È passata. La giornata della Memoria è volata via ancora una volta. La venticinquesima per l’Italia da quando Furio Colombo la fece istituire dal Parlamento italiano di cui faceva parte. Ieri è stata celebrata in modo più solenne. La ventesima da quando nel 2005 l’Onu l’ha fatta propria, fissandola nel calendario delle ricorrenze internazionali. Quella di ieri era dell’ottantesimo anno trascorso da quel 27 gennaio, giorno in cui le truppe dell’Armata Rossa dell’Unione Sovietica, liberarono quel campo di sterminio.
È per questo che ieri ad Auschwitz, si sono incontrati,
davanti a una vasta platea di uomini e donne interessati direttamente da questa
memoria, i Capi di Stato dei più importanti paesi democratici. C’erano tutti
quelli dell’Europa, il continente più colpito dalla più pesante tragedia che il
mondo possa raccontarsi attraverso la storia, che ha resistito ai tanti
tentativi di essere alterata, revisionata. Addirittura, negata. Si sono
incontrati davanti a quella terribile porta del lager più conosciuto. La porta
tragica, che sanciva il confine non tra libertà e prigionia, ma tra civiltà e
orrore, tra umanità e disumanità. Cosa sia questa ricorrenza, quanti e quali
notizie storiche contenga, credo che lo sappia la più grande parte del pianeta.
Tutte le stelle in cielo certamente. A memoria abbiamo imparato, anche i nuovi
bambini, le due parole che fanno quasi da didascalia a quella tragedia, shoah e
olocausto. Esse registrano poche differenze etimologiche, ambedue, invece,
riconducendosi allo stesso significato: sterminio del popolo ebraico, genocidio
dello stesso. Infatti, come potrebbe definirsi diversamente lo sterminio
programmato e ideologicamente motivato di sei milioni di ebrei, di cui circa
due milioni bambini. I comunisti, gli
anarchici, i dissidenti politici, i rom, i sint, i testimoni di Geova, i
disabili, in particolare quelli mentali, sono la tragica aggiunta all’orrore.
Ma la sostanza è genocidio. Il cui significato va oltre la quantificazione dei
morti ammazzati. Che siano milioni o decine di migliaia, se muovono da una
stessa ideologia di annientamento in quanto appartenenti a una etnia a un
popolo, a una terra, il significa non cambia.
Non può e non deve cambiare.
In particolare, se la volontà di cancellazione dell’altro e
l’odio che la motiva, segna un ribaltamento dei ruoli e delle “ ragioni” intime della storia. Come
sta accadendo nella Striscia di Gaza. Quale era la motivazione dei nazifascisti
quando catturarono e massacrarono gli ebrei? Quella vera, contenuta anche negli
spazi vuoti delle leggi che in Germania e in Italia furono scritte dai due
gemelli, Hitler e Mussolini, del più
schifoso abominio. Eliminare dalla
faccia del pianeta un popolo intero. A partire dai bambini affinché non resti,
neppure come tendenza alla vendetta, traccia di esso. E le loro donne, perché
come la terra, già bruciata dal sangue e dalle lacrime versate, sia uccisa ogni
forma di fertilità. A questa furia “ genocidiaria” si accompagna, quale
motivazione, la bugia più grande dello stesso odio.
“Quella brutta razza lì è colpevole di ogni fatto, dal più
grande delitto della storia, ai mali che potrebbero colpire i paesi civili, la razza eletta, quella pura.”
Sembra di sentirli con quelle voci roche, uguali alla
bruttezza del loro animo. A questo si accompagna la voglia sfrenata di
prendersi tutto di quel popolo negato della dignità di esserlo e della
possibilità di manifestarsi tale. Prendersi la cultura e l’origine della sua
storia. Questa viene derubata per essere cancellata. Quel popolo non è mai
esistito. Non ha avuto vita. Non c’è alcuna traccia di esso. La terra, con i
tutti i suoi tesori. Questa viene rubata.
