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giovedì 17 gennaio 2013

Mali, altra guerra calata sulle miserie umane

aore12
Da qualche giorno si sente parlare del Mali e della guerra interna che coinvolge il mondo occidentale civilizzato. Si parla di guerre di religione e come al solito di frange estremiste che vogliono imporre anche con la violenza la religione dei padri. Ma sarebbe più giusto ricordare che su una popolazione di quasi 1.300.000 il 90% è musulmana, il 5% cristiana e l'altro 5% animisti e credenze tradizionali.

Il Mali, Stato dell'Africa occidentale, è una Repubblica, la lingua ufficiale è il francese ma si parla anche l'arabo e le lingue camitiche dei berberi. Conosciuto anche come Sudan francese in quanto colonia dell'Africa occidentale della Francia quando era di moda colonizzare i popoli sottosviluppati, il Mali con l'indipendenza del 1960 assunse l'antico nome dell'impero fiorente che dominava le rive del Niger e fondava la sua ricchezza sul commercio transhariano. Finito il tempo del commercio africano, la colonia, priva degli strumenti tecnologici, cade nella povertà. E come testimonia l'enciclopedia del sapere:
“Manca l'industria di base (modestissimo è d'altronde anche l'apporto energetico: si producono solamente 410 milioni di kWh annui, per lo più di origine idrica grazie alla realizzazione di centrali idroelettriche sul Niger e sul Senegal) e l'attività manifatturiera, in buona parte semiartigianale, è eminentemente basata sulla trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, comprendendo perciò oleifici, cotonifici, birrifici, zuccherifici, manifatture di tabacchi, concerie; funzionano inoltre piccoli saponifici, cementifici ecc. Il Mali possiede anche un artigianato di pregio (tessuti, pellami, ceramica bigiotteria e lavorazione del legno).
Prospezioni geologiche hanno accertato la presenza di vari minerali, tra cui ferro e petrolio, ma al momento l'attività estrattiva riguarda solo fosfati, oro (con riserve stimate nell'ordine delle 500 t e che rappresenta una delle principali voci di esportazione) e uranio, oltre ai depositi di sale del Sahara, da tempo sfruttati. Il sale viene prelevato dalle miniere di Taoudenni e trasportato ancora a dorso di cammello.”

mi chiedo: a una società dominata dallo spread e dai poteri forti dell'alta finanza che pur di tutelare i propri profitti ha impoverito le economie degli Stati deboli e mandato alla morte civile intere generazioni cosa può importare il futuro del Mali e suscitare l'attenzione in una terra piagata dalla fame e dalla miseria?
Quali interessi avranno certi Stati democratici per mobilitarsi e inviare costosissimi droni nonché contingenti armati e, probabili, vettovagliamenti?  

lunedì 21 marzo 2011

2012, la profezia dei Maia



Come al solito non c'è mai una linea univoca neanche quando si tratta di questioni delicate che coinvolgono il destino dei popoli. E nonostante vi siano leggi, ponderate e scritte dagli uomini per legittimare interventi delle forze democratiche oltre i confini nazionali a favore delle popolazioni oppresse dai tiranni che uccidono civili insorti, in Italia e nel resto del mondo la polemica infiamma i cuori.

Gli schieramenti sono netti:
i tiranni, che approvano l'intervento sanguinario per reprimere i dissenzienti, i liberali, definiti anarchici indisciplinati; “non rieducabili” alle scuole dei regimi totalitari, non ammettono ingerenze da parte di altri popoli nelle loro questioni interne;

i democratici, che ritengono inaccettabili e improponibili i sistemi coercitivi esercitati sugli inermi, pur valutando le inevitabili problematiche, consequenziali alle operazioni d'aiuto portate agli oppressi, sostengono gli interventi dei paesi democratici tesi a mitigare morti e disagi alle popolazioni.

Non è un caso se la maggior parte delle popolazioni sottomesse a regimi dittatoriali invocano sistemi di vita più democratiche. Non è un caso se le donne di tutto il mondo pretendono rispetto e parità reali. Come non è un caso che le rivolte avvengono perché i dittatori si sono bevuti il cervello e arrestano bambini delle elementari perché intonano una canzone o perché disegnano graffiti sui muri contro il regime, come successo in Siria.

Il vento della libertà soffia, pulisce l'aria, fa tremare i tiranni, cancella dittature, spazza via nebbie cariche di falsità intrise di ideologie assurde; apre nuove ere, dove ognuno ha la possibilità d'intraprendere la strada più consona al proprio modello di vita rispettando i percorsi altrui.

