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mercoledì 2 maggio 2018

Sollevare chi, mercati o persone?

 La Bellezza non ha confini.

Ferrovie dello Stato è alla ricerca di diversi profili professionali.


Nella pagina dedicata al Recruiting day Ferrovie dello Stato che si terrà a Roma il prossimo 17 maggio si leggono testuali parole: «Cerchiamo persone dinamiche, brillanti, global mindset, con un approccio digitale e aperte al cambiamento per cogliere insieme le sfide del business e centrare gli obiettivi del piano d’impresa. Invia la tua candidatura entro l’8 maggio, supera i test online e partecipa il 17 maggio al Recruiting day targato FS!» .

E sì non c'è più la bella frase in italiano neppure per i concorsi tipicamente italiani.
Una volta le fs erano posti invidiabili e anche adesso lo sono ma non c'era tutta sta manfrina in inglese per ricordare il mercato globale in cui ci siamo imbracati.

Non c'è che dire, ci siamo incarcerati da soli in un sistema disumano. Persino le ideologie che prima dicevano di difendere lo stato sociale e i meno fortunati, quelli che dicevano di voler rompere le catene degli ingabbiati dal sistema economico costretti a subire stenti, fatiche e fame, quelli che almeno potevano sognare un futuro migliore e che adesso sono definiti “vintage” dal lessico moderno e global, anche quelli parlano di salvaguardie del sistema economico pubblico inteso come traguardo sociale a tutela di un mercato disumano e aberrante per quanti costretti all'emarginazione dalle teorie portate avanti dai governi pro-global.

Per la prima volta devo dare ragione a Sgarbi.
La Bellezza è locale e pertanto deve essere tutelata; ancorata al territorio d'origine. Protetta dalla pochezza di pensiero che dà origine ad azioni barbare.
L'ingegno è da tutelare.
L'ingegno non ha età e neanche confini geografici. La cultura, ch'è bellezza, produce e promuove ingegni prescindendo dalle sfide del “business” teorizzato dalle imprese.

In sintesi, belle parole a parte, sollevare dalla sofferenza economica i mercati globali o lo stato psicofisico degli esseri viventi?

giovedì 22 dicembre 2016

Globalizzazione Solidale? Perché no!

Un ministro può dire sciocchezze? Può, anche sull'onda emotiva e isterica della situazione generale che si è venuta a creare con la sindrome della globalizzazione, affermare che alcuni cervelli è meglio perderli che tenerseli in Italia?

Può, la globalizzazione, imporre stili di vita totalizzanti?

Certo che no!
mar jonio, golfo di Squillace
 veduta spiaggia di Copanello, Catanzaro, Calabria, Italia

Personalmente amo la mia terra. Sono legato alle mie origini. Non alle tradizioni ma all'affetto dei miei cari e all'aria che si respira in Calabria e al sud dove ancora le sensazioni si manifestano coi gesti oltre che con le parole; allo stato epidermico!, con sincerità e se una persona è buona dentro l'avverti. Lo capisci a pelle. Le vibrazioni che emana. Il sorriso degli occhi. Il tocco lieve o energico delle mani. Tutto il suo essere si fa garante dell'empatia profusa.

Ad alcuni può sembrare pura poesia. Ingenui deliri da sognatore.
Anche se...

martedì 18 ottobre 2016

La dittatura del mercato globale soffoca le menti

"la dittatura del mercato globale
soffoca le menti"


L'altra sera in tv ho seguito per un po' un cabarettista, simpatico, caustico ma simpatico. Il suo monologo satirico era basato sulle problematiche attuali. Fatti che ci toccano di riflesso e a volte c'investono in prima persona togliendoci il fiato. Ha chiosato sull'immigrazione, l'assenza o le limitazioni degli ammortizzatori sociali per i cittadini senza lavoro, la tutela dei giovani e dei deboli, insomma ha centrato appieno le varie anime sociali intrise di paura, incoerenza, richieste lecite e rivendicazioni a volte cariche di personalismi e qualunquismo allo stato puro.