Occuparla, annetterla, sottomettendo chi legittimamente la abita, costa denaro
e fatica, e non risolve la “ pratica”.
Troppo fastidio, meglio svuotarla completamente, per
riempirla di ogni volere del tiranno.
Non si sta ripetendo in più parti del mondo, dall’Africa al
Medio Oriente, fin dentro l’Ucraina, la stessa cosa? Che differenza c’è, nella
vera sostanza, tra quel ieri e questo oggi? Non voler comprendere questo,
soffermandosi, con sollecitazione a non allontanarsene, solo sulla ricorrenza
della Shoah deprivandola pure del suo autentico significato, equivale a negare la
storia, a derubricare la più grande tragedia dell’umanità a un incidente di
percorso.
Ovvero, alla responsabilità individuale di due pazzi
scatenati.
La storia, che non si fa pedagogia, i fatti che non
insegnano nulla, fanno sì che nulla sia
accaduto. Il vero negazionismo si
presenta così.
Armato dell’indifferenza e dell’ignoranza. La stessa, che in
opposizione ai fatti di Gaza, sta riproponendo un becero ritorno
dell’antisemitismo, la sottovalutazione del quale, inserita nel solito “
lasciateli stare, sono una frangia minoritaria o i quattro ragazzi che
sbagliano”, costituisce un pericolo
tanto vicino quando pesante.
“ Il mondo non deve dimenticare” è stato detto solennemente
ieri. E anche oggi dal nostro Presidente, al Quirinale. Ma quante immagini di
rovine, di morti ammassati nelle strade, di orrori per violenze di ogni genere,
si susseguono quotidianamente nei giornali, nelle televisioni, dagli scenari
bellici del terzo millennio. Nel ‘45 del secolo scorso non si era anche detto:” Mai più” ?
L’uomo bugiardo non ha mai abbandonato l’ascia. Mai nascosto
il coltello. Non ha mai distrutto alcuna arma. Non ha mai cancellato odio ed
egoismo. Del male compiuto ne ha fatto, anzi,
vademecum per quello futuro. Ed oggi ne vediamo la sua ferocia. La sua
crudeltà. Soprattutto, nelle due guerre più “genocidiarie”ancora. Quella della
povertà, lanciata contro l’umanità intera, dai pochi oligarchi, dai pochissimi
plutocrati, che si sono impossessati dell’ottanta per cento delle ricchezze
mondiali. E l’altra, apertamente dichiarata dagli stessi attraverso uno
sviluppo anche tecnologico ingannevole, nei confronti della Natura. Ambedue,
guerre contro la Vita. La ricorrenza dell’ottantesimo anniversario della
liberazione, purtroppo assai tardiva, di Auschwitz, pur nella sua fissità, oggi appare in qualche
modo diversa. Pone delle domande chiare. Queste:
”Come lo vogliamo questo mondo? Come deve essere l’Umanità?
E quale funzione in essa devono svolgere gli Stati? Che società vogliamo e
quali uomini e quali donne in essa operanti? C’è ancora posto per la Pace? E
come deve essere la Pace affinché non si riaffermi come il breve tempo tra due
guerre? E, infine, nell’era del quasi dominio della tecnologia sulla stessa
natura umana, c’è posto per la Democrazia? E di che sostanza deve essere fatta?
E la Libertà, può esistere ancora nella forma che abbiamo vissuto e
maggiormente sognato e desiderato?”.
Ecco, sono queste le domande, che campeggiano nel cielo
sopra i campi di quell’orrore e di quest’odierno. Rispondere con coraggio
e sentimenti umani, porterà il vento
buono che libererà quei cieli, e il nostro, dalle nuvole nere di morte, di
sangue, di gas e polveri da molteplici e
diversi spari. C’è un cielo scuro sopra
le nostre teste. Non lo vedete anche voi? E c’è un odore acre, un puzzo
insistente, nell’aria. Non lo sentite?
Franco Cimino
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