitano di cure particolari per essere preservate dalle intemperie e dall'incuria dei vandali.

Per il resto invito quanti amano la storia dei popoli e le loro origini di recarsi nel parco archeologico Scolacium, in Roccelletta di Borgia, per avere contezza della valenza artistica di Staccioli e l'insipienza di quanti hanno pensato e organizzato gli eventi etichettati “Intersezioni”.
Questa è la sesta edizione di “Intersezioni”; che tradotta in soldoni significa una fiumara di denaro pubblico erogato per il territorio ma che, purtroppo, vista la scarsa affluenza e l'esiguo giro di soldi per l'economia locale sembra essere stato speso invano. Solitamente, dopo il primo flop, la gente normale tituba un po' prima di fare il secondo, ma qui siamo ormai al numero 6.
A quale numero intersecante dobbiamo arrivare per non vedere oltraggiato fino all'inverosimile un sito archeologico con radici magnogreche, bizantine, romane, che necessita di interventi seri e mirati come scavi e consolidamenti per poter continuare a testimoniare le origini della cultura

martedì 5 febbraio 2013

non odio la politica ma gli idioti

bersani, monti, fornero, cos'è cambiato?
facce della stessa medaglia?

Italia, campagna politica deludente!

A leggere i giornali si ha la netta sensazione che noi italiani non godiamo di una buona reputazione. E in buona sostanza siamo dei gonzi che ci beviamo tutte le cazzate che stanno ingrassando i titoloni dei giornali e fanno sbavare i commentatori politici dei talk show.

Se è vero che sulla scia dell'incertezza politica legata al voto, oltre che per le vendite che in tutta Europa prendono di mira i titoli delle banche sotto assedio a Milano dal caso Mps e che nei commenti di Wall Street Journal e Financial Times la nuova sfiducia degli investitori in Italia è legata anche alle preoccupazioni dei mercati per il recupero nei sondaggi elettorali di Silvio Berlusconi, possiamo considerare la politica italiana non sull'orlo del baratro ma sotterrata a tremila leghe sotto.

Ma dico com'è possibile che l'attenzione di tutti i media, (web compreso, considerato fin ora uno strumento evoluto e libero che non si lascia condizionare dalle stronzate della vecchia politica,) adesso non trovano di meglio che schierarsi e tifare per chi la spara più grossa dimenticando i problemi reali o al massimo reagire con la satira?

Io non ce l'ho con i ricchi o la ricchezza e tanto meno con chi possiede grandi patrimoni (beati loro!). Certo, farebbe piacere vedere qualcuno di questi ricconi correre in aiuto di quel 90% che rasenta la povertà e non gode delle agiatezze derivanti da lavori leciti e illeciti che ci hanno portato alla fame e all'imbruttimento. Ma questo non succede! Anzi c'è chi teorizza evasioni fiscali o condoni tombali fino a farli diventare leggi dello Stato... no, decisamente non meritiamo simili rappresentati!
Fermi tutti. Riprendendoci dignità e cultura della libertà.

Non concediamo scampo a chi aggira il volere referendario, facciamo in modo che sia finita definitivamente con lo sperpero dei fondi pubblici a partiti e giornali, alle spese per le guerre e agli armamenti, alle frode fiscali, al saccheggio dell'ambiente e alla mortificazione dei deboli e quanti vivono ai margini della vanagloria della cattiva politica.

venerdì 9 aprile 2021

Buone maniere e cultura dell'accoglienza

Quando le parole uccidono.


"courtesy AssIannino"


Sarà lo stress indotto dalle restrizioni per contenere la diffusione della pandemia o l'eccessiva indulgenza nei confronti dei figli che genera incomprensioni? E

gioca un ruolo fondamentale nel ménage familiare?

Qualsiasi cosa si dica o faccia è inappropriato. Parenti, amici o semplici conoscenti non sai più qual è la cosa giusta e cosa sia opportuno dire e fare.