Ha dato una bella botta ai sessantottini. Padri o nonni dei giovani in platea che sorridevano e battevano le mani. In un clima goliardico ha addossato colpe inconfutabili alla classe dirigente attuale, composta dai sessantottini, appunto! ma anche e principalmente degli antagonisti politici che rivendicano il loro impegno politico nella destra sociale, Rei di non aver voluto creare quel mondo sociale fatto di solidarietà e amore che tanto avevano predicato e per il quale hanno lottato.

mercoledì 29 gennaio 2014

Fiat se ne va e Letta è fiducioso

E venne il giorno della verità. Marchionne e soci scoprono le carte. La fiat diventa fca vale a dire "fiat chrysler automobiles nv" e sposta la sede legale in Olanda e quella fiscale in Gran Bretagna.


BYE BYE ITALY
Sede legale, quindi ad Amsterdam e domicilio fiscale a Londra. In Italia, a Torino, se tutto va bene rimarrà il museo del Lingotto.
Però, non so come e neanche perché, il presidente del Consiglio Enrico Letta, oltre ad essere assolutamente convinto ( e di questo ci siamo convinti tutti) che la vicenda Fiat abbia cambiato completamente gli orizzonti e i confini ai quali eravamo abituati, adesso la Fiat è un attore globale e non più nazionale.

"La questione della sede legale e' assolutamente secondaria - ha aggiunto durante la conferenza stampa dopo l'incontro con il presidente della Commissione Ue Jose' Manuel Barroso a Bruxelles - quello che conta sono i posti di lavoro, il numero delle macchine vendute e la competitività e globalità" del gruppo, "al quale guardiamo con fiducia". Tutti gli italiani, ha aggiunto, devono tifare perché gli impegni siano rispettati e Fiat Chrysler sia "leader mondiale fra i grandi gruppi automobilistici".

Forse a Letta sfugge il fatto che il fare globalizzante di Marchionne e soci ha lasciato rovine nella Torino laboriosa e promesse mai mantenute negli altri stabilimenti italiani.E cosa peggiore che spostando le sedi altrove il sistema Italia non vedrà neanche un euro dalla neonata società e neanche dalla vecchia moribonda fiat italiana abbandonata dai super manager e dalla politica. 

martedì 11 gennaio 2011

ecco cosa nasconde il referendum di Marchionne

Dietro il referendum fiat recessione etica, più che economica.
Le falsità di Marchionne e dei dirigenti in generale, la cecità dei sindacati e delle associazioni che vestono i panni di paladini dei poveri. (segue sommaria analisi dei fatti)

È davvero riduttivo pensare che per la fiat sia una semplice questione di voti e promesse.
E per capirlo è sufficiente guardare alla povertà e alla mancata crescita economica e produttiva mondiale. Le fabbriche di qualsiasi natura sono in crisi e i lavoratori sono licenziati o in cassa integrazione. I prezzi dei consumi sono alle stelle. I pochi risparmi si assottigliano sempre di più.
alla luce di queste semplici osservazioni viene da dire: ma le eventuali macchine chi e quanti dovrebbero e potrebbero comprarle? Se poi aggiungiamo alla devastante crisi economica che fa lievitare i prezzi di pane, pasta, zucchero, ortaggi, anche quelli concernenti il petrolio, la benzina verde è arrivata a 1euro e 50centesimi, senza contare la spesa per l’assicurazione che mediamente tocca quota 1000 euro. Quante delle migliaia di macchine che vorrebbe produrre fiat, non Marchionne che fa finta di volere schiavizzare gli operai riportando la contrattazione a prima dello statuto dei lavoratori, troverebbero acquirenti con soldi disponibili anche a rate?
Per uscire dall’empasse morale, etica più che economica, visto che la ricchezza mondiale si sta distribuendo tra pochissimi eletti, si dovrebbe, noi tutti, avere il coraggio e l’onestà mentale di dare al prossimo dignità e fiducia nel futuro attraverso politiche sociali indirizzate ai più deboli, ai poveri, ai bisognosi che per dignità non chiedono, bussano e fanno file dietro le porte di chi gestisce la politica locale e nazionale.

domenica 5 dicembre 2010

crisi dell'auto e globalizzazione dei mercati tra licenziamenti e nuove povertà

L’auto, la fiat, Marchionne, sindacati e società.


