REGOLE

 


Il caso le pen e le regole.

Così, tanto per capire, in buona sostanza, Marine Le Pen,

 leader del Rassemblent National è stata condannata per appropriazione indebita di fondi Ue per 2,9 milioni di euro. L'accusa è quella di aver pagato con soldi europei finti assistenti parlamentari in Ue che, invece, svolgevano attività per il partito a livello nazionale.

Nel dettaglio:

Il 31 marzo Marine Le Pen, leader del partito nazionalista di estrema destra francese Rassemblement National, è stata condannata in primo grado, per appropriazione indebita: fondi pubblici, destinati ai collaboratori dei parlamentari europei per coadiuvare la loro attività europarlamentare, sarebbero invece stati impiegati in Francia, per altri scopi. La pena stabilita è di 4 anni di reclusione (di cui due sospesi e due ai domiciliari con il braccialetto elettronico), 100mila euro, più la sanzione accessoria dell'ineleggibilità per cinque anni. A carico di Le Pen è stata infatti applicata la cosiddetta la legge Sapin II, approvata il 9 dicembre 2016, prima dell’elezione dell’attuale presidente Emmanuel Macron avvenuta nel 2016.

La norma, che mira, tra le altre cose, a garantire la trasparenza delle istituzioni e a prevenire fenomeni corruttivi non solo nella P.A. ma anche nell’ambito delle aziende e delle grandi organizzazioni, per la parte applicata in questo caso prevede che diventi ineleggibile chi sia condannato per reati «contro l’integrità».

La sentenza non riguarda solo Le Pen, ma 9 europarlamentari del Rassemblement National, il partito sovranista francese, e 12 assistenti per aver firmato «contratti fittizi», all’interno di quello che è stato definito un “sistema'' di appropriazione indebita, che il tribunale ha ritenuto in essere dal 2009 con Le Pen al centro.

Non si trattava, ha spiegato la giudice, «di mettere in comune il lavoro degli assistenti quanto piuttosto di mettere in comune le risorse degli eurodeputati». «Nessuno», ha precisato la Presidente del Tribunale, «viene processato per aver svolto attività politica, non è questo il tema. La questione è, invece, sapere se i contratti sono stati eseguiti o meno».

Insomma, le regole sono state aggirate.

Regole scritte per tutelare il corretto uso dei fondi necessari per quanti svolgono incarichi pubblici ed a favore del lavoro politico di tutti i rappresentanti dei partiti e della democrazia parlamentare europea.

Onestamente sentire sacerdoti e sacerdotesse della politica, mentre si stracciano le vesti, inveire contro chi è preposto a eseguire le leggi in ossequio alle regole che gli Stati democratici si sono imposti, beh, è davvero risibile.

Tutti siamo soggetti a sbagliare. Ma, errare è umano. Perseverare è diabolico.

 

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