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giovedì 19 luglio 2012

Fondazione Campanella, usi e abusi

Nel leggere la nota di Wanda Quattrone di qualche giorno addietro, in merito alla vicenda “Tommaso Campanella”, di seguito riportata, pur condividendo con lei il dramma dei lavoratori a rischio non si può prescindere da quanto venne alla luce qualche anno addietro nella puntata di Riccardo Jacona sulla malasanità e sullo sperpero dei soldi pubblici in Italia e in Calabria. Già allora si svelarono oscenità enormi interni al nascente polo oncologico. Polo oncologico che, in base ai protocolli ingarbugliati d'intesa tra pubblico, quindi regione Calabria e privato, nasceva come punta di diamante della sanità calabrese proteso alla ricerca per debellare i tumori.
Invece, l'indagine giornalistica ha evidenziato ben altro:
Ci ha fatto vedere un signore che dicono sia preparato ma forse in qualche altro settore perchè quando il giornalista gli chiese a che punto fossero le ricerche, lui, cadde dalle nuvole e farfugliò “....ma ma i topini ci sono”.

Come, non essere d'accordo con la signora Quattrone quando la definisce “storiaccia”?

È una “storiaccia” nata da un vecchio filone di politica clientelare, che fece incetta di soldi pubblici destinati a “poli d'eccellenza per la ricerca tumorale” e non per creare appendici amorfe nell'assistenza sanitaria.
Davvero la morte annunciata della “fondazione tommaso campanella” è tutta colpa dei politici? Va bene che i politici ragionano in termini di voti e tra una capra che porta venti voti sicuri contro una persona che ha studiato e conosce la materia ma senza la dote dei voti elettorali preferiscono “sistemare” la prima capra. ma. Noi, cosa abbiamo fatto per evitare che ciò accadesse?
Cosa ci ha spinto a ragionare ed elemosinare un “posto fisso”? Lo spirito di sopravvivenza? La necessità?
Motivi sacrosanti che la classe dirigente non ha saputo gestire e che oggi ci cala il pacco di una crisi senza precedenti che taglia posti di lavoro inutili e alza le tasse.
Detto ciò, per onestà intellettuale, esprimendo solidarietà ai lavoratori in agitazione, si riporta la lettera della signora Quattrone indirizzata alla politica calabrese, convinti, però, che la verità non sta mai da una parte:

venerdì 2 luglio 2010

Catanzaro, Fondazione Campanella, un rebus

Prestigiatori, maghi e illusionisti talmente bravi che hanno deciso di cambiare mestiere e fare i loro giochi di prestidigitazione nei luoghi preposti alla politica.

I prestigiatori migliori si cimentano nei conti della sanità; un comparto, quello sanitario calabrese, sorprendente!

I conti vanno e vengono! Gridati da alcuni e occultati da altri; con piani di rientro pronti ma, inattendibili perché, secondo Scopelliti, il deficit non è quantificato. E, sempre secondo il presidente della Calabria, per risanare il debito della sanità calabrese si paventa la possibilità della chiusura di due o tre ospedali. Attualmente la regione sta facendo uno studio sul territorio per capire cosa offrire in cambio ai cittadini, vale a dire se ristrutturare, convertire e diversificare gli ospedali “inutili”, tenendo presente che ci sono 11 strutture ospedaliere a rischio sicurezza.

Non ci sono, invece, chiarimenti esaustivi in merito all’esubero del personale sanitario regionale calabrese; unico dato certo è che presto 500 persone, delle 3500 in esubero, non saranno più in organico, e ci sarà un risparmio di 20 milioni di euro. Nel frattempo, la Kpmg, azienda preposta dalla regione a reperire i dati sulla sanità, dovrebbe ultimare le ricerche e fornire dati concreti.