Il mercato dell’auto, inteso come modello consumistico usa e getta, non regge più perché non esistono condizioni economiche sociali tali da garantire spese esose alla generalità dei cittadini, in virtù della precarietà dei giovani costretti nel mondo del lavoro con contratti capestro e di quanti hanno perso il lavoro.

Finito il boom economico, o quantomeno quella sorta di tranquillità supportata dal lavoro e dagli ammortizzatori sociali, nelle famiglie si pensa a gestire le poche risorse rimaste per risolvere questioni impellenti quali la salute, le spese vive delle bollette e dei consumi improcrastinabili, lo studio e la riparazione delle macchine.

L’autoparco familiare è al completo! E piuttosto che avventurarsi in decine di migliaia di euro, si pensa bene a rattoppare il danno dal meccanico piuttosto che entrare in qualche autosalone del nuovo.
Tra l’altro proprio in questi giorni i carburanti hanno avuto un’impennata non indifferente: il gasolio a quota 1,32 al litro servito alla pompa, ma chi vuole risparmiare qualche centesimo può auto servirsi e abbattere il prezzo a 1,30 o 1,29. la cosa cambia di poco se si pensa che col corrispettivo fino a qualche anno addietro si riusciva a fare quasi il pieno a un’utilitaria.
Insomma, anche volendo, mancano i presupposti per affrontare una spesa importante qual è un’automobile nuova fiammante.

Allora c’è da chiedersi: anche se Marchionne e i sindacati riusciranno a trovare un accordo, l’azienda torinese a chi venderà le macchine se persino gli operai fiat sono ridimensionati nel numero di assunzioni e nel salario? Senza contare il già detto, vale a dire le spese di mantenimento della macchina, includendo: assicurazione, tassa di circolazione e manutenzione ordinaria, quali olio, filtri, benzina, candele, gomme e ogni due anni la revisione.

Alla base del mercato deve esistere un’offerta, tecnologicamente all’avanguardia e innovativa anche dal punto di vista energetico, e una richiesta certa, avvalorata da tranquillità economica e sociale da chi regge il mercato, cioè il consumatore. Necessita, perciò, una revisione totale della teoria dei bisogni aziendali, sociali, energetici del mercato globale.

lunedì 12 luglio 2010

e se avesse governato la sinistra?

Ancora tagli nelle aziende.

Fiat, Telecom, Siemens, Enel, Olivetti, telefoni di Stato, ferrovie dello Stato…

Ok, la certezza del “posto fisso” non c’è più! Le aziende forti dello Stato e del parastato, quelle che un tempo fungevano da approdo sociale per le nuove generazioni e davano l’opportunità di formare una famiglia, conferivano certezze alle persone che, forti dell’opportunità lavorativa, guardavano al futuro con speranza e fiducia non esistono più.
Negli anni 80, dopo la lunga agonia degli incentivi economici e delle mobilità orizzontali e verticali tra le maestranze, grazie alla coogestione sindacato/azienda per le politiche aziendali e sindacali, fase aperta e consolidata da Marisa Bellisario in qualità di amministratore della sit Siemens italiana, i grandi agglomerati produttivi sono morti per sempre. Non esistono più le grandi fabbriche metalmeccaniche, le compagnie pubbliche, le private, sovvenzionate con i soldi dello Stato.

