venerdì 11 aprile 2025

90 giorni. L'inutile pausa

 di Franco Cimino 


IO CONOSCO I BULLI. SO COME SCONFIGGERLI.

Il bullismo é un’infezione sociale, sempre più epidemica. Ma non è una malattia individuale. Al massimo potrebbe esserlo di una società infetta di egoismo e di cultura della forza fisica. Quella che scatena follie di predominio e di assoggettamento degli altri. Anche quale forma di espressione del potere degli idioti e dei deboli, che vorrebbero farsi forti e dimostrarsi intelligenti. 


Il bullo, pertanto, non è un malato. È solo un carattere che si forma della intera stessa persona, anzi del suo stesso individuo che lo possiede. Quando si dice, eh, “ quello è uomo di carattere!”Ma di cosa ha bisogno il bullo per affermarsi? E si badi, non solo nei ragazzi e nei luoghi, specialmente scolastici e ricreativi, in cui essi vivono. Ha bisogno della debolezza di un singolo da colpire e della debolezza, psicologicamente e moralmente più grande, degli altri. Dei presenti, che diventano spettatori. Una parte notevole di queste presenze si compiace dei gesti violenti del bullo. Li sente propri. Ma non ha la forza e il coraggio, la prepotenza e pure la stupidità di praticarli. Il bullo ha sempre tanti piccoli bulli intorno a sé, che lo ammirano. E molti più astanti che lo temono. E lo lasciano fare. Lo applaudono. E fanno a gara, a “leccargli il fondoschiena”, come ormai usa dire qualche super potente, sedicente tale, per diventargli amico. In tal modo pensando di ottenere, di conseguenza, due favori necessari da parte del bullo. Il primo è ricevere gratificazioni. Qualche dono. O mancia. Il secondo, è non subire violenze. Questa è la scena, il quadro, l’insieme di comportamenti e situazioni, in cui il bullo opera attivamente e senza alcun disturbo. Ma il bullismo può essere sconfitto? Sì. E come? La scuola finora non l’ha sconfitto perché non vi riesce. Anche per mancanza di conoscenza approfondita del fenomeno. Non lo conosce, perché i docenti ancora, tutti i docenti, di tutte le discipline, non vogliono capire che ad essi spetta primariamente il dovere sociale di educare prima che istruire. Di formare, prima che insegnare. Non solo i bambini e i ragazzi. Ma anche gli studenti adulti dei licei e delle università. Il bullismo si può sconfiggere definitivamente impedendo a ogni singolo bullo di venir fuori dalla sua stupidità. Prendiamo una classe, come esempio. Se tutti gli alunni di quella, informati ed educati dai loro docenti, non dessero retta al primo manifestarsi del bullo, e lo isolassero nei due modi necessari (non seguirlo, non prestargli attenzione, e quello di stare attorno al ragazzo individuato come obiettivo e vittima). Quel cretino (ve lo assicuro perché l’ho sperimentato direttamente e solo poche volte, per fortuna, nella mia lunga attività di docente) se la dà a gambe. Se ne scappa, insomma. Perché il bullo è non solo poco intelligente, ma anche debole più della persona che intende colpire. Anzi, colpisce volutamente quella proprio perché in essa si rappresenta ciò che lui nega a sé stesso, la propria fragilità. La propria inadeguatezza ad affrontare la realtà. La propria difficoltà a relazionarsi con gli altri. Il proprio timore di non essere accolto e ancora di più di poter essere egli stesso vittima del bullismo altrui. 

Non è neppure un vigliacco, il bullo, è solo questo. Usa parole pesanti, volgari. Siccome teme che non gli bastino, attiva ogni mimica facciale e posturale, segnatamente violente e volgari, che possono rappresentarlo come individuo forte e temibile. 

La macchietta dei dittatori, macchietta di loro stessi. Quando tutto questo esattamente si verifica anche nella società, dal più piccolo quartiere alle più grandi città, dalle più piccole nazioni alle più potenti, il bullo, prima minaccia tuoni e fulmini, poi, se la fa sotto e fa marcia indietro. Un po’ per vedere cosa succede e se la debolezza degli altri permanendo, possa egli ottenere un qualcosa dalle minacce effettuate. Un altro po’, se meno arrogante che stupido, perché segretamente spera di essere aiutato dai “ deboli”. Ché se un bullo più altri bulli non può fare un uomo intelligente e responsabile, è vero, però, che un debole unito agli altri deboli può fare una forza. Che vince. 

Chiudo questa riflessione con un ricordo che mi è stato da guida e insegnamento nella vita pratica. 

Al tempo, ahimè, lontano della mia adolescenza, c’era un prepotente, poco più grande di noi, che si considerava forte perché robusto e aggressivo. Con fare minaccioso ne puntava uno che gli sembrava il più debole e con fare duro e voce spaventosa, lo afferrava dal bavero e gli diceva testualmente: 

"Se domani non mi porterai tutte le tue tue figurine Panini, ti rompo.” Tornava domani, non ricevendo nulla: "Se domani non arriverai con quel che ti ho ordinato, ti farò a pezzettini". E così per altri sette giorni. Noi tutti sempre attorno al nostro compagno, che, fattosi forte di noi, resisteva e lo scherniva, addirittura. Sette più due, fanno nove. E quel prepotente stupido, scompariva. Non c’era bisogno che si arrivasse a novanta. Nove giorni sono bastati.  

   Franco Cimino

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