Leoluca Orlando, presidente della Commissione d’inchiesta sugli errori sanitari e i disavanzi sanitari regionali, ha evidenziato, nell’audizione con Scopelliti, la "frequenza degli errori sanitari e il disavanzo sanitario, l’incertezza dei dati e i ritardi da record nei tempi medi dei pagamenti" della regione nei confronti dei creditori, e, sempre Orlando, ha introdotto così i lavori:
«Uno degli aspetti più gravi della situazione finanziaria della sanità calabrese è l’inattendibilità dei dati e la mancanza di una normale documentazione contabile, ma a preoccupare è anche il ritardo record nei tempi medi dei pagamenti delle aziende e pari a circa due anni, un ritardo che getta ombre e dubbi sulla correttezza dei rapporti tra fornitori e aziende sanitarie.

Si evidenzia, inoltre, un significativo importo per danni erariali, pari a 95 milioni di euro per l’acquisto di strumenti non utilizzati. E sempre inerente a spese inutili, Leoluca Orlando ha aggiunto: non possiamo dimenticare un altro caso oggetto di attenzione da parte della Commissione, ovvero la Fondazione Campanella, che da sola ha accumulato un danno erariale di circa 100 milioni di euro». Quanto al piano di rientro, approvato solo il 4 febbraio 2010, Orlando ha sottolineato la mancanza di dati definitivi, attesi per il 31 maggio e in realtà mai arrivati, e l’assenza di un piano sanitario scientificamente apprezzabile, sottolineando infine la necessità di riconversione e chiusura di molti presidi sanitari. «In una situazione grave come questa – ha concluso Orlando– la peggiore scelta è non scegliere».

Alla luce dei fatti appena esposti c’è da fare un’ultima considerazione: e il piano di rientro della giunta Loiero che fine ha fatto? Se non abbiamo frainteso, quel piano era prossimo a rimettere le cose a posto. O no?

Indubbiamente è difficilissimo gestire un territorio come il nostro, ma ciò non impedisce agli uomini la possibilità di affrontare e risolvere questioni concrete con chiarezza e trasparenza, specie in momenti drammatici come quelli contingenti, momenti che vedono l'intera nazione al collasso.

domenica 25 aprile 2010

sanità e centri d'eccellenza in Calabria tra inchieste e decisioni politiche

Sulla sanità italiana si è detto e saputo di tutto. Scandali, giri di affari non tanto leciti, clientele, escort e regali a dirigenti manager e politici. Anche la Calabria non è rimasta indenne dal malcostume nazionale e di ciò ha dato puntuale testimonianza Riccardo Jacona con un’inchiesta giornalistica sulla sanità condotta da nord a sud dell’Italia. L’inchiesta ha evidenziato l’anomalia degli investimenti pubblici che, anziché essere impegnati per migliorare il servizio sanitario nazionale, sono stati dirottati per creare false eccellenze e corpose clientele. In Calabria, l’inchiesta di Jacona ha evidenziato, tra l’altro, il caso della “fondazione Tommaso campanella” nata sotto la giunta Chiaravalloti e allocata presso la neonata università catanzarese Magna Graecia. Le notizie divulgate con dovizia di particolari, testimonianze e interviste a politici locali e alti dirigenti della “fondazione”, hanno suscitato indignazione tra i cittadini per il modo distorto, palesemente clientelare e inadeguato, non per niente in linea con le intenzioni statutarie scientifiche pomposamente dichiarate.

Dopo questa tempesta, senza entrare nel merito giudiziario o politico, -chi non conosce i fatti può documentarsi, in internet esiste una letteratura dettagliata- il comune buon senso avrebbe optato per un chiarimento civile dello stato dell’arte e i dirigenti politici si sarebbero dovuti interrogare sull’alta professionalità del direttore, sulle sue titubanze e sulla certezza cognitiva circa la presenza dei “topini” nei laboratori di ricerca che fino a quel momento non erano stati usati come cavie neanche per la cura di un banale raffreddore.
Insomma, ci si aspettava chiarezza! Coraggio civico e epurazione, vista la documentata insipienza sbandierata ai quattro venti, ma nulla! Tutto sotto silenzio fino a qualche giorno addietro, quando una decisone “politica?” accorpa il reparto “Carlo De Lellis” ubicato nella zona nord di Catanzaro nel rione Pontepiccolo, precisamente nella struttura dell’ex ospedale Ciaccio, alla “Tommaso Campanella” presso l’università “Magna Graecia” di Catanzaro nell’agro di Germaneto.

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