di sabatino nicola ventura
La vendetta alle fosse ardeatine. Il giorno dopo l'attentato di via Rasella.
Il 24 marzo 1944 a meno di 24 ore dell’attentato di via Rasella a Roma, alle Fosse Ardeatine, cave di pozzolana, materiale usato in edilizia, vicino alla via Ardeatina, i tedeschi uccidono, con un colpo alla nuca, anzi al cervelletto, uno per uno, 335 italiani antifascisti.
La rappresaglia dei
nazisti, con l’importante collaborazione dei fascisti, fu vile e spietata.
Il nazista Kappler
e il suo stretto collaboratore, Priebke,
predisposero durante la notte del 23 marzo, con la collaborazione dei fascisti,
in particolare del questore di Roma, Caruso, che forni l’elenco di oltre 50
innocenti da trucidare, i nominativi dei martiri, 330. Ma per un errore di
conteggio l’elenco dei destinati al sacrificio fu di 335.
Il 23 marzo 1944 i
GAP romani con l’attentato di via Rasella uccisero 33 soldati del reggimento
“Bozen”, della polizia tedesca, la Ordnungspoliziei. I tedeschi durante la
tarda serata del 23, la notte e la prima mattinata del 24 marzo, rastrellarono
con il fattivo aiuto dei fascisti i 335 italiani della lista, prelevati, quasi
tutti, a Regina Coeli e nel famigerato carcere di via Tasso. La gran parte
erano ebrei, intellettuali, militari, politici, artisti, artigiani. Furono
messi su dei camion e portati, senza che avessero idea di cosa stesse
succedendo, alle Fosse Ardeatine per essere, uno alla volta, uccisi.
L’eccidio inizia
attorno alle 13,30 fino alle 22,30 del 24 marzo. A seguito della
carneficina all’Ardeatine, i tedeschi emanarono il seguente comunicato,
pubblicato sul quotidiano Il Messaggero il 25 marzo:
“Nel pomeriggio del 23 marzo 1944, elementi criminali hanno
eseguito un attentato con lancio di bombe contro una colonna tedesca di polizia
in transito per via Rasella. In seguito a questa imboscata, 32 uomini della
polizia tedesca sono stati uccisi e parecchi feriti. La vile imboscata fu
eseguita da comunisti badogliani. Sono ancora in atto le indagini per chiarire
fino a che punto questo criminoso fatto è da attribuire ad incitamento
anglosassone. Il Comando tedesco è deciso a stroncare l’attività di questi
banditi scellerati. Nessuno dovrà sabotare impunemente la cooperazione italo-tedesca
nuovamente affermata. Il Comando tedesco, perciò, ha ordinato che per ogni
tedesco assassinato, dieci criminali comunisti-badogliani saranno fucilati.
Quest’ordine è già stato eseguito”.
Alle Fosse Ardeatine
si consumò la maggiore strage di ebrei sul territorio italiano (75 furono le
vittime per motivi razziali).
I tedeschi qualche giorno dopo l’eccidio fecero saltare con
la dinamite, le volte delle gallerie per ostruire l’accesso alle cave.
Nel 1947 il nazista
Kappler, il criminale maggiore delle Fosse Ardeatine, che era stato
arrestato dagli inglesi, fu processato e condannato all’ergastolo da un
tribunale militare italiano, e rinchiuso nelle carceri di Gaeta. Nel 1976 fu
trasferito all’ospedale militare del Celio per motivi di salute; da qui il
giorno di ferragosto del 1977, aiutato dalla moglie, evase.
Priebke, aiutante di
Kappler, fu arrestato in Argentina dove si era rifugiato. Estradato in
Italia fu processato in Italia il 1996. Il tribunale dichiarò il reato estinto.
Ma la Corte d’Appello nel 1998 lo condannò all’ergastolo, che scontò ai
domiciliari.
Il furiere Fans
Pluck, ha dichiarato al processo Klapper “la rappresaglia alle Fosse
Ardeatine fu fatta nel massimo rispetto della legge, alla fine rimasero
soltanto ebrei, comunisti e altra gente così: nessuno innocente”.
A Roma il 23 e 24
marzo nessuno sa delle Fosse Ardeatine: la strage è stata compiuta in gran
segreto: Tutti parlano però di via Rasella.
Nessun manifesto dei tedeschi o comunicati radio volti a
fare appello agli esecutori dell’attentato di presentarsi al Comando tedesco,
sono mai stati divulgati.
Su questa vicenda
di via Rasella e delle Fosse Ardeatine, in Italia, sin dal 1944 si sono
pronunciate considerazioni, richieste e condanne morali verso gli esecutori
dell’attentato, privi di ogni concreta sostanza. In tanti hanno giustificato
l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Si è
tentato di fare credere il contrario di quanto accaduto.