Nell’era del mercato globale l’assistenzialismo di Stato non può esistere come sistema di aiuto alle aziende e, conseguenzialmente, ai lavoratori, alle famiglie, alla società! La globalizzazione è un’era geozoologica particolare che riporta indietro nel tempo le lancette della civiltà acquisita attraverso l’emancipazione culturale e racchiude in singolari gabbie collettive illusorie gli uomini. Ergo: o sei un colosso, economicamente forte, con una struttura aziendale snella, che va a sfruttare la fame degli altri per guadagnare di più oppure sei risucchiato nella mediocrità e annullato dalla bontà per essere stato eticamente corretto.
Questo in sintesi il pensiero concreto che affama le popolazioni.
Di fatto la globalizzazione annulla i concetti etici e religiosi della condivisione e della cooperazione.

“g l o b a l i z z a z i o n e” è l’ultimo crimine storico ideato dall’uomo. È la messa in atto di una teoria blasfema che induce gli uomini alla guerra per la sopravvivenza e vanifica, come già detto, la cultura della condivisione e della fratellanza tra i popoli.

Fino a quando le persone possono essere considerate numeri o rami secchi da tagliare solo per far quadrare i conti e rilanciare in borsa le aziende?

È chiaro che qualcosa non ha funzionato. Qualcosa continua a non funzionare!

mercoledì 10 febbraio 2010

egemonia della globalizzazione verso un mercato del lavoro solidale


Durante il programma “Ballarò”, in onda su rai3, condotto dal giornalista Giovanni Floris, il ministro Castelli ha mostrato alle telecamere due articoli di largo consumo fabbricati in china, ha evidenziato il costo esiguo dei prodotti esposti e imputato colpe all’alto costo del mercato del lavoro italiano e al fenomeno della globalizzazione dei mercati; quasi fosse una colpa l’emancipazione dei lavoratori e del mondo del lavoro italiano ed europeo e che dipendesse da ciò la recessione e la crisi in atto nelle nazioni.

Le esternazioni del ministro Castelli diventano quasi una legittimazione della strategia delocalizzante” delle aziende che chiudono le sedi produttive nei paesi che ne hanno fatto la storia e la fortuna economica per andare a sfruttare la fame degli altri.
Il ministro non ha ricordato i veri architetti della bolla economica che hanno provocato l’impoverimento di intere nazioni e neanche coloro che hanno tratto benefici enormi dal crollo delle borse.

È vero! Nei negozi cinesi si trovano prodotti a bassissimo costo: 2 euro la doccetta, 1 euro il filtro della fontana mentre il note book con il marchio italiano non si trova in vendita nelle bancarelle dei cinesi ma negli showroom italiani come pure le scarpe, i vestiti e molti prodotti hitech a prezzi esorbitanti.
È anche vero che i prodotti cinesi a basso costo sono di infima qualità e non possono reggere il confronto con analoghi merci costruite con tutti i criteri della legalità imposta ai mercati del lavoro italiano. Purtroppo, la gente è costretta dall’emergenza contingente a tamponare momentaneamente le piccole esigenze familiari con l’impiego di piccole somme.

Credo che in situazioni di disagio nazionale, anzi, globale, come quello attuale, le parole non servano, servono i fatti! l'egemonia della globalizzazione selvaggia si annulla attraverso le forme solidali del mercato etico: il lavoro al servizio dell'uomo e non l'opposto! In parole povere:
Ci vorrebbe un po’ di quella Cristiana bontà che induce chi è nelle condizioni economiche agiate a dare il superfluo a chi non possiede nulla.
Ma questa è pura utopia. Allora, che fare?
Forse, ci vorrebbe del coraggio civile per imporre, una tantum, un versamento sui grandi patrimoni, sui compensi stratosferici dei dirigenti politici e aziendali, e, nel frattempo, studiare strategie mirate alle vocazioni territoriali atte a rilanciare l’occupazione.
Questo sì che darebbe fiducia!

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