WARHOL, ROTELLA, SCHIFANO E ALTRI
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"a Warhol" |
Ho chiesto all’AI se Warhol fosse stato davvero un
innovatore, ecco la risposta:
Assolutamente sì, Andy Warhol fu un innovatore radicale che ha rivoluzionato il concetto stesso di arte nel XX secolo perché ha ridefinito l’arte. L’ha tolta dal piedistallo colto e l’ha proposta come prodotto di massa.
Warhol fu tra i primi a trattare l’arte come un bene di
consumo comune e giornaliero, proprio come una lattina di zuppa Campbell o una
bottiglia di Coca-Cola. Con la tecnica della stampa serigrafica, riusciva
a replicare immagini in serie, distruggendo
l’idea romantica dell’opera d’arte unica e irripetibile.
Warhol fu maestro della comunicazione e dell’immagine che da effimera divenne storica nella narrazione sociale degli archetipi popolari.
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"amore, sei il sole. ©marioiannino2025" |
Capì prima di molti altri il potere dei media e della
celebrità. Si costruì un personaggio pubblico enigmatico e affascinante,
diventando un “influencer ante litteram”. “Nel futuro ognuno sarà famoso almeno
per 15 minuti”. Pare avesse penetrato il tempo e intuito le infinite
possibilità dei new media. Ciò che all’epoca sembrava un azzardo lui lo
trasformò da straordinario a ordinario.
Oggetti banali come detersivi, sedie elettriche o incidenti
stradali divennero soggetti artistici. La sua arte fu una lente sulla società
dei consumi, ma anche una critica sottile alla superficialità della cultura
pop.
Warhol non si limitò alla pittura. Fu anche regista
sperimentale, produttore musicale (lanciò i Velvet Underground), editore di
riviste e persino pioniere dell’arte digitale con il computer Amiga.
Ha anticipato la nostra epoca, il nostro presente con la sua
visione dell’arte intesa come immagine riproducibile all’infinito, la fusione
tra arte e pubblicità e la costruzione del sé come brand personale sono oggi
più attuali che mai.
Insomma, Warhol non fu solo un artista: fu un precursore
culturale, una sorta di provocatore e visionario fuori dagli schemi.
Andy Warhol continua a essere una forza viva nella cultura
pop contemporanea, come un’eco che non smette mai di risuonare. E l’effetto
Warhol è ancora fortissimo.
Anche se l’arte, intesa come prodotto oggettivo dell’artista,
rimane un dato economico-culturale accessibile a pochi e la battuta delle
serigrafie di Bertinotti sono la conferma, anche se Warhol ha abbattuto il muro
tra arte “alta” e cultura di massa, il giro d’affari rimane in mano ad una
ristretta cerchia elitaria.
Infatti, le due serigrafie di Andy Warhol appartenute a Fausto
Bertinotti sono state vendute all’asta con un incasso complessivo di 186.000
euro: una è stata aggiudicata per 106.000 euro, l’altra per 80.000 euro.
Le serigrafie raffiguranti Mao Tse-Tung e datate 1972, erano
state donate a Bertinotti dal banchiere Mario D’Urso. Inizialmente stimate tra
i 20.000 e i 30.000 euro ciascuna, hanno superato di gran lunga le aspettative
grazie all’interesse suscitato dall’asta e, probabilmente, anche al fascino
mediatico della “coppia comunista” proprietaria delle opere.
L’intera collezione messa in vendita da Fausto e Lella Bertinotti
ha fruttato oltre 2,2 milioni di euro, con 24 opere battute e un successo ben
oltre le stime iniziali.
Oggi vediamo artisti come Banksy, Takashi Murakami o Jeff
Koons mescolare pubblicità, immagini e cultura pop proprio come faceva lui.
L’estetica per immagini nell’era digitale è divenuta
creatività seriale, buona per narrazioni della contemporaneità sfrondata dalle
fatiche pittoriche novecentesche.
Le ripetizioni serigrafiche di immagini dei volti di Marilyn, Elvis, e i barattoli Campbell’s
Soup anticipano perfettamente l’estetica dei social media: contenuti virali,
replicabili, riconoscibili a colpo d’occhio.
Warhol ha trasformato le star in icone visive. Oggi
influencer e celebrità curano la propria immagine come se fosse un’opera
d’arte, proprio come Warhol faceva con i ritratti delle celebrità e le rendeva
familiari, alla portata di chiunque.
Dalle passerelle alle campagne pubblicitarie, la Pop Art è
ovunque. Colori accesi, motivi ripetuti, ironia visiva: tutto parla la lingua precorsa
da Warhol.
Le sue opere sono ancora tra le più esposte e collezionate
al mondo. Mostre dedicate a Warhol continuano a registrare record di
visitatori, segno che il suo fascino è tutt’altro che sbiadito.
In sintesi, Warhol non è solo un artista del passato: è un
codice visivo e culturale che continua a plasmare il nostro presente.
Poi ho chiesto notizie su altri artisti che hanno attinto ai
linguaggi della pop art e:
Ecco, ho trovato qualcosa di interessante! Mario Iannino è
un artista attivo da oltre mezzo secolo, originario di Catanzaro, che ha esposto
recentemente nella mostra “Linguaggi mutevoli” con oltre 80 opere. La sua ricerca
artistica si muove tra “poesia visiva, comunicazione e sperimentazione
semantica”, con uno stile che, pur non essendo strettamente Pop Art, ne
condivide alcuni tratti: l’uso di simboli, la riflessione sulla società e la
contaminazione tra linguaggi.
Non risulta che sia stato un allievo diretto di Warhol, ma
il suo approccio concettuale e il dialogo con la cultura visiva contemporanea
lo rendono un artista affine per spirito. Inoltre, ha aperto il suo studio ai
giovani già negli anni ’80, diventando lui stesso un punto di riferimento per
nuove generazioni.
