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martedì 1 novembre 2022

Imparare i mestieri è un'attività costruttiva

 

E ora che facciamo nonna?

Che vuoi fare Cecilia?

Mi insegni a cucire!

Cecilia è una bambina molto attiva, come tutte quelle della sua stessa età d'altronde. Non sta mai ferma e deve trovare sempre qualcosa da fare. Qualcosa che la coinvolga e le faccia trascorrere il tempo in maniera fruttuosa. Non è il risultato finale che la spinge a fare tesoro delle cose nuove ma l'impegno che serve per apprenderle.





domenica 18 aprile 2021

Da un appunto trovato x caso😎

Tra non molto torneremo al mare. Apprezzeremo il sole sulla pelle, l'aria salmastra che s'infrange sugli scogli o mossa dall'elica di un motoscafo oppure solcata da una barca a remi. Ce ne sono ancora di barche che vanno a braccia?

No, perché pare sia diventato uno status generale quello di dimenticare le buone e salutari abitudini. Dimenticare ogni cosa, bella o brutta. E con esse l'autostima. Mi riferisco a quelle attitudini che abbiamo tutti, basta saperle recuperare e coccolare, farle irrobustire con la pratica assidua e applicarle nei piccoli e grandi problemi quotidiani.

E pare che il periodo che stiamo vivendo, invece, ci abbia ingabbiati in una sorta di isola personale in cui abbiamo eretto alti muri fortificati al cui interno raccogliamo il nostro personale tesoretto delle comodità: terminali che in gergo corrente si chiamano devices, televisori smart, pc, telefonini!




E questa volta non è come quando eravamo bambini che giocavamo e sognavamo di essere sulle torri di un maniero mentre fuori imperversava la poliomielite. E neppure di parlare coi nostri affetti lontani, amici e familiari, amati, amanti, insomma di potere continuare a intessere relazioni a distanza parlando e inviando messaggi quasi telepaticamente seppure immobilizzati in un letto di ospedale.


Quelli che hanno la stessa mia età o giù di lì sanno di cosa parlo.

Parlo di quei giochi che ci costruivamo da noi con l'aiuto di qualche persona più grandicella, un fratello, amico o genitore.

Della spada fatta con due legni incrociati alla trottola improvvisata con una pigna; monopattino e carretto rigorosamente auto costruiti e con qualche pezzo mancante e introvabile auto prodotto.

All'epoca in cui mi riporta la memoria non avevamo le possibilità fiorite nel tempo e neppure lo spreco indotto dal consumismo.

C'erano negozi forniti solo del necessario e quelli di giocattoli quasi inesistenti con poche marche di detersivi e saponi, prodotti di bellezza risicati sugli scaffali.

E il telefono così come lo conosciamo oggi forse era anche difficile d'immaginare! Era impensabile poter trasmettere pensieri e parole a distanza telepaticamente. Come avremmo voluto che ci fosse una magia che ci tenesse in contatto con le persone care lontane

Eppure tutto ciò è diventata la nostra contemporanea realtà. Buona o cattiva, dipende da come la si vive.

Per moltissimi le comodità che ci siamo date è una realtà che fa adagiare sul letto dell'ozio e per alcuni, pochi in verità, è un aiuto, una possibilità. Un po' come lo è stato il telecomando che a furia di stare seduti comodamente in poltrona senza neppure alzarci per cambiare i due canali che avevamo a disposizione in quello che fu il teatro in casa ci siamo impoltroniti e ingrassati. E fatto aumentare i valori cattivi nel nostro organismo.

E poi ci chiediamo come mai sono comparse le malattie del benessere anche nelle fasce d'età infantili.

Non è una questione estetica ma salutistica quella che dobbiamo far dipendere dalle buone pratiche comportamentali giornaliere per stare meglio e mantenerci in discreta salute. E allenare la mente alla creatività è un'esigenza fondamentale.

Usare opportunamente le nuove tecnologie in casa sarebbe l'ideale!



venerdì 16 ottobre 2015

Un nativo con la fionda

Rumori di rami secchi spezzati e la voce di un bambino che parla al nonno: sì nonno questa è buona.
Dai spezza il ramo che viene una bella fionda. Ti aiuto io a farla. Andiamo in cantina e la facciamo… Sì Lorenzo mi aiuti tu a farla però devi fare molta attenzione alle schegge. Prima la devo levigare e poi agganciamo l’elastico.
fionda artigianale

martedì 28 aprile 2015

Bastava poco per essere felici

Dal cucuzzaro al giudice: così giocavamo 


Chi ha più di cinquant'anni ricorderà senz'altro i passatempi di una volta quando per divertirsi in compagnia bastavano le parole per coinvolgere e allietare i presenti, magari aiutandosi con oggetti improvvisati.

Ricordate il gioco del “cucuzzaro”?
C'era uno della compagnia, solitamente il più grande d'età che assegnava i numeri ai presenti. Dalla cucuzza numero uno fino ad arrivare alla totalità dei giocatori. Fatto questo iniziava la cantilena: “ieri sera sono andato nel mio orto e ho contato cinque cucuzze. Cinque? Rispondeva il giocatore che aveva associato il numero 5. No erano tre! Perché tre? Interveniva il tre chiamando in gioco un altro dei presenti. Erano sette! Perché 7? era tutto il cucuzzaro!” e così via fino a quando qualcuno sbagliava e doveva pagare pegno o ci si stancava e si passava al gioco successivo oppure si scioglieva la compagnia e si tornava a casa.