Un tempo c'era il timore e forse un po' di rispetto nei confronti degli anziani, dei più grandi d'età, ma adesso non si capisce niente. Il “tu” è naturale come il “ciao” quando s'incontra qualcuno. Estranei ma anche conoscenti senza nessuna affinità e men che meno confidenzialità sembrano ignorare i minimi criteri della buona educazione.

Ne ho sentite di frasi velenose ma questa mi mancava:

la violenza verbale di figli e genitori che si urlano contro lanciandosi accuse è andata in scena. Le parole sono volate. Hanno raggiunto la strada e inorridito i passanti, pochi per via della quarantena e in parte per l'ora.



Il peggiore degli insulti è uscito dalla bocca di qualcuno, un figlio o una figlia, suppongo, nei confronti di un genitore: Ti odio! È rimbombato come un tuono nell'aria di una fredda mattina di primavera.

Solitamente sono i botti dei giochi pirotecnici che infastidiscono il quartiere. Accesi per festeggiare ricorrenze e compleanni oppure le dimissioni dal collegio di qualche buon uomo di etnia rom. Invece questa volta le urla sono state più volgari e irriverenti degli spari.

La cecità, la poca oculatezza e la superficialità con cui si perdono i giorni e si consumano i rapporti interpersonali è un sintomo allarmante che conduce irrimediabilmente verso la barbarie dei costumi.

È una deriva che ottenebra le menti e le parole sono calibrate appositamente per ferire. Non perdono la loro importanza se decontestualizzate, in quell'ambiente è prassi di vita. La passionalità selvaggia è urlata ad altissimo volume. Le casse amplificate emanano struggenti brani melodici che narrano amori passionali, morbosi connubi di amanti da soap opera. Passioni violente e il denaro come unica ragione esistenziale. Questa, sommariamente, l'atmosfera del quartiere più degradato che abbia mai conosciuto.

E in questa realtà abitativa sociale i termini non possono essere giustificati neppure se caricate dallo stress emotivo causato dalle restrizioni.

Le parole hanno un peso e si deve fare moltissima attenzione quando si pronunciano! Specialmente se sono indirizzate ad un congiunto stretto. Altrimenti significa non comprendere l'amore ricevuto fin dalla nascita e prima ancora. Significa tradire non solo le aspettative dei genitori ma tradire principalmente le attenzioni profuse dalla comunità e di chi le pronuncia anche sotto l'effetto di psicofarmaci, alcol o droga. È un atto di semplice crudeltà urlare parole simili in faccia a chi ha dato la vita senza mai chiedere nulla in cambio. Ripagare con una moneta simile chi ha teso la mano e ti ha incoraggiato nei primi barcollanti passi e anche dopo è ferire i sentimenti di chi ama in silenzio la vita e forse anche uccidere... in quel momento chi ha creduto e si è prodigato nella solidaria azione del mutuo soccorso agli emarginati.

domenica 1 marzo 2020

Taglio parlamentari Sì o No?

Il prossimo 29 marzo dovrebbe esserci il referendum sul taglio dei parlamentari. L'effetto “corona virus” ha messo in secondo piano la chiamata alle urne dei cittadini. E i giornalisti della carta stampate e delle tv, seguendo l'onda emotiva, hanno ritenuto opportuno dedicare il tempo alla questione “virus” anziché rendere edotti i cittadini sul referendum.

I social sono abbondantemente gonfi di comitati e schieramenti favorevoli o contrari al NO.

Ognuno, secondo il proprio modo di intendere la politica e la democrazia parlamentare, adduce motivazioni che, per un certo aspetto, potrebbero essere anche condivise.

Populismo. Taglio di poltrone. Tagli allo spreco della casta. Democrazia e rappresentatività delle regioni.

Questi i temi presi a esempio, enfatizzati o sottaciuti, dagli schieramenti.

Nessuno però ricorda, in maniera obiettiva, come sia stata modificata negli anni la Costituzione dai partiti e quindi dai parlamentari a scapito della reale democrazia e della rappresentatività popolare.

