Oltre la demagogia dell'8 marzo.
Oggi, 8 marzo, si rinnova la sagra dell’ipocrisia.
Quanto c’è di vero e sentito nell'intimo di quanti dimostrano a chiacchiere solidarietà negli innumerevoli scritti dedicati alle donne, oggi?
Cinismo?
Non credo.
Dell’incendio della fabbrica in cui lavorava solo una maestranza tutta femminile e dove morirono, appunto, il resto del mondo decise di immortalare la disgrazia trasformandola in ricordo e festa affinché non si ripetesse più, cosa è cambiato?
L’unica cosa certa è che da allora, superato lo sdegno e il dolore iniziale, la società dei consumi è riuscita a trasformare l’evento in un coacervo di consumismo sfrenato. Fiori. Profumi, regali. Pranzi. Pizze in trattorie e ristoranti. E ancora vestiti e gioielli per i più facoltosi. E, conquista femminile: le feste organizzate dalle donne per sole donne corredate da spogliarellisti muscolosi dalla pelle glabra e rilucente .
Superato l’afflato emotivo del momento tutto torna nei parametri quotidiani: la donna, scesa dal piedistallo momentaneo installato per l’8 marzo, da principessa e regina rindossa i panni di Cenerella. Lava. Stira. Cucina. Fa la spesa. Rassetta. Accudisce figli e marito. Lavora dentro e fuori casa a volte. E il lavoro fuori casa non è remunerato come dovrebbe: ancora vige la diseguaglianze con i maschietti. La Diversità di stipendio e mansioni è dura a sfaldarsi dalla logica imprenditoriale maschilista. Però continuiamo a fare le moine calendarizzate dalla fantasia asservita all’effimero pensiero propagandistico.
Intanto è d'obbligo augurare comunque:
Buona festa delle donne, ma fino a quando?
Fin quando le donne non s'incazzeranno davvero e sovvertiranno il pensiero degli stupidi maschilisti curvi sul proprio ombelico.
Ecco, preferisco aspettare, e gioire pienamente insieme all'altra metà del cielo ch'è bellezza creativa, madre, sposa, amante. Solo allora si potrà gioire insieme.
Per adesso lavoriamo insieme seriamente affinché l'emancipazione diventi al più presto una realtà condivisa.
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