Mario Martino, U Stampatura, poeta catanzarisa

In certi agglomerati l'appartenenza è determinante, quasi una situazione identitaria esistenziale non geografica ma dell'anima. Essere, appartenere e radicarsi in un ambiente ben definito e strutturato dà sicurezza specie quando si è ragazzi. E lui, Mario, orgogliosamente si dichiarava “do stadiu”. Carnagione chiara. Occhi chiari e sempre un bel sorriso sulle labbra che gli illuminava il volto. Ci incontravamo spesso. D'altronde il rione stadio era piccolo e i punti d'incontro obbligati facevano sì che la vita sociale diventasse familiare. In questo clima è cresciuta la sua e la nostra sensibilità. “... e picculu, tantu cchi eru beddhu mi pigghiaru pèh a pubbricità da Plasmon!”. “daveru u dicu daveru!” “ma sì nu vavusu Marie'” “on mi cridi tu giuru subba u bena e mammita” queste le schermagli nel bar “Biafora” tra il suono delle campanelle dei flipper e qualche 45 giri a palla del juke box. Tre anni. Solo tre anni la differenza di età tra noi. E a quel temp...