Spulciando tra le news la nota dell'ANPI risulta la più onesta intellettualmente.

Nello stralcio che allego si analizza il percorso e l'intento democratico della rappresentatività cui la Carta è vocata.

Allora perché non rivedere la proposta di referendum a monte e la relativa legge elettorale modificata secondo criteri che diano reale rappresentatività democratica agli italiani?

E’ falso che con tale legge aumenterà l’efficienza dei lavori delle Camere, perché si renderà invece precario e macchinoso il funzionamento delle commissioni e degli altri organi del Parlamento. E’ demagogico esaltare il risparmio di costi derivante da tale riduzione, perché si tratta di una cifra sostanzialmente irrilevante rispetto alle dimensioni del bilancio dello Stato. La verità è che questa riforma, mal congegnata, risponde ad una logica populista ed antiparlamentarista, che aumenta il discredito verso la democrazia, insistendo sul tema dei suoi “costi”, spesso necessari per un suo corretto funzionamento, verso le istituzioni democratiche, riducendole a “poltrone”, verso gli eletti, sprezzantemente definiti “la casta”. Non solo: questa riforma pone l’Italia fra i Paesi europei col più alto rapporto fra numero di cittadini e numero di parlamentari, rendendo più difficile proprio la rappresentanza, difformemente dall’orientamento dei Costituenti che avevano invece inteso garantire un corretto rapporto fra numero di eletti e di elettori. Per di più occorrerà riscrivere immediatamente la legge elettorale, al fine di garantire la presenza in parlamento, a rischio, con tale riforma, di tante forze politiche, e rivedere i criteri di elezione del Presidente della Repubblica da parte dei grandi elettori delle Regioni.
Per queste ragioni l’ANPI prende posizione per il NO al prossimo referendum operando, com’è sua tradizione, in piena autonomia anche organizzativa in ogni aspetto dello svolgimento della campagna referendaria non aderendo di conseguenza ad alcun tipo di comitato, e ponendo al centro del dibattito pubblico una più ampia riflessione sui continui tentativi di manomettere la Costituzione, che invece, oggi più che mai ed in ogni sua parte, conferma straordinari elementi di attualità e di modernità. Ribadiamo l’assoluta necessità di una reale attuazione delle disposizioni costituzionali, che ancora oggi sono disattese in parte rilevante, e l’urgenza di ribadire e rilanciare la centralità del Parlamento rispetto al potere del governo, sempre più esteso e incontrollato, all’abuso di decreti legge e di voti di fiducia, alla prassi di spostare al di fuori del Parlamento le sedi del dibattito e persino delle decisioni proprie delle Camere. Più in generale, davanti alla crisi economica e sociale da cui l’Italia non è mai uscita da un decennio, occorre finalmente operare per la realizzazione concreta dei principi costituzionali in merito al lavoro, alle imprese, alla sanità, alla scuola, ai servizi, all’ambiente, alla cultura, al paesaggio, alla legalità, alla solidarietà, all’eguaglianza, alla pace.

venerdì 18 novembre 2011

rifiuti: sono di Venezia i vertici dell'azienda inquisita in Calabria

Si dice che gl'imprenditori non investono in Calabria per paura della 'ndrangheta. Si dice anche che i calabresi siano tutti malandrini e qualche noto giovane scrittore rafforza la dose descrivendo cassetti pieni di pistole piuttosto che forchette nell'incipit di un fatto di cronaca accaduto in un paesino dell'entroterra calabrese per futili motivi; gli stessi motivi che armano la mano degli iracondi in ogni angolo del mondo.

