Sulla pelle degli Altri

Di Franco Cimino 

 MA PERCHÉ QUESTE GUERRE NON FINISCONO MAI? E POTRANNO FINIRE COME E QUANDO?

 

Per fare un campionato di calcio occorre una lunga preparazione. Peer partecipare alle olimpiadi, sacrifici a non finire e fatiche incalcolabili con studio continuo di perfezionamento tecnico. Per scalare una montagna ci vuole forza nelle gambe, conoscenza dei venti e degli ghiacciai. E tanto tanto coraggio. Anche per navigare. Occorre studiare il mare, conoscerlo profondamente, amarlo. Rispettarlo. Essere dentro le correnti esterne e interne che lo attraversano. E nuotare, come se lo carezzassi, nella sua anima infinita. Per scrutare il Cielo, occorrono occhi di cuore. E spirito di conoscenza. E curiosità, tanta. Per fare il pugile, ci vogliono muscoli duri come il marmo e pugni di ferro. Ci vogliono anche qui, furbizia. Intelligenza tattica. E molto occhio, anche quando fosse gonfio e nero di botte. Per fare lo scrittore ci vogliono fantasia, penna, ora anche digitale. E parole. Tante parole. Le stesse che, insieme al sentire con sentimento, occorrono quando si scrivono poesie. Per fare una fabbrica, e tenerla in piedi, ci vogliono gli imprenditori, i lavoratori, le materie prime e i macchinari per trasformarle. E ingegno nel saperle mettere sul mercato, traendone ricchezza e altre risorse. Ma per fare una guerra cosa ci vuole? Ci vuole l’odio verso il nemico, sì. Ci vuole la volontà brutale di annettersi territori altrui e quella innata tendenza delinquenziale per rubare le ricchezze in essi contenute. Per fare una guerra, ci vuole anche un disegno strategico. E una strategia studiata a fondo perché risulti efficace. Per fare una guerra, ci vuole la cattiveria, quella quell’istinto primordiale, antropologico, che accenda il desiderio di morte. E la voglia di provocarla nei nemici. Ci vuole, per sostenere l’istinto di morte, la ferocia con cui produrla. Continuarla senza che senso di colpa o pentimento o indugio, ti colga nel mentre morte procuri. Per fare la guerra ci vuole una sola orrenda idea. Quella che ci siano solo i combattenti, gli strateghi, i signori della morte. A importatela. E in una concezione del tempo che sia chiuso nel presente. Un tempo senza passato e senza futuro. Il passato è ignorato. Il futuro non è neppure concepito. Per fare la guerra ci vuole ferocia, odio, tecnica militare, voglia di morte. Tutto questo, nella testa di quei folli criminali, ci starebbe pure. Ci potrebbe, nella loro propaganda, stare. Fino a un certo punto sarebbe pure comprensibile, a buona parte di questo mondo che ha smarrito il valore della vita. In quel sentire utilmente la guerra come un fatto umano che abbia comunque a consumarsi. Abbia a finire per stanchezza e perdita di forze. E, però, la guerra, quella tipologia di guerra, avrebbe bisogno delle cose e degli elementi che più inducono a pensare che essa abbia un fine. Una sospensione. Ovvero, una totale cessazione. Sono gli elementi e le risorse più necessari ai combattimenti. D’assalto e di aggressione, soprattutto. Per esempio, ci vogliono i soldati. Per fare la guerra, ci vogliono uomini in armi e in divisa. Occorrono le armi, i carrarmati, le navi, gli aerei, le munizioni, le bombe, i missili, i droni. Tutte risorse, queste, che subiscono perdite, spesso enormi. Non poche volte totali. Queste perdite sono una delle principali cause per cui le guerre cessano. E come se si consumassero da sole. In quel concetto, che io da più volte sostengo, per il quale la guerra uccide la guerra. Ma le guerre in corso, specialmente le più note, in Medioriente e in Ucraina, non finiscono mai. E mi domando dove sono ancora gli uomini per farla? Ne sono stati uccisi a decine decine di migliaia. E dove sono più le armi, i missili, gli aerei le navi, le bombe, se ne sono state distrutte consumate a migliaia? Siccome tutto questo materiale ha anche un elevato costo economico, dove sono i soldi per fabbricarne altre? Dove si trovano questi soldi per finanziare la guerra? Dove si trovano gli arsenali pieni di armi micidiali? E chi le paga? E quando e dove vengono fabbricate? Queste domande, non sono affatto retoriche. La risposta a tutte, si trova in quella preoccupazione di Papa Francesco, quando affermava e denunciava che queste guerre apparentemente regionali, sono come quel piccolo elastico, aggiungo io, che si allunga progressivamente fino a quando qualcuno non lo tiri così forte da romperlo. La guerra a pezzettini, come la definiva Bergoglio, è di fatto il teatro nascosto di una guerra globale. Mondiale. Nella quale tanti paesi cosiddetti neutrali e non belligeranti, di fatto partecipano ai conflitti offrendo soldi e armi al belligerante alleato. Questa guerra, questa brutta sporca guerra, non finirà fino a quando questa ipocrisia non si sarà dissolta nella affermazione di una verità. Una sola. Quella che la parte più coraggiosa della pubblica opinione mondiale potrà gridare. Questa: solo se e quando i popoli che rifiutano la guerra non avranno imposto, ai propri governi, di cessare questo gioco contro la vita e contro la verità della vita, la guerra, sotto le diversi sue vesti, cesserà. Che ne segua o no la Pace. La Pace vera. La guerra cesserà e si fermerà per un tempo lungo, quando quei popoli, liberatisi, imporranno a quelli stessi governi di ripristinare il valore inalienabile della Democrazia. Anche qui, la Democrazia autentica. Quella al centro della quale c’è la Persona. E il dovere di un paese, di un popolo, di costruire ricchezza finalizzata solo alla soddisfazione dei bisogni, soprattutto primari, della gente. La Democrazia, anche come sentimento, nel quale si avverta il dovere di estendere il principio di solidarietà verso quei popoli, che più delle armi hanno bisogno di acqua e pane. E di una terra per far vivere libero il popolo di quella terra. E degli strumenti, hanno bisogno, per uscire dall’arretratezza. Per costruire con le proprie mani un destino migliore. 

 Franco Cimino.

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