Nessuna richiesta, cosa abbondantemente provata, da parte
dei tedeschi agli attentatori di “costituirsi”. Ma anche se ci fosse stata,
avrebbero avuto il diritto i gappisti, di consegnarsi? Sicuramente no. Ogni
azione partigiana provocava reazione dei nazifascisti, anche rappresaglie. Ma
consegnarsi, sarebbe stato assurdo. Sarebbe stata la fine della lotta di
resistenza e liberazione. In ogni caso mai c’è stato dai tedeschi invito agli
esecutori dell’attentato di consegnarsi.
Kappler al processo
dichiarò che loro non si erano neanche preoccupati di cercare i colpevoli,
tanto erano sicuri che la popolazione li avrebbe coperti. Al processo di
Kesselring, gli fu domandato se non avevano pensato di chiedere ai partigiani
di via Rasella di presentarsi. Kesselring disse, a pensarci bene adesso non
sarebbe stata una cattiva idea. Ma non l’avete fatto? Non l’abbiamo fatto, ha risposto.
C’è anche chi ha pensato che non dovevano fare l’attacco,
perché i tedeschi avrebbero risposto con una rappresaglia.
A Roma, anche qui
in ogni caso, c’erano stati numerosi attentati e tanti tedeschi uccisi, e
nessuna rappresaglia di quelle proporzioni. Mai nessun manifesto l’aveva
minacciato. I tedeschi, invece, avevano ripetutamente scritto durante
l’occupazione di Roma, che chi attacca i tedeschi sarebbe stato punito con la
morte.
Gli Anglo-Americani,
il legittimo Stato Italiano, che combatteva a fianco agli alleati (uno dei
giovani di via Rasella ha combattuto al fronte in divisa italiana contro i
tedeschi, morendo) sono rimasti sorpresi e compiaciuti dell’attacco di via
Rasella. Il generale Alexander, comandante delle truppe alleate nel
Mediterraneo, disse che ammirava gli italiani perché a Roma avevano osato
sfidare nel cuore della città un battaglione tedesco armato.
Subito dopo via Rasella i tedeschi non fanno più passare i loro convogli dalle vie consolari, e si ritirano a tutti gli effetti da Roma; sarà una circostanza? Roma, bombardata dagli alleati tutti i giorni, dopo via Rasella per oltre due mesi non viene bombardata.
Il catanzarese
Giovanni Vercillo è uno dei quattro calabresi martire delle Fosse Ardeatine.
Vercillo studiò
al liceo classico di Catanzaro, per poi laurearsi in giurisprudenza a Roma.
Vercillo, ufficiale
del regioesercito, dopo l’8 settembre aderì alla resistenza, fece parte del
gruppo militare Fossi (fondato dal tenente colonnello di fanteria Alessandro
Fossi). Vercillo era nella Segreteria Centrale di questa formazione. Il gruppo
Fossi svolgeva attività, prevalentemente, nel campo delle informazioni militari
all’Armata Americana, al Partito d’Azione e altri. Il gruppo svolgeva anche
attività di falsificazione di documenti e assistenza agli ufficiali alla
macchia. Vercillo era un funzionario della Corte dei Conti a Roma. Secondo un
suo parente il magistrato Umberto Antonelli, Vercillo fu arrestato il 18 marzo
1944 in via Lucullo a Roma (per sospetti collegamenti con le autorità militari
alleate). Addosso aveva fogli di propaganda anti tedesca. Il Fossi da un’altra
versione, il 17 marzo il Gruppo subì arresti e Vercillo, il 18 fu arrestato
nella sua abitazione e condotto in via Tasso. Sei giorni dopo fu portato alla
Fosse Ardeatine e ucciso.
A Roma c’è una lapide
che lo ricorda. Gli è stata intitolata anche una salita ripida al quartiere
Trionfale. Nella sede della Corte dei Conti a Roma è stata scoperta una lapide
in ricordo.
A Catanzaro c’è una via
Vercillo, quella che comunemente è chiamiamo salita Mauro.
Nel 2009 il sindaco
di Catanzaro, l’On. Rosario Olivo, scopri un’adeguata targa
d’identificazione, nella quale fu precisato che Vercillo è medaglia d’oro
perché “Martire delle Fosse Ardeatine”. La precedente indicava solo medaglia
d’oro.
Sarebbe più che giusto, ritengo, che presso i locali del
Liceo Classico Galluppi di Catanzaro si installasse una targa commemorativa in
Suo ricordo.
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