Eppure, nonostante la realtà smentiscaquesti luoghi comuni propagandati dai media, nulla cambia nelle mentalità e nelle azioni della classe dirigente locale e nazionale.
Di fatto l'assedio dei luoghi di potere continua ad essere guidato dai soliti faccendieri, in politica, nella cultura e negli affari. Come spiegare altrimenti lo scandalo dei rifiuti che vede indagati e incarcerati i vertici della società che gestiva l'impianto di gestione situato in località Alli? Undici persone coinvolte! Con a capo "il re della mondezza" Stefano Gavioli, amministratore di diverse società che gestiva fino a ieri decine di discariche in tutta la penisola, tra Veneto, Calabria, Sardegna, Campania, Emilia Romagna, Puglia e anche quella dell'Aquila, incassando milioni e milioni di euro senza mai pagare un euro di tasse. Non mancano gli esponenti della politica come l'attuale assessore regionale all'ambiente, già ex sub commissario, Francesco Pugliano e il commissario straordinario per l'emergenza ex generale Melandri per il quale la Procura della Repubblica ha chiesto l'interdizione dalla carica.
Insomma è una cordata di manager che scende dal nord, quello buono che fatica, enfatizzato da Calderoli & C. a fare man bassa delle risorse economiche calabresi senza dare in cambio quanto dovuto in termini di tasse e, peggio, strumenti efficaci per la tutela dell'ambiente e dei cittadini che, per sommo dispiacere del noto giovane scrittore, non hanno i cassetti pieni di pistole al posto delle forchette. 

martedì 10 ottobre 2023

Industrializzazione e ambiente

 Dallo stabilimento di Casale Monferrato (eternit) all'ilva di Taranto.

Il modello lineare funziona sullo schema consumistico consolidato dal sistema produttivo che invoglia ad estrarre, produrre, utilizzare e gettare.

Un modello economico imposto dal mercato industriale post anni '60.

Anni in cui non si conoscevano ancora gli effetti erosivi del modello intrapreso. L'euforia data dalla intraprendenza industriale e dall'indipendenza economica dei tantissimi ex contadini diventati operai con salario mensile assicurato prometteva la conquista dell'infinito.

Dopo il terrore delle guerre, l'imperativo assoluto delle nazioni vittime dei conflitti mondiali consisteva in una pace duratura e benessere per i popoli.

Chi mai avrebbe ipotizzato uno scenario apocalittico quale quello che stiamo vivendo?

Grandi quantità di materiali e energia a disposizione dell'ingegno umano, allora facilmente reperibili e a basso prezzo. Possibile che nessuno abbia ipotizzato, fatto congetture, studiato i probabili risvolti futuri?

mercoledì 23 febbraio 2011

tra spirito e materia, democrazia, cultura, nazionalismi

©RIPRODUZIONE VIETATA      tra spirito e materia, olio su tela, 1980, particolare
aore12


Qualsiasi concetto espresso per immagine è visto e vissuto dai fruitori in base ai condizionamenti imposti dalle sovrastrutture mentali dei singoli e dall’atmosfera culturale generalista che, sovente, imbriglia e condiziona l’educazione dei popoli entro i propri confini geografici.
©mario iannino
tra spirito e materia, particolare

Le realtà multietniche vivono una socialità poliedrica, ogni etnia possiede certezze comuni ma differenti la cui variabile è data dalle contaminazioni culturali delle realtà contigue, quindi ambiente di lavoro, relazioni e curiosità sociale per l’altro.

Nelle piazze globali formatesi dalle esigenze contemporanee dei popoli che sfuggono alla fame o a regimi dittatoriali, gli ostacoli più impervi da superare nei rapporti umani sono eretti dalla religione, dalle credenze folkloristiche e dall’esperienza che si trasforma in cultura, laddove non esistono istituzioni scolarizzanti diffuse sul territorio o scuole di pensiero liberale.

Nelle democrazie sembra più semplice. Invece non lo è!
©mario iannino
tra spirito e materia, 1980
È il classico dilemma del bicchiere mezzo pieno per i positivi ma che è mezzo vuoto per gli incontentabili critici. Ed è in simili situazioni mentali che i creativi, e non solo, sono chiamati a misurarsi e proporre i rispettivi messaggi alle masse. Quindi pubblicità spicciola, opere d’arte, film, letteratura, arti visive, multimediale. Insomma sono chiamati a emancipare col proprio lavoro una miriade di teste già piene di schemi, pregiudizi, verità difficili da tradire o rivedere nell’immediatezza solo perché lontani fisicamente dalle rispettive origini.

