Stereotipi.
Femminicidio= violenza estrema usata dal maschio sulle
femmine. Questo in sintesi il concetto che passa nella testa di quanti
ascoltano le notizie inerenti agli eventi menzionati nelle cronache. E in
funzione a tali equazioni, grossolanamente, si assiste alla separazione netta
tra gli schieramenti composti da maschi e femmine. Raramente si sente parlare di
parità tra i sessi. Amore e comprensione tra la donna e l’uomo, in
funzione che ogni uomo nasce dal grembo di una donna.
Invece no! La spettacolarizzazione di estremismi quali le
violenze sulle donne per essere prese in considerazione devono per forza essere
catalogate, stereotipate con un aggettivo da brivido: femminicidio! Appunto. Che
tra l’altro il correttore automatico sottolinea in rosso perché non lo
riconosce.
Premiata licenza poetica di chi, per primo, ha coniato il
lemma, e in seguito godimento nel linguaggio comune che contamina con apposita etichetta
episodi efferati che sembrano uscire da una penna dell'orrore per rimarcare più l’aspetto deviante
passionale piuttosto che i costumi sociali e culturali nell’ambito dei deprecabili
scenari in cui si svolgono i fatti.
Molti, troppi talk show impostano in uno specifico evento delittuoso,
l’intero programma. E ci girano attorno. Fanno le pulci. Scavano a fondo con
una morbosità inaudita.
Tutte azioni fuorvianti che non educano ma creano, secondo
logica, tifoserie deleterie.
L’uxoricidio è un fenomeno ancestrale impattante. Uomo e
donna sono vittime e carnefici parimenti cresciuti nella sottocultura barbara
alimentata da incomprensioni e pregiudizi fallimentari di una società malata di
voyeurismo e protagonismo passivo, che, di riflesso si immedesima giusto il tempo necessario per una imprecazione.
immagini archivio ©iannino