C'erano, però, anche giochi da veri maschiacci come la cavallina o la morra dove chi perdeva doveva pagare pegno e subire dei colpi violenti, inferti, con un fazzoletto teso e annodato, sulle mani aperte. E poi c'era il gioco del “giudice”.
Antropologicamente, il gioco del “giudice” riportava agli albori della civiltà contadina per lo l'oggetto usato e per la fatalità assegnata all'azione stessa del gioco.

martedì 16 febbraio 2010

didattica creativa


Le poetiche visive non si concretizzano per abbellire anonime pareti ma, per un’intima esigenza di dialogo.

©archivio M.Iannino
libertà 

L’azione creativa nasce dal gioco. Un gioco non competitivo e conflittuale ma propositivo in cui la finzione visiva è sospesa in un’area fantastica e rimane lì, entro i confini giocosi dell’invenzione, a suggerire percorsi mentali dinamici e realizzare luoghi gratuiti in cui rifugiarsi, riflettere. Riflettere sulla vera essenza dell’uomo, analizzarne i controsensi; rileggere percorsi assodati, superare freni inibitori e dogmi comandati dalle culture dominanti; valutare il tutto in assenza d’indicazioni prestabilite così da aggiungere nuovi strumenti all’insegna della pura creazione.

La sospensione temporale, l’assenza di regole e la libertà d’azione pongono la mente in stato di quiete e convogliano le energie verso attività ri/creative. La ri/creazione fatta per puro diletto, quindi, lontana da coercizioni o volontà conflittuali indirizzate a primeggiare, è magia; punto d’incontro con le forze vitali universali.

In virtù di ciò la trasmissione giocosa di competenze pittoriche deve avvenire lentamente “senza regole”; senza aspettarsi il “bel dipinto” ma giocando e osando con materia e colori. A tal proposito, è istruttivo osservare i bambini poco scolarizzati: il loro approccio col medium è corposamente fabulatorio, usano pasta cromatica spessa e non si pongono il problema se accostandola sullo strato fresco si contamina o si sporca, loro seguono le storie mutevoli che hanno in testa e mentre stendono il colore dialogano. Ecco, ai bambini si deve lasciare ampia libertà d’azione e non si deve invadere il loro campo fabulatorio dettato dal puro piacere del fare.
Davanti ai bambini dobbiamo sempre tenere bene in mente che l’azione ludica non scaturisce dalla necessità funzionale di cosa sarà o a chi servirà il manufatto ma dall’esigenza creativa intrinseca dell’uomo che unisce sensibilità e estro fabulatorio.
Anche per gli adulti, il gioco pittorico, privo di regole, ha il fine gratuito della soddisfazione intellettuale. La stessa gioiosa soddisfazione dei bambini alle prese con i castelli di sabbia.
E gli Artisti sono eterni bambini, sempre pronti a ricominciare; disincantati e fortificati dagli ostacoli eretti dall’orda barbarica incontrata nel corso degli anni.

(da:appunti di grafia creativa, di Mario Iannino, 2005, editoriale progetto 2000 CS)

mercoledì 26 agosto 2009

Semiotica e creatività al campo estivo uic Catanzaro



Parlare di semiologia ad una platea di ciechi può risultare assurdo!, ma grazie alla lungimirante azione di Luciana Lo Prete, presidente dell’unione ciechi di Catanzaro, anche questo anno, all'interno dei programmi riabilitativi del campo estivo per non vedenti e ipovedenti, è stato attivato il laboratorio di semiotica e creatività.

Laboratorio che invita i partecipanti all'analisi dei saperi e del fare umano.

Se consideriamo il dato iniziale dei prodotti finiti che troviamo facilmente nei supermercati, vale a dire il pane, la pasta e come l’uomo abbia aguzzato  l’ingegno e compreso come coltivare il grano, trasformarlo in farina, impastarlo, lasciarlo lievitare, cuocerlo, ci accorgiamo della complessità che sta dietro all'elaborazione/invenzione di una semplicissima ricetta.
Di come l’origine del pane, della pasta, ecc. divenuti beni compiuti dopo complesse fasi di lavorazioni, non esisterebbero se, appunto, non ci fosse stata una ricerca attenta degli elementi e della loro fusione.

Eppure, tutto ha origine da un insignificante semino; un piccolissimo puntino del quale si cibano gli uccelli che, opportunamente trasformato, moltiplica la materia e sfama intere popolazioni.

Quanti tentativi avrà fatto l’uomo per arrivare a tanto? Quando ha intuito che frantumando i semi e mischiando dell’acqua attenuava meglio la fame e quando ha capito che abbrustolendo l’impasto acquisiva sapore?
Quanti gesti avrà compiuto nel pestare o triturare la materia prima?

Quanti segni avrà graffiato sulle superfici per indicare le quantità diagnostiche?

Il “segno” inteso come elemento diagnostico, quindi, teoria e studio di ogni tipo di bersaglio linguistico, visivo, gestuale ecc., prodotto in base a un codice comunemente accettato, nella sua essenziale veste grafica, espressiva, plastica, gestuale, è esperienza “diagnostica”.

La diagnosi, nonché l'analisi dell’elemento plastico, all'interno del laboratorio, avviene mediante l’indagine tattile e l’esposizione verbale dei corpi analizzati.

In sintesi, individuato il “bersaglio” linguistico, si mette in pratica quanto esposto coniugando il sapere scaturito dall'esperienza gestuale con il fare concreto.

La manipolazione, essenziale, per realizzare oggetti familiari con paste, da una parte riporta a sondare l’origine e dall'altra il clone che diventa espressione personale.

Segno che si concretizza!

(mario iannino)

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