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martedì 15 maggio 2018

Dedicato a mamma Natuzza

Installazione per la mistica di Paravati.


Umiltà e tenacia nella vita semplice di mamma Natuzza che per ribadire la sua povertà e impotenza umana nei confronti del supremo Amore ripeteva spesso: “Sono un verme di terra. Su 'na grasta rutta... (sono un vaso di terracotta rotto) io non posso fare altro che pregare la Madonna e il bambino Gesù. Io non posso niente. È lui che può fare tutto.
Queste frasi le ricordo bene.
Le ripeteva in pubblico e in privato e quando la gente le chiedeva “il miracolo” in preda alla disperazione le esortava a pregare e avere fede.


L'esempio e le parole della mistica prendono forma nell'installazione. E mentre lavoro una voce interiore sembra guidare le mie azioni.
Assemblo gli oggetti che ho a disposizione: l'anfora rotta ( a grasta); una pianta grassa (fico d'india) e la terra. E l'angioletto seduto sul globo che guarda pensieroso il prodotto terreno.

La forma solida dell'anfora del vino italo-greca fa riaffiorare alla mente l'immagine protettiva del seno materno: la madre che, se pur sofferente e intaccata dalle sofferenze terrene, trasmette comunque il dono della vita e la dedizione alla famiglia. L'anfora riempita con l'elemento terra e la messa a dimora di una pianta spartana che per vivere e donare buoni frutti protetti da spine nella terra di Calabria non necessita di sofisticate cure. Il tutto carico di allegorie connesse alle ambagi quotidiane, rappresenta plasticamente il pensiero di Mamma Natuzza.
In sintesi:
Essere terreno e mistico. Sacro e profano, quotidianità, piccoli e grandi problemi da affrontare. Gli uni connessi all'altro, accostati si fondono per dare vita e risalto al pensiero Creativo dell'Amore Supremo che tutto può. 

ps: alcune scuole di pensiero affermano che l'arte non si deve spiegare ma a volte raccontare come nasce un'opera e quali sono i pensieri che spingono a realizzarla può essere d'aiuto per comprenderne il significato e andare oltre il dato prettamente visivo.

martedì 28 settembre 2010

il medio di Cattelan punta il cielo di Milano

aore12







aore12

Perché quell’enorme dito punta il cielo di Milano?

È un enorme mano di marmo alta 11 metri con le quattro dita amputate tranne il medio. La scultura posta su un imponente piedistallo davanti alla borsa di Milano, che il suo ideatore ha titolato Love perché stando a quanto ha dichiarato vuole essere un atto d’amore, punta diritto al vertice del triangolo della struttura di palazzo Mezzanotte, dal nome dell’architetto, Paolo, progettista e costruttore, sede dell’istituto dal 1932, sembra sintonizzarsi con la facciata monumentale di piazza affari, alta 36 metri e rispecchia l’impostazione classica ancora cara nei primi del ‘900.

La mano, ben si colloca, nella sua concezione classica tra i blocchi di travertino e le statue di Leone Lodi; ma un interrogativo è d’obbligo: perché Love?

Amore per avere tesaurizzato ogni cosa?
Amore sadomaso per gli effetti dell’economia globalizzata?
Amore per le bolle finanziarie che hanno causato la recessione mondiale?

O semplicemente un accorato vaffa… a tutto e tutti?

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