La democrazia (della visione, dei costumi e dei linguaggi), in una parola: la cultura, non si può imporre! Si propone!

lunedì 24 giugno 2019

Catanzaro, pineta Giovino e lungomare

Al di là delle intenzioni personali. Opportunismi a parte. Guardo all'operazione “Giovino” e quindi alla riqualificazione della pineta e del nuovo lungomare di Catanzaro Lido con positività.


Quella parte di costa lasciata alla mercé di chiunque per troppo tempo adesso ha un valore urbanistico ben definito. La pineta è arredata di cassonetti per la differenziata; vi sono tracciati delimitati da steccati che conducono a zone adibite per il ristoro, sosta e picnic. E di fronte, lato mare, ovviamente una miriade di stabilimenti balneari.

Qualcuno sta allerta per paura dei soliti furbetti attenti a fare business disattendendo la salvaguardia dell'ambiente e il rispetto delle regole civili.
Un po' di sana attenzione non guasta. Perché è risaputo: c'è sempre chi guarda solo al proprio ombelico piuttosto che agli interessi della collettività. Non per questo si deve guardare con diffidenza ogni intenzione “politica” che tiene sotto i riflettori l'area “Giovino”.
Ragioniamo sulla bellezza, sui benefici e sulle probabilità d'azione delle persone per bene, operatori turistici e avventori:
vuoi mettere la soddisfazione dei fruitori che trovano refrigerio all'ombra della macchia mediterranea e s'inebriano davanti alla visione di un bel paesaggio manutenuto nel rispetto e per la tutela paesistica o stare immobili per l'angoscia di qualche ipotetico predatore d'assalto?

L'accoglienza è uno dei piatti forti dei calabresi! La ristorazione, sia essa cucina tradizionale o meno, è degna compagna del territorio che chiunque avrà modo di assaporare difficilmente non la ricorderà con un pizzico di golosità. I luoghi, poi, sono scenari da vivere appieno. La storia, la cultura tout court, è la stella cometa che indica la strada e porta questa nostra terra al primo posto

sabato 27 marzo 2010

graffiti e lacerazioni: omaggio a Mimmo Rotella

©archivio M.Iannino


Oggi, come non mai, i linguaggi sono veloci quanto il pensiero. Programmare un evento significa correre col tempo, gareggiare con la tecnologia e il mercato globale concepito dai recenti saperi. La pittura, le immagini cinematografiche o televisive sono linguaggi obsoleti se paragonati alla duttilità della rete internet

Infatti, superata la fase progettuale, l’idea divenuta realtà, è immessa nei canali mercantili a completo uso e consumo dell’utenza. In ciò, la pubblicità gioca un ruolo importante, primario nella divulgazione di un prodotto qualsiasi, libro, opera d’arte, scoperta scientifica o un oggetto di uso comune; infatti è d’obbligo impostare una campagna pubblicitaria ad hoc che catturi e invogli la collettività al consumo.

Nel passato si adoperava appieno il disegno e la scrittura per evidenziare le qualità peculiari del bene in questione, attualmente, assistiamo ad una proliferazione effervescente di creatività, mezzi mediatici e ingegno umano, esaltano appieno vantaggi e privilegi spesso disattesi nella praticità quotidiana.

            Anche chi non naviga in internet, vede la tv, ascolta la radio, quotidianamente, è bombardato da un’infinità di messaggi, scritti o associati ad immagini statiche o in movimento.

L’innumerevole pubblicità destinata al grande pubblico, a parte quella televisiva, ha come veicolo preferenziale il muro.