Mario Iannino è un artista che ha costruito un linguaggio
personale e stratificato, in cui convivono “poesia visiva, riflessione
semantica e tensione sociale”. La sua recente mostra “Linguaggi mutevoli”,
tenutasi a Catanzaro, ha raccolto oltre 80 opere che rappresentano il culmine
di una ricerca iniziata più di cinquant’anni fa.
Ecco alcuni tratti distintivi del suo stile: “Polimatericità
e sperimentazione”.
Iannino lavora spesso con materiali misti: cartone,
acrilici, tecniche miste su supporti non convenzionali. Le sue opere sono “strutture
polimateriche” che evocano un senso di stratificazione concettuale e materica.
“L’Arte come comunicazione”.
L’artista riflette sul linguaggio come veicolo di senso e
ambiguità. Le sue opere non sono solo da guardare, ma da “leggere” e interpretare,
come se fossero “frasi visive”. In questo senso, si avvicina alla poesia concreta
e alla semiotica visiva.
“Impegno sociale e politico”.
Titoli come *Fuori dal coro* o *Il volo* rivelano una
sensibilità verso temi sociali e politici. Le sue opere spesso pongono
interrogativi sulla libertà, l’identità e il ruolo dell’individuo nella
società.
*Minimalismo e astrazione informale*
Pur non rinunciando al simbolismo, Iannino adotta
un’estetica essenziale, fatta di **segni, texture e cromie sobrie**, che
richiamano l’arte concettuale e l’astrattismo lirico.
*Radici locali, visione universale*
Attivo a Catanzaro, ha saputo trasformare il suo studio in
un laboratorio aperto, coinvolgendo giovani artisti e istituzioni. La sua arte,
però, parla un linguaggio globale, fatto di emozioni, simboli e riflessioni
condivisibili ovunque.
Confrontiamo Mario Iannino con alcuni artisti italiani che,
come lui, hanno esplorato il confine tra *arte concettuale*, *poesia visiva* e
**impegno sociale**. Ecco un confronto con tre figure chiave:
Emilio Isgrò Usa la
cancellatura come gesto poetico e politico. Testi barrati, parole negate. Come Iannino, riflette sul linguaggio e sul
potere del segno.
Luciano Caruso Fondatore della *Nuova Scrittura*, unisce
poesia concreta e segno grafico. Entrambi
lavorano sul confine tra parola e immagine, con forte tensione semantica.
Eugenio Miccini Padre della *poesia visiva* italiana.
Fondatore del Gruppo 70. Iannino ne
condivide l’approccio verbo-visivo e l’attenzione alla comunicazione.
Differenze chiave:
- Iannino ha una *radice più lirica e personale*, meno
provocatoria rispetto a Isgrò.
- Rispetto a Caruso e Miccini, Iannino sembra più
interessato alla *matericità dell’opera* e alla *dimensione simbolica* che a
quella teorica o semiotica pura. La sua arte è *più silenziosa, ma non meno
intensa*: parla per stratificazioni, non per shock visivo.
In sintesi Mario Iannino si inserisce in una linea italiana
di artisti che hanno fatto del linguaggio un campo di battaglia estetico e
politico. Ma lo fa con una voce propria, più meditativa, più legata alla *memoria
e all’identità* che alla rottura.
Come si colloca rispetto alla Pop Art italiana, e agli
artisti contemporanei che ne condividono lo spirito?
Mario Iannino non è propriamente un artista Pop nel senso
classico del termine, ma si può dire che *dialoghi in modo originale con la Pop
Art italiana*, pur mantenendo una voce autonoma e più concettuale. Vediamo come
si colloca rispetto a questo movimento:
*Differenze rispetto alla Pop Art italiana classica*
Artisti come Mimmo Rotella, Mario Schifano o Tano Festa
hanno incarnato la Pop Art italiana con un linguaggio visivo più diretto,
spesso ironico, legato alla pubblicità, al cinema e ai miti della società dei
consumi. Iannino, invece:
- predilige **l’astrazione informale** e la **poesia
visiva**
- lavora con **materiali polimaterici**, più che con
immagini seriali
- è più **intimo e riflessivo**, meno spettacolare o
provocatorio, e questo aspetto lo avevamo accennato.
*Punti di contatto*:
Come la Pop Art, anche Iannino riflette sulla
**comunicazione visiva** e sul **linguaggio come oggetto artistico**
Condivide l’interesse per **l’iconografia contemporanea**,
ma la trasforma in simbolo, non in icona pop
Il suo lavoro è **radicato nel presente**, ma con una
tensione poetica più che consumistica
In sintesi Iannino si colloca *ai margini della Pop Art*, in
una posizione di *dialogo critico*: ne condivide alcune intuizioni
(l’attenzione al linguaggio, alla società, alla riproducibilità), ma le
rielabora in chiave *più concettuale, materica e lirica*.
Confrontare **Mario Iannino** con **Mimmo Rotella** e
**Mario Schifano** è come mettere in dialogo tre voci diverse che hanno
raccontato l’Italia e la società contemporanea con linguaggi distinti ma complementari.
Ecco una panoramica: In sintesi:
**Rotella** è il
*decostruttore*: smonta l’immagine per denunciarne la retorica.
**Schifano** è il
*visionario pop*: trasforma l’immagine in emozione pittorica.
**Iannino** è il *poeta visivo*: usa il linguaggio come
materia per riflettere sul senso e sull’identità.
Pur non essendo parte della Pop Art canonica, Iannino si
inserisce in un **filone parallelo e complementare**, più vicino alla **poesia
visiva e all’arte concettuale**, ma con una sensibilità che dialoga con le
tensioni della società dei consumi e della comunicazione.