Made in Calabria

 


Ritorno al passato.

Dopo l’ubriacante sistema del mercato globale, gli acquisti on-line e i relativi passaggi doganali della merce più disparata ch’è possibile trovare e acquistare in internet pare sia giunto il momento di ritornare con i piedi per terra e magari ripristinare il concetto altamente sociale dell’economia circolare rurale.




In Calabria, possiamo affermare che non è mai venuta meno questa pratica, molti calabresi amano approvvigionarsi direttamente dal produttore saltando l’intermediazione.

Il prezzo del prodotto non cambia rispetto al mercato istituzionale, ma non è ritenuto un handicap data la qualità dei prodotti. Facciamo una sintesi:

Agricoltura in Calabria: dal produttore al consumatore.

La Calabria è una terra ricca di biodiversità e tradizioni agricole, e negli ultimi anni ha visto un crescente interesse verso modelli di filiera corta, che punta a ridurre la distanza tra chi produce e chi consuma.

Ortaggi, agrumi e olivicoltura rappresentano oltre il 57% della produzione regionale.

 Altri prodotti di rilievo includono vino, cereali, miele, salumi e formaggi tipici come la 'Nduja di Spilinga e il Pecorino del Poro.  La regione conta 38 prodotti DOP e IGP, tra cibo e vino.

 

 A Mesiano, nel Vibonese, è stato inaugurato un mercato locale che ospita circa 30 aziende agricole dov’è possibile acquistare direttamente prodotti tipici locali come la cipolla rossa di Tropea, miele, peperoncino, fileja e dolci tradizionali.

Il mercato include anche un laboratorio enogastronomico per degustazioni e uno spazio didattico per raccontare le storie dei produttori.

Anche Catanzaro ha il suo mercato, anzi i mercati che variano tra ambulanti rionali e stabili qual è quello di “campagna amica” ubicato nei pressi del porto di Catanzaro lido. Lì, due giorni la settimana, i produttori agricoli portano i loro prodotti. Gli stand ospitano eccellenze di stagione e lavorati quali marmellate, insaccati, latticini e persino sorbetti a base di frutta e agrumi con relativa degustazione.

La Calabria è tra le regioni italiane con più superficie coltivata biologicamente, ma, paradossalmente gran parte del biologico viene venduto fuori regione.

Manca una rete distributiva locale efficace, e spesso i prodotti biologici calabresi finiscono nei mercati del nord Italia.

Qualcosa va anche all’estero. Per rafforzare il legame tra produttore e consumatore, si punta su:

  Mercati contadini locali; Agriturismi e fattorie didattiche; Garanzia partecipata, dove le comunità locali collaborano con i produttori per garantire qualità e trasparenza.

 

Tutto ciò per ritornare al passato. A quando l'economia circolare rurale era un modello di sviluppo sostenibile che mirava a rigenerare le risorse naturali, valorizzare i territori e rafforzare le comunità locali dove era in uso scambiarsi le merci.

 A differenza dell’economia lineare, questo approccio promuove il riuso, il riciclo e la condivisione, adattandosi alle specificità delle aree rurali secondo principi chiave di una economia ecosostenibile e solidale. Infatti, nell’uso efficiente delle risorse locali si tende alla valorizzazione degli scarti agricoli, per creare le biomasse, e per non sprecare acqua e suolo.

Le  cosiddette sinergie territoriali puntano alla collaborazione tra agricoltori, enti locali, imprese e cittadini. La Rigenerazione ambientale posta a tutela della biodiversità, per una gestione sostenibile dei boschi e riduzione dell’impatto ambientale sembrano essere tenute in gran considerazione dai coltivatori.

Nell’agricoltura biologica e rigenerativa il concetto di rotazione delle colture, compostaggio e riduzione dei fertilizzanti chimici è ritornato nella filosofia dei contadini. Il letame come fertilizzante, e i sottoprodotti agricoli sono impiegati per bioenergia o mangimi.

Insomma, ci volevano le guerre dei dazi, dei prezzi gonfiati a causa dei vari passaggi di mano, tra produttori, distributori, mercanti, commercianti e venditori al dettaglio che, per effetto del famigerato mercato, arrivano a costi esorbitanti per i consumatori finali.

Quest’anno c’è stato lo shock delle ciliegie. In Calabria, nonostante siano frutti reperibilissimi, hanno raggiunto  prezzo che mai avremmo immaginato: circa 16 € al kg. E da Roma in su si sarebbe preferito entrare in gioielleria piuttosto che spendere 30 o sessanta euro a seconda della qualità del rosso frutto.

Ultima considerazione: per il momento, le crisi servono a fare riflettere sulle reali necessità quotidiane, siano esse realtà che implicano la salute fisica e il mantenimento dei principi, i sani principi morali e etici.

Non che in passato tutto fosse bello e idilliaco. Tutt’altro!  Impariamo dagli errori e andiamo avanti .

 

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