Il muro, tappezzato da affiches canoniche o decorato con le bombolette spray, trasmette un messaggio immediato. Talvolta, si tratta di messaggi commerciali, altre volte politici oppure manifestano, più umanamente, gli impulsi emotivi dei giovani.      
            Negli anni 70, la forma prediletta dei giovani contestatori consisteva nel grafiare, magari con qualche accenno cromatico, un dato politico alla maniera dei murales latinoamericani, oppure ai dazebao (giornale o manifesto a grandi caratteri in uso durante la rivoluzione cinese di Mao).

Le metodiche appena accennate consentirono la trasmissione di pensieri, metafore, assonanze, proteste ma anche oscenità, amore, esibizionismo altrimenti impossibile ai giovani contestatari.
Il muro, diventa, per questi ragazzi, un medium aperto per dissentire o semplicemente imbrattare. Insomma, una superficie “democratica” su cui intervenire al riparo, però, da occhi indiscreti, mantenendo l’anonimato poiché, deturpare o invadere le coscienze altrui con linguaggi a volte violenti è vietato dalle leggi vigenti.
Per cui, la firma, sostituita in un secondo momento dallo pseudonimo, diventa un fattore determinante nell’esternazione di “esistenza e proprietà”, appartenenza al territorio e al gruppo, in cui è proibito l’accesso agli estranei.
Il fenomeno dei graffiti, in atto tra i lustrascarpe americani indicava il proprio raggio d’azione, contrassegnava il territorio del singolo e intimava l’alt all’intruso.

Graffiare sul muro una sigla significava, per i lustrascarpe, preservare una fonte di sostentamento poiché nelle realtà degradate anche l’angolo di una strada era fonte di sostentamento.
Poco alla volta il gesto grafico evolve; il graffio solcato con la pietra, la traccia nera della matita o del pennello, cede il campo agli spray colorati. Le colorazioni esplodono nello spazio figurativo e con loro anche il segno grafico muta. La tag non rimane statica ma si trasforma; grida, scherza, propone e dissacra; le lettere alfabetiche perdono i connotati originali, si rinnovano e diventano immagine.
L’immagine scaturita dal disegno autonomo è una realtà intima, esistente nel proprio microcosmo in sintonia con la cultura e l’ambiente sociale di vita e trova i suoi fondamenti nel campo specifico del linguaggio figurativo.

A questo punto la sfida pacifista, canalizza i fattori negativi della violenza nella progettazione creativa di una figurazione linguistica a passo coi tempi, svincolata, però, dalle correnti di pensiero delle scuole d’arte istituzionali.
In sintesi, il graffito metropolitano si alimenta delle pulsazioni della città; veloce e asciutto, esprime una fusione caratteriale del modello autoctono. Di conseguenza, gli influssi esterni alla poetica derivanti dalla mercificazione del prodotto o da contaminazioni di modelli effimeri, se non mediati dal vissuto storico affine, nel mortificare la riflessione sul costume, vanificano il potere espressivo del graffio che, ridotto ad equazioni tecniche consolidate dalla manualità, perde valore.

Altra poetica è l’intuizione zen, come amava definirla Mimmo Rotella, trasmessa dalla pubblicità.
Le stratificazioni cartacee, lacerate dalle intemperie o dall’uomo, trasmettono attimi di vissuto metropolitano. Rappresentano appieno lo scorrere del tempo; evidenzia le proposte della società consumistica e culturale corrente; una società consumistica per certi aspetti arrogante che si appropria del muro e schiavizza le menti dei passanti.
Come sfuggire a tanta violenza? Semplice: sublimando il linguaggio metropolitano attraverso l’intervento catartico dell’artista! (…)


(Mario Iannino)

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mercoledì 12 aprile 2017

Catanzaro, lordoni aore12

Inutile prendersela con chi ci governa quando noi siamo peggio degli animali che cagano dappertutto!
Da quando a Catanzaro c'è la raccolta differenziata gl'incivili si sentono furbi, lasciano i rifiuti domestici per strada fottendosene degli altri.
Si sentono ganzi!, quando spargono le buste piene di monnezza indifferenziata nelle piazzole d'emergenza subito fuori la città?
Ecco, nonostante io non ami le punizioni perché credo nella cultura autoeducativa dei singoli, penso che farebbe bene il sindaco o il direttore dell'anas, per i tratti di competenza, ad installare telecamere e multare salatamente gl'indisciplinati menefreghisti che abbandonano selvaggiamente i loro escrementi casarecci.