Che sia questa la fine preannunciata dai Maia? La fine delle dittature e della schiavitù dell'uomo sull'uomo? La fine di certi subdoli parolai di mestiere la cui unica preoccupazione consiste nell'imbonire le masse incolte e mantenerle tali?
Se è così, aspetto con ansia il 2012 e brinderò con sommo entusiasmo alla rinascita dell'uomo!

mercoledì 19 gennaio 2011

Luca Sanna, ultimo martire in Afghanistan

Afghanistan: un altro volontario muore

La notizia diramata dall’agenzia giornalistica è la seguente:

''Siamo lì nell'ambito di una missione internazionale e verremo via quando lo farà anche il resto della missione internazionale. Finora la nostra risposta è stata questa''. E' quanto ha affermato stamane il ministro della Difesa, Ignazio La russa rispondendo, nel corso della telefonata a Mattino 5, ad una domanda su una possibile exit strategy adombrata ieri dallo stesso presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.

La Russa ha ricordato che ''non spetta al potere politico fare la strategia militare. Io posso solo dare indicazioni - ha aggiunto - e nel corso della riunione con i vertici militari di ieri ho detto che occorrono contromisure adeguate. Credo che ci s’interroghi, come ha detto anche Berlusconi, sulla missione, ma penso anche che non tocchi a noi, in questo momento, vanificare lo sforzo di chi sta lì da tanto tempo''.

È vero, non spetta alla politica studiare le strategie militari, ma chi ha imposto “la missione di pace?” non è stata la politica di destra, quella che mostra i muscoli piuttosto che dialogare con gli avversari, a fiancheggiare le deliranti paure di Bush e le bugie di Blair, ex primo ministro inglese? E non sapeva, la politica, che la conseguenza logica di una scelta simile portasse morte?

Oggi, in virtù di quelle scelte scellerate un’altra giovane vita si è spenta ed è inutile andare a trovare cause e colpevoli. Lui, purtroppo e con estremo rammarico, fa ritorno a casa in una bara, accolto dal dolore enorme dei suoi cari. E poco vale per loro apprendere che chi l’ha ucciso indossava la divisa dell’esercito afghano.
Luca Sanna, militare di Samugheo di 33 anni, ha concluso la sua vita nella zona di Bala Murghab, nell’Ovest del Paese.
Sposato da appena quattro mesi, il caporalmaggiore Luca Sanna, dell’VIII Reggimento alpini, era partito a poche settimane dal matrimonio alla guida del suo plotone fucilieri della Brigata Julia e alla moglie Daniela, aveva lasciato una promessa.
«Quando torno, a marzo, facciamo un viaggio di nozze splendido», le aveva detto prima di partire per la nuova missione, la sua seconda in Afghanistan.

Originario di Samugheo, in provincia di Oristano in Sardegna, Luca Sanna viveva a Lusevera in provincia di Udine, poco distante dalla caserma degli alpini. La sparatoria che si è portata via la sua giovane vita è avvenuta alle 12.05 (ora italiana) nell’avamposto Highlander, controllato all’interno dai militari italiani e all’esterno da quelli afghani, a una decina di chilometri dalla base italiana di Bala Murghab.

sabato 9 ottobre 2010

Afghanistan, morti 4 militari italiani

Afghanistan: morti 4 soldati italiani.

Secondo le S. Scritture, quando Gesù capì che era arrivato il momento di divulgare il Verbo non armò eserciti ma si mise a predicare alla gente. Viaggiò da villaggio a villaggio. Predicò la pace, la comprensione e l’amore. Le sue parole toccarono i cuori; amici e nemici aprirono spiragli di speranza e varchi di carità al prossimo. Moltiplicò i pani. Sfamò il corpo e l’anima. Bussò ai cuori. Resuscitò i morti.

L’esercito Cristiano, il suo esercito, armato di fede e amore, divulga ancora oggi, fiducioso l’uguaglianza e l’amore universale. I dodici apostoli, varcati i confini della Palestina, con la sola forza della parola e dell’esempio, sono riusciti a contaminare il mondo raccontando il Vangelo.

Dalla morte di Gesù, avvenuta sulla croce, sono trascorsi 2010 anni.

Purtroppo, nonostante si ricordi e s’insegni la vita di Gesù in ogni momento, specie nelle celebrazioni sacramentali, il Suo Sacrificio sembra vanificato dalla turpitudine progettuale di certe azioni che nulla hanno a che vedere col sacro amore. E, mentre ci si arroga il diritto d’intervenire nelle vicende private e nelle sovranità di stati terzi, con l’intenzione, solo dichiarata all’opinione pubblica, di portare pace, legalità e democrazia, nella propria casa bivaccano sobillatori, mistificatori e guerrafondai.

Si abbia almeno il coraggio e l’onestà di definire i fatti per quello che realmente sono mentre si piangono i ragazzi morti nella “missione di pace” in Afghanistan; si abbia la determinazione politica di portare gli eserciti nelle loro sedi naturali e si dia agli afghani la possibilità di costituire un loro Stato Sovrano privo d’ingerenze esterne.

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