Sia ben chiaro!, non è solo una questione di civiltà che impone la pulizia delle strade e dell'ambiente! È, principalmente, una questione di sicurezza. Sicurezza per chi viaggia e si trova all'improvviso davanti la macchina una busta nera voluminosa, piena di chissà quante schifezze. Sicurezza e tutela dell'ambiente. ...

Forse, nella loro misera testolina, a questi lordoni, non passa minimamente il pensiero che il vento e la pioggia, trasportando il lordume depositato ai bordi della carreggiata, possa causare incidenti mortali.
Non c'è nessuna scusante. La verità è che sono privi di coscienza. Non gliene fotte niente! non gliene frega niente dei danni che procurano alle persone e all'ambiente.
Ai bordi della strada c'è di tutto: copertoni consumati, vecchi vestiti e coperte, scarti di cucina, lattine, bottiglie.

A nu parmu do culu meu duva cogghjia cogghjia! pensa il lordone mentre lascia il suo sudicio pacco in eredità. Ecco, non mi dispiacerebbe affatto se le autorità preposte rintracciassero gl'incivili e consegnassero loro scope, ramazze, bidoni e pale per differenziare i rifiuti e conferirli nei centri di raccolta a loro spese.


martedì 18 maggio 2010

macerie




Non amo i miti gli eroi e neanche i santi usati per annichilire le masse. Non mi convincono i superuomini, quelli che hanno la soluzione in tasca; quelli che non accettano il confronto dialettico e usano la forza per annientare quanti si discostano dalla loro volontà.

Mi affascina, invece, la persona colta, autoironica, aperta al dialogo, al confronto, sempre pronta a mettersi in gioco, curiosa e incline al nuovo, un nuovo inteso come presupposto di crescita individuale e collettiva, sorretta dalla libertà di pensiero.

Le menti culturalmente evolute non necessariamente hanno basi nozionistiche accademiche; la loro evoluzione deriva dalla sensibilità con cui guardano il mondo; dalla creatività collegiale profusa in quanto energia vitale che invade il creato, suggerisce e trasforma pensieri e materia tradotti in opere.

Di conseguenza, le opere e le azioni umane, in sintonia a quanto esposto, dovrebbero intendersi beni comuni, punti di riferimento da cui partire per sviluppare ulteriori analisi. Ma non è così per lo stile di vita venutosi ad affinare nel corso degli anni.
Da sempre i poteri forti economicamente e politicamente hanno usato gli intellettuali e gli artisti per divulgare il pensiero dominante e magnificare la celebrazione del potere costituito suffragato dai dogmi. L’arte visiva, coi suoi abili artefici, ha consegnato ai posteri squarci di storia addomesticata. Le iconografie coinvolgenti, trasmettono ancora oggi messaggi drammatici, perentori; divulgavano alle masse quanto il condottiero fosse valoroso ma mai debole o dubbioso nell’attaccare il nemico rappresentato sempre in atteggiamenti e forme fisiognomiche depresse.
Nella narrazione visiva il pittore doveva porre al centro della finzione scenica l’eroe, magnificarne le gesta sul destriero oppure a terra sopra un cumulo di cadaveri.
È ciò che avviene anche oggi! Oggi la narrazione non è affidata ai pittori di corte ma ai mezzi di comunicazione di massa asserviti. L’informazione libera obiettiva che basa le notizie su fatti certi e le divulga senza tagli protettivi per questo o quell’amico o potentato è avversata e censurata. E poco importa se le analisi sono espresse in totale buona fede e allo scopo di rendere un servizio alla collettività. Quando si toccano i poteri economici forti la verità è un inutile dannoso optional anche se si chiama cultura, ambiente, industria, politica e congreghe